A Roma si consuma il dramma di Luciano Re Cecconi, 29enne centrocampista pilastro della Lazio campione d’Italia nel 1974. Re Cecconi e Pietro Ghedin, compagni di squadra, vanno a trovare l’amico Giorgio Fraticcioli nella sua profumeria di via Nitti, nel quartiere Flaminio a Roma; l’amico deve sbrigare una commissione e invita i due a seguirlo in una vicina gioielleria. Uno volta entrati nell’oreficeria, Bruno Tabocchini, il titolare dell’esercizio, riconosce l’amico Fraticcioli, ma non i due giovani dietro di lui.
A questo punto si consuma il dramma: per scherzo, Re Cecconi, con il bavero della giacca alzata e una mano in tasca, esclama la fatidica frase “Datemi tutto, questa è una rapina”. Tabocchini non era un appassionato di calcio e quindi non conosceva il calciatore e in più aveva subito da poco due rapine a mano armata. Così, una frazione di secondo dopo, per un riflesso condizionato, Tabocchini estrae dalla cassa una Walther calibro 7,65 colpendo mortalmente al petto Luciano Re Cecconi che spira mezz’ora dopo in una inutile corsa verso l’ospedale più vicino. Ghedin e Fraticcioli rimangono attoniti credendo in uno scherzo, e invece s’interrompe la vita e la carriera di un promettente calciatore che aveva fatto grande la Lazio ed era già stato chiamato due volte in maglia azzurra, come instancabile cursore di centrocampo da Fulvio Bernardini che nell’autunno del 1974 lo schiera nelle amichevoli contro Jugoslavia e Bulgaria.
Tabocchini viene arrestato e accusato di “eccesso colposo di legittima difesa”; processato 18 giorni dopo, viene assolto per “aver sparato per legittima difesa putativa”.
Luciano Re Cecconi era nato a Nerviano, nel milanese, il 1° dicembre 1948 e aveva giocato nella Pro Patria in serie C, nel Foggia in serie B e in A e 5 campionati con la Lazio. Quel tragico giorno lasciò la moglie Cesarina, il figlio Stefano di appena due anni e la piccola Francesca di pochi mesi.