Il 17 gennaio 1942 nacque il più grande pugile di tutti i tempi. Mi piace ricordarlo così.
Nel 1960 avevo 14 anni e Cassius Clay vinse i Giochi Olimpici di Roma, “stracciando” tutti aul ring. Era un pugile spavaldo, provocatore, mi piacque subito e mi incuriosì. A distanza di anni, oggi io ho 72 di anni, sono ritornato da Lui, dal campione, dall’anticonformista, dal trasgressista, per capirlo ancora di più.
Mi sarebbe piaciuto entrare nella mente di quello che è considerato il più grande pugile di tutti i tempi, Cassius Clay alias Muhammad Ali (nome che ha adottato dopo essersi convertito alla religione islamica) e capire meglio chi era e cosa voleva dalla vita.
Cosa voleva?
Muhammad Ali ha fatto uscire il pugilato dal ring,portandolo nel mondo della guerra e della segregazione, ha fatto entrare nella boxe la parola e il conflitto sociale.
Alì ha accettato la sfida della società dello spettacolo, ha provato con alterne fortune a conquistarla e a metterla in crisi.
Aveva iniziato a tirare di boxe per caso (la boxe per i neri era uno sport importante) e cominciò ben presto a raccogliere vittorie trionfi nelle categorie dilettantistiche, tanto da essere convocato per i Giochi Olimpici di Roma del 1960.
Da campione olimpico, al suo ritorno in patria ha dovutocombattere contro un avversario molto pericoloso: la segregazione razziale.
Come poteva Cassius pensare di combattere la segregazione razziale in America? Solo contro tutti! Come poteva pensare di equiparare i neri ai bianchi?
Eppure, molto sensibile al problema e trascinato dal suo spirito battagliero ed indomito, Alì prese subito a cuore le tematiche che colpivano i fratelli neri meno fortunati di lui e a causa di un episodio di razzismo che gli era capitato, Cassius gettò il suo oro olimpico nelle acque del fiume Ohio.
Ma perché? Cosa lo spinse a fare questo gesto?
Per un atleta l’oro olimpico è il massimo traguardo sportivo che si può raggiungere e lui lo gettò via. Ma cosa gli diceva la sua mente?
Rimpianti? Nemmeno per sogno!
Cassius Clay era uno spaccone, possedeva un grandecarisma anche mediatico ed era una notevole novità “spettacolare” per quei tempi, esercitando un fascino immediato sul pubblico, sempre più assetato, grazie a quel meccanismo, di notizie e di informazioni sulla sua attività.
Brillante nelle interviste, furbo, cialtronesco, provocatore in un’America bianca che prediligeva i neri solo quando vincevano un’Olimpiade o un campionato del mondo. Eppure Lui combattè contro tutti, cosa gli diceva la sua giovane mente?
Cosa voleva ottenere?
Solo contro tutti! Mi viene in mente l’assalto a Fort Alamo, ecco lui era come i difensori di Fort Alamo. Mi sono spesso immedesimato negli eroi che difendevano il forte e in Cassius Clay (uno contro tutti).
L’ho sempre chiamato Cassius Clay, perché non mi piaceva il suo nome islamico ed era difficile da pronunciare. Per me è rimasto sempre e rimarrà Cassius Clay. Mio eroe.
Quanto avrei voluto essere al tuo posto, nella tua mente, nelle tue idee. A volte non capivo le tue mosse, le tua strategie, ma mi piacevi ugualmente.
Clay arrivò al mondiale dei pesi massimi a ventidue anni, battendo in sette riprese Sonny Liston e subito dopo cominciò a farsi conoscere per le sue dichiarazioni provocatorie e sopra le righe che ebbero l’inevitabile conseguenza di far parlare molto di lui.
Dopo aver conquistato la corona mondiale, Cassius Clay annunciò di essersi convertito all’Islam e di aver assunto il nome di Muhammad Ali.
Perché la conversione? Cosa pensava di raggiungere? Cosa voleva con questo suo gesto? Ci credeva?
Ho provato a capirlo, l’ho ammirato per questo suo gesto provocatorio e contraddittorio e mi sono domandato “Aveva tutto, ricchezza, potere, ammirazione e………..ha gettato via tutto”. Perché?
Da quel momento cominciarono per il “guascone nero” i suoi guai che culminarono nella chiamata alle armi nel 1966, dopo essere stato riformato quattro anni prima.
Affermando di essere un “Ministro della religione islamica” si definì “obiettore di coscienza”, rifiutandosi di partire per il Vietnam.
Uno “scoop” eclatante in U.S.A. a quei tempi, Clay fucondannato a 5 anni di reclusione da una giuria composta di soli bianchi.
Perché di soli bianchi?
Mi sono domandato spesso, in quel periodo, se la guerra tra i bianche e in neri in America era terminata, oppure se era solo una “boutade”! Era una boutade.
Fu quello uno dei momenti più brutti della vita di Clay, che decise di ritirarsi dalla boxe e fu attaccato subito dall’opinione pubblica americana per il suo impegno nelle lotte condotte da Martin Luther King e Malcolm X.
Ma pensava, il campione, di fare solo politica oppure meditava un ritorno sul quadrato?
Ritornò a combattere sul ring, perse con Joe Frazier ai punti, riuscì a tornare campione del mondo nel 1974(dopo 7 anni), mettendo al tappeto George Foreman a Kinshasa nel cuore dell’Africa (dai suoi fratelli neri), in un incontro di boxe, passato alla storia e ad oggi ricordato come uno dei più grandi eventi sportivi di sempre.
Ho tifato per lui “alla grande”, ho pensato che avesse sconfitto anche la segregazione razziale ma non era vero.
Aveva vinto solo un incontro di boxe valido per il titolo mondiale. Ma dove aveva combattuto? In Africa e non in USA.
Nel 1978 Larry Holmes lo sconfisse per K.O. tecnico all’11a ripresa e da quel momento iniziò la parabola discendente di Muhammad Ali che disputò il suo ultimo incontro nel 1981.
Soffrii molto quando lo vidi in TV, colpito dal terribile morbo di Parkinson, ho sempre sperato che guarisse, ma la malattia è inesorabile. Come era diverso dalla vittoria ai Giochi Olimpici di Roma a quella dell’uomo sofferente e privato delle sue forze che si presentava ora al mondo. Ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996, Muhammad Ali commosse il mondo intero accendendo la fiamma olimpica che inaugurava i giochi.
Muhammad Ali si è spento il 3 giugno 2016 a Phoenix, all’età di 74 anni, ricoverato in ospedale a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni.
Ma è stato per me un mito, un personaggio inimitabile, impareggiabile. A volte non ti ho capito ma ti ho sempre ammirato!
Ciao Cassius!