Sergio Scariolo è il più grande tecnico che l’Italia abbia mai avuto? Lo chiedevo alla fine dell’ultima avventura che ho seguito per la Gazzetta della Sport, nel 2015, il terzo oro europeo conquistato con la nazionale spagnola al quale andava già aggiunto l’argento di Londra 2012. Lo scrivevo quasi provocatoriamente, perché è abbastanza puerile stilare classifiche tra epoche, situazioni, squadre differenti. Ma Scariolo, che aveva trascorso gran parte della sua carriera all’estero, non godeva allora di quello status nonostante un palmares internazionale col quale solo Ettore Messina può competere,Serghio Escariolo, come lo chiamano in Spagna, con la Nazionale, Messina con i club. In realtà, era proprio nel Paese che lo ha adottato tanto da far scegliere al figlio Alessandro la camiseta rossa invece che azzurra, che Scariolo, lo straniero, era sempre stato all’ombra di Pau Gasol, Juan Carlo Navarro e di tutti quei meravigliosi giocatori che la Spagna ha prodotto negli ultimi venticinque anni. Trionfo dopo trionfo, sembrava sempre troppo facile avere successo con uno squadrone così: “Pau, Rudy, Chaco, Marc, Mirotic vincerebbero con chiunque in panchina” era il leitmotiv. Sappiamo tutti essere una grande fesseria, ma lo stesso era accaduto con Phil Jackson e prima ancora con Pat Riley. C’è voluto il suo addio, nel 2012, per far capire agli spagnoli che vincere non fosse così semplice… Richiamato a gran voce, Scariolo ha impostato il passaggio generazionale della sua nazionale continuando a vincere: oro e bronzo europeo, bronzo olimpico. Oggi è campione del Mondosenza più Pau, Juan Carlos,Calderon, Rodriguez, Reyes e neppure i Mirotic e gli Ibaka e i loro passaporti spagnoli. In panchina, al Mondiale, Scariolo ha dominato gli allenatori avversari tecnicamente e psicologicamente lanciando al massimo livello planetario i fratelli Hernangomez, dopo essersi qualificato con una squadra che ha portato al mondiale (nelle qualificazioni, pur allenando nella Nba, era in panchina della Spagna) solo un paio di giocatori secondari. Un capolavoro. E adesso gli spagnoli hanno finalmente e pienamente compreso la grandezza di Scariolo. E’ il più grande allenatore che l’Italia abbia mai avuto?
Il Mondiale è stato bello e ben giocato, come sempre nelle fasi finali a prescindere dalle squadre e dai giocatori presenti. E ancora una volta ha mostrato come le competizioni per squadre nazionali siano diverse e, per certi versi, più affascinanti. Ha dimostrato però, anche, che la frattura sui calendari voluta dalla Fiba va pesantemente ripensata se sogliamo davvero tutte le grandi stelle alla World Cup. E’ difficile e sbagliato trarre verità assolute da manifestazioni che durano 15 giorni e che fotografano solo l’attimo, ma alcune delle formulette magiche per avere successo sono state confermate.
In generale, quelli che vincono hanno più giocatori Nba e più giocatori di Eurolega rispetto alle avversarie ma è come questi giocatori si approcciano alla Nazionale che fa la differenza. Spagna, Australia e Francia in questo sono state esemplari e lo sono da anni. Oppure hanno successo squadre che vivono profondamente la propria Nazionale, come l’Argentina o anche la Repubblica Ceca, magari senza troppi giocatori Nba o di Eurolega ma con un gruppo testato negli anni, con atleti importanti nelle loro società, che sono dei leader e fanno la differenza anche se in Champions o nel campionato argentino. Dati questi parametri, l’Italia non è in nessuno di questi due gruppi e quindi, se parliamo di delusioni mondiali, certamente la Serbia e la Grecia lo sono state più di noi. Ci sarebbe anche la Turchia ma da secoli, se non giocano in casa, i turchi non trovano mai la quadratura delle singole personalità in nazionale.
E poi, ovviamente ci sono gli americani. La debacle degli Stati Uniti è stata principalmente tecnica: nelle partite chiave non sono stati all’altezza del gioco espresso dagli avversari, in campo e nella mente. Ovviamente, mancando i migliori giocatori della Nba, sarebbe stupido pensare ad un avvicinamento del mondo agli americani. Ma il messaggio è molto più simile a quello del Mondiale 1990, quando gli Usa formati ai tempi solo da giocatori universitari furono schiaffeggiati dalla Jugoslavia dando così il via all’apertura ai professionisti, che ai disastri combinati dagli americani dal 2002 al 2006, quando le stelle Nba affrontarono Mondiali e Olimpiade con supponenza, presunzione e scarsa attitudine venendo spazzati via. Dunque, che la quarta, quinta selezione in ordine di forza che gli Stati Uniti avrebbero potuto schierare non basti più per vincere, se poco allenata, è un dato di fatto. Ma sono cavoli degli americani.
L’Italia… Secondo me ha preso sei, poteva fare di più e non l’ha fatto ma non è stata un insuccesso anche se, evidentemente, non è stata un successo. Succede, più o meno, così dal disastro del 2011 agli Europei in Lituania, il punto più basso toccato dal nostro basket. Bastava guardare le partite della fase finale del Mondiale per capire che chi ha fatto strada ha giocato un basket migliore del nostro, è stato in campo meglio di noi, ha qualità atletiche superiori alle nostre, haleader e risolutori più brillanti anche se i loro nomi, magari, non ci dicono nulla. Cosa fare per migliorare? Io ho un’idea che esprimo da quando celebravo i trionfi di Sergio Scariolo sulla Gazzetta: la strada più breve per cambiare rotta è avere un responsabile plenipotenziario delle squadre nazionali che non sia il presidente federale, che per ovvi motivi non è un tecnico, né l’allenatore, che vede le cose ovviamente dal suo punto di vista che può non essere quello strategico per il movimento. Soprattutto non è l’allenatore che deve sporcarsi le mani in polemiche coi giocatori, o per rispondere alle richieste del presidente. E’necessario qualcuno che sappia valutare i risultati della squadra, abbia la visione della federazione ma difenda sempre tutte le scelte dell’allenatore (dopo averne discusso in una stanza a quattr’occhi non solo alla pari, addirittura come capo) e prepari il campo affinché il c.t. debba solo allenare senza preoccuparsi del resto. Poi è chiaro che, in assoluto, l’Italia non tornerà mai ai vertici se non investe nei vivai, e che il campionato di Serie A è troppo scadente e straniero per far crescere giocatori di livello internazionale. E che pochi azzurri abbiano spazio in Eurolega per fare il salto di qualità: che con due atleti Nba e 4 di Eurolega (ma Della Valle non giocava mai) non possiamo competere con Spagna, Francia, Serbia, Grecia, Australia. Ma possiamo provare a diventare l’Argentina, la squadra che credo ci abbia emozionato di più, o essere la Repubblica Ceca e giocarci lo stesso il Mondiale e la qualificazione olimpica con la coesione e la costruzione di una squadra vera, che non siamo mai riusciti a formare, al di la degli allenatori cambiati negli anni.
Manca meno di un anno per il preolimpico, non possiamo cambiare il basket italiano, ma il modo di gestire la Nazionale sì. Intanto abbiamo il coach campione del Mondo. Non è banale, non è facile, non è usuale. Anche se Scariolo, profondamente italiano, è diventato quello che è grazie alla Spagna.Qualcosa, questa storia, dovrebbe insegnarci.