Un’azienda che ha rivoluzionato completamente il concetto di racchetta da tennis è stata indubbiamente la Prince.
Lasciata la AMF Head, Mr. Howard passò alla Prince e, con lui, le sue geniali intuizioni, che diedero vita all’invenzione più rivoluzionaria e redditizia nel mondo del tennis del
ventesimo secolo. E’ , infatti, del 1975 la prima apparizione della ‘Classic’, racchettone progettato da Howard Head (divenuto, nel frattempo maggiore azionista e presidente della Prince), e prodotto dalla Prince, distribuito prima in Italia dalla PiCiErre Sport e dopo da Sportimpex, sponsorizzata sempre dal marchio milanese HOT SHOTS.
L’Ufficio Marchi e Brevetti , che in un primo tempo respinse la richiesta di brevettare la “Classic” , ben presto cambiò idea quando si rese conto dello sviluppo dello ‘sweet point’ grazie ai dati riportati durante i test.
L’eccezionalità di questa storia traspare dalle pagine della rivista ‘Il Tennis Italiano’ all’inizio degli anni Ottanta. In particolare, si riporta un passo tratto da: ‘La suggestiva
storia di un geniale manager’: “Proprio sei anni fa, quando saltò dentro ai campi da tennis, brandendo il suo più recente colpo di genio, una racchetta che appariva grande ed ingombrante come una porta, egli fu salutato da un coro di sghignazzate e spiritosaggini. ‘Salve Howard’ ridacchiavano i burloni, ‘cosa intendi fare con quell’aggeggio? Colare gli spaghetti? Prendere le farfalle? Andare a pesca di strascico?. Vic Branden, istruttore professionista, arrivò ad ammettere che il banjo di Head avrebbe certamente aggiunto una nuova dimensione al gioco del tennis: ‘Ora, quando servite, potrete colpire entrambe le vostre gambe, invece che una sola!’.
Head sorrideva, ma non Mal Bash, un socio di Howard che era ‘incastrato’ nella ricerca. Bash ammise poco dopo: ‘era imbarazzante; la gente si avvicinava e chiedeva: Quella cosa è legale?’ e in tutta serietà: ‘Che tipo di gioco potete giocare?’
Come andò a finire lo sappiamo bene, l’unico a ridere finì per essere il solo Head mentre andava in banca.
Si, Howard aveva avuto nuovamente ragione. A fine anni settanta, nel momento in cui la vendita delle altre racchette scendeva precipitosamente, la linea Prince decollò come un razzo lunare. E ciò per una buona ragione, disse Howard, indugiando nell’assaporare il suo ‘ve lo avevo detto’, ‘la Prince ha la forma che le racchette avrebbero dovuto avere da sempre. Non ho alcun dubbio che fra tre o quattro anni, essa sarà la forma convenzionale, e le altre saranno considerate piccole, strane e fuori moda’.
Ottenuto il brevetto, la Prince Classic debuttò in Italia nel 1977. Realizzata in metallo aeronautico, la prima racchetta al mondo oversize era diventata famosa già da un paio di anni, allorché Howard Head aveva raddoppiato il piatto corde del 50% nel periodo del grande boom del tennis.
Tra i primi ad adottarne una vi furono i campioni veterani Graebner, Tiriac e Budge che la definì di gran lunga la migliore racchetta con la quale avesse mai giocato. Finanche Gladys Heldman, grande manager e appassionata di questo sport, si cimentò nel tennis giocando con una Prince Classic.
Anche tra i vip trovò chi ne apprezzò la maneggevolezza: cosi, Luciano Pavarotti, Ottavio Missoni e gli attori americani Bill Cosby e Richard Roundtree, ma anche il grande Sean Connery e James Franciscus.
L’anno successivo erano già molti i professionisti che usavano la Prince e Pam Shriver, sedicenne e pupilla di Mr. Head, arrivò in finale agli US Open giocando con una Classic. Gli altri modelli erano le ‘Pro’, ‘Woodie’ e ‘Graphite’.
Tra i testimonial di quel periodo ricordiamo Andrea Temesvari, John Alexander, Kathy Rinaldi, Mary Lou Piatek, Gianluca Pozzi e Kathleen Horvath.
L’accordo tra Prince e Pro Kennex (che produceva, tra l’altro, racchette per la stessa Prince), in virtù del quale la casa statunitense avrebbe per un certo numero di anni prodotto e venduto solo il formato oversize, lasciando alla casa di Taiwan il mercato del mid- side, consentì alla Prince di non avere rivali nella commercializzazione della “Classic”.
In tal modo, si consolidò ulteriormente la sua leadership, grazie anche all’introduzione di nuovi ed importanti modelli come il ‘Composite’ (in graphite e fiberglass), il ‘Boron’ (gioiello in graphite e boron dal costo di un milione di lire), il ‘Classic II’ e ‘l’International’ (ambedue in tubolare in alluminio).
Successivamente allo scadere dell’accordo con la Pro Kennex, la Prince decise di affiancare all’ormai consolidato e conosciuto ‘racchettone’, la versione mid-size da 90 pollici quadrati ; in tal modo, si accontentavano coloro che mal sopportavano il piatto corde grande, assicurandosi un’altra importante fetta di mercato.
Con gli anni, la Prince mutò anche la sua politica: non più solo racchette d’elite, ma anche modelli dai prezzi più popolari, ingrandendo notevolmente le sue collezioni. Questa mutata visione ricompensò la Prince che acquisì un elevato numero di compratori.
Gene Mayer, tra i più validi giocatori di quegli anni, risalì rapidamente la classifica grazie anche alla sua Prince ‘Graphite’. La stessa racchetta fu adoperata da Paul McNamee, mentre il suo compagno di doppio Peter McNamara preferì il legno della Woodie, con i risultati che oggi gli annali del tennis annoverano tra le migliori imprese.
Da Pam Shriver (Foto in alto) alla Sharapova, da Tiriac ad Agassi, tanti sono stati i nomi illustri del tennis che hanno costruito la propria carriera impugnando un racchettone Prince.
Ci si sentiva davvero privilegiati a possedere una Prince all’inizio degli anni Ottanta, qualunque fosse il modello: avevi fra le mani un qualcosa di estremamente moderno ed esclusivo, era grande, facilie da utilizzare, potevi fare cose che il legno convenzionale e le altre racchette ‘piccole’ non ti permettevano.
Un costoso sogno proibito di tutti noi tennisti: e domani, chissà, magari ci sarà un articolo su “Il Tennis Italiano” che mi ritrarrà con una Prince in mano, accanto ai grandi nomi del tennis di tutti i tempi. Chissà…
Salvatore Sodano