Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, quel modo di fare ciondolante e a tratti indolente (che per qualcuno può apparire anche snervante, diciamolo), quel fuoco intermittente che si accende e si spegne nel su e giù – spesso inspiegabile – di clamorosi vincenti ed orribili errori, il genio di Fabio Fognini ha regalato a Rio de Janeiro un’altra straordinaria perla al tennis mondiale, qualcosa di unico come lui e pochissimi altri sanno fare. Al solito, in tempi e modalità inattesi. Ancora, quando tutto sembrava compromesso non una, ma due, tre volte. Sdorando il baratro e uscendo alle grandissima.
RITORNO DALL’INFERNO
Fogna è riemerso dopo aver perso il primo set, pur lottato, contro uno spagnolo con un decimo del suo talento come Carreno Busta, ma talmente solido da averci già perso 7 volte su 8 confronti, quasi irritante nella sua resilienza al punto da aver fatto perdere clamorosamente la testa al numero 1 del mondo Novak Djokovic, agli US Open e all’Olimpiade.
In quel momento di frustrazione e attitudine negativa da Pierino apparentemente senza voglia e cattiveria agonistica, un po’ lento e troppo incostante e inaffidabile, sul 5-7 di un set perso dopo aver servito sul 5-4 fallendo due set point, anche la sua dolce metà, forse, diciamo forse, anche la regina Slam Flavia Pennetta, ha pensato come altri sinceri appassionati italiani, infreddoliti e assonnati davanti alla tv: “Adesso crolla, perde 6-2 e vado a nanna”.
Invece, quel diavoletto dispettoso di Fabio, ha deciso altrimenti ed ha tirato fuori dal cappello a cilindro da mago mirabolante un’altra strepitosa invenzione. Con l’impeto e il genio del fuoriclasse che ha dominato a intervalli la sua carriera, portandolo anche, ancora, quando nessuno più se lo sarebbe aspettato, a indossare, nel 2019, la corona di un grande torneo, come Montecarlo. E quindi ha domato per 5-7 6-4 6-3 Carreno qualificandosi ai quarti contro Federico Coria.
INTERPRETAZIONE
Dopo l’artroscopia ad entrambe le caviglie di due anni fa, Fabio non ha mai davvero recuperato i suoi piedi alati. Con l’aggravio degli anni che comunque avanzano – il 24 maggio sono 35 – e delle sconfitte che gli hanno minato la fiducia, insieme ai sensazionali risultati del trio giovane Berrettini-Sinner-Sonego. L’anno scorso ha vinto tre partite di fila in torneo solo agli Australian Open e nel Principato ed è sceso al numero 38 del mondo, e ha dovuto accettare un ruolo da comprimario in coppa Davis dopo esserne stato il pilastro per un decennio.
E quest’anno ha proseguito anche peggio: sul cemento “down under”, ha vinto il primo turno a Sydney ma ha preso poi la battaglia contro Nakashima, e ha incassato un brutto ko d’acchito agli Australian Open con Griekspoor senza mai riuscire a reagire veramente, quindi, sulla terra sudamericana, a Baires, dopo il successo contro Pedro Martinez, s’è arreso malamente contro il vecchio rivale Delbonis.
Difficile reagire, difficile risollevarsi il morale, difficile ritrovare il sorriso dopo tanto slancio nel viaggiare ancora così lontano da casa, abbandonando la famiglia, difficile accettare la realtà di un mondo che cambia. Come ha dichiarato ai microfoni, denunciando la verità che sta sulle bocche di tanti ma che nessuno ha il coraggio di pronunciare: “Questo tennis è monocorde e noioso, dopo Federer non lo guarderò più”. Questo tennis è servizio e dritto, è solo forza e resistenza. Ha ragione Fabio, che però in quel momento, dopo tante batoste, è sembrato solo l’ennesimo interprete dalla favola della volpe e l’uva.
REAZIONE
L’unica risposta adatta sarebbe stato vincere e convincere. Un’eventualità che è sembrata disperata a tutti meno che a a Fabio, evidentemente, anche dopo il primo set perso, anche dopo le due palle break che ha dovuto salvare sul 2-3 e quella che ha annullato sul 3-4 contro Carreno l’antipatico. Col quale ha accesso anche qualche battibecco coinvolgendo l’arbitro, ha scambiato qualche risolino di schermo e ha accennato qualche accenno di rissa verbale. Come uscirne?
Esattamente come fece in una magica serata a New York, agli US Open 2015, contro il capostipite della genìa spagnola, Rafa Nadal,quando sfoderò una magia dietro l’altra, una diversa dall’altra, ubriacando il super mancino con un cocktail di variazioni, effettiva cambi di ritmo, estenuanti difese ed improvvise accelerazioni. Lo ha replicato a Rio, giocando un tennis stratosferico con una partita da registrare in video cassetta e rivedere nel tempo per rinnamorarsi del tennis.
Fabio ha semplicemente infilato come un toro l’avversario, tanto solido e forte a tratti e tanto autolesionistico poi nei suoi momenti di rabbia da regalare un doppio fallo-chiave sul 4-4 del secondo set. Che è diventato il volano nel punteggio ma soprattutto nel morale del campione che sta in Fognini.
UN BRIVIDO EXTRA
Ovviamente, sempre nel segno della sua storia, la soluzione non è stata così chiara e decisa: Fabio non ha vinto netto il terzo set, non ha preso saldamente in mano le operazioni e no9n ha più lasciato scampo all’avversario sul quale aveva preso il sopravvento di testa e di gioco. Dopo due ore e mezza, si è fermato chiedendo aiuto al fisioterapista per una problema al polso destro sul 2-3 del terzo set.
Riaprendo così tutti i quesiti sul match per poi fugarli ancora una volta alla sua maniera con micidiali accelerazioni di dritto e di rovescio, contropiede e repentine discese a rete sorprendendo Carreno negli angoli più impensabili con una energia ed una lucidità che non sembrava possedere prima. Del resto la terrea rossa esalta il talento tecnico di Fognini, è sempre stato così, a dispetto dei suoi limiti di continuità nervosa. Anche in Sud America, dove il talento ligure ha spesso trovato la via d’uscita da labirinti a tratti inestricabili, anche col tifo contro.
Trovando un successo (a Vina del Mar 2014) in quattro finali ATP e vincendo praticamente da solo nel 2014 il confronto con l’Argentina in coppa Davis a Mar del Plata e poi decidendo quello del 2017 a Buenos Aires. Come recupera Fabi dopo la maratona di tre ore con Carreno? Intanto si è goduto ancora una volta la straordinaria sensazione di una grande vittoria in un torneo “500”: “Sono felice per la sensazione di aver lavorato così tanto, sono molto contento della mia vittoria e della mia prestazione, soprattutto perché ho lottato fino alla fine. A Rio ho davvero bei ricordi. Questo swing sudamericano è sempre stato il mio posto preferito, quindi sono davvero felice di essere tornato nei quarti di finale qui a Rio”.
Come dimenticare questa prestazione-monstre condita da 53 vincenti? Grazie, Fabio, perché esisti.
*articolo ripreso da https://www.supertennis.tv/News/Campioni-nazionali/Rio-Fognini-Carreno-commento-Martucci