La mattina del 18 ottobre 1982, se ne va Beppe Viola, a soli 42 anni. La sera prima, mentre sta montando per la Rai il servizio su Inter-Napoli, si sente male, emorragia cerebrale, viene portato all’ospedale Fratebenefratelli di Milano, ma i medici non riescono a salvarlo. Sono passati 40 anni e il ricordo si rinnova con la memoria di interviste, servizi, frasi sempre al di fuori della norma e della banalità, come la conversazione con Gianni Rivera su un tram milanese, le immagini di un derby Milan-Inter di tanti anni prima, in bianco e nero, per commentare quello noioso a colori del 1977, o l’elogio particolare di un giovanissimo Franco Baresi: “Ha 18 anni e dicono sia il miglior libero d’Italia. Dopo Freda e Ventura naturalmente”, i neofascisti accusati della strage di piazza Fontana a Milano e liberi fra latitanza e
assoluzioni.
Ma c’è un Beppe Viola che, pur mantenendo le stesse caratteristiche di originalità, umorismo e fantasia, è meno conosciuto, ma mostra forse ancor più genialità che nei suoi servizi giornalistici. Ed è quello di una lettera da lui inviata alla Direzione Rai, nel 1979, per protestare contro la sistemazione in un ufficio che, stando alla sua descrizione, sembra essere più uno sgabuzzino che un posto di lavoro. La lettera è il primo documento citato in un libro del 1985, “Beppe Viola – Inediti e dimenticati”, curato amorevolmente da Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, e il modo in cui è scritta e mette alla berlina (dovremmo dire “prende per il culo”, ma sarebbe in contrasto con l’eleganza e l’educazione di Beppe Viola) le contraddizioni di un sistema organizzativo inadeguato ne fa un assoluto capolavoro. Ecco, penso che sia un modo degno di celebrare questo giornalista-poeta riportare il testo integrale di quella lettera.
Personale – Milano, 18 gennaio 1979
L’ufficio nr. 341 (terzo piano, sezione giornalismo) è certamente fra i più disadorni del palazzo Rai, sia come presenze fisiche, sia per la scarsità di mezzi audiovisivi che vi contiene. Dopo l’addio del collega Carapezzi Adone, l’ufficio è occupato da Fineschi e dal sottoscritto, accoppiata per nulla prestigiosa, ai quali è stata data in dotazione una scrivania di diverso modello forse perché uno lavora per la radio, l’altro per la Tv. La terza scrivania è stata ripulita da Carapezzi e ora è sprovvista di titolare.
Ciò, evidentemente, consente libero accesso a chiunque si trovi a passare per i corridoi del terzo piano. Per fortuna, l’ufficio non ha in dotazione né un televisore né una radio, né il malloppo di quotidiani che viene distribuito ai colleghi più importanti degli altri settori. L’ufficio nr. 341 ha – tutta per sé – una macchina per scrivere e un telefono. Di questi esemplari esiste anche una copia “negativa” nel senso che sia la seconda macchina che il secondo apparecchio sono da tempo fuori uso e in attesa di riparazione. (Nel ’78 è stato sollecitato l’intervento degli addetti ai lavori, ovviamente senza successo). La disponibilità del suddetto ufficio è assoluta. Capita infatti di incontrare nella stanza vecchi amici, ex collaboratori Rai, uscieri, reduci del ’15-’18, spogliarelliste e via dicendo. La domenica è il giorno di punta, proprio come accade negli ospedali per le visite dei malati.
Tutto ciò è molto simpatico, ma comporta anche qualche piccolo inconveniente, tipo la sparizione di oggetti (portacenere portato da casa mia), giornali (comprati presso l’edicola di via Lomellina) e capi di vestiario (la giacca del dr. Carapezzi).
Desidererei sapere quanto segue.
A) State per caso attrezzando l’ufficio per la ripresa diretta di una trasmissione speciale del tipo “Chi lo prende per primo ha vinto” o “Come occupare la Rai senza dare nell’occhio”?
B) E’ colpa del riflusso?
C) I redattori Fineschi e Viola sono invitati a svolgere – oltre che il normale lavoro – anche mansioni di
p.r. con gli ospiti della Rai?
D) E’ opportuno arricchire l’ufficio con arredamento più vistoso per sviluppare l’attività?
E) Fineschi e Viola devono trovarsi un altro posto di lavoro?
F) Si tratta di una manovra sottile per migliorare il livello professionale delle nostre prestazioni?
G) Possiamo ospitare anche entreneuses o spacciatori di droga?
H) Vogliamo distruggere anche la macchina per scrivere e il telefono funzionante per “potenziare” il
via-vai?
I) Dobbiamo iscriverci alla DC?
Insomma, per cortesia, diteci qualcosa in merito perché vogliamo continuare a essere il più possibile utili
all’Azienda.
Con rinnovata stima per i dirigenti e incrollabile fede nell’Aldilà.