Stereotipi, racconti e commenti fuorvianti che non coincidono con quello che
accadde veramente. Rivediamo la “Partita del secolo” dimenticando le cronache
dell’epoca. Grandi emozioni non solo nei supplementari. Rivera, un mastino in
difesa, e il gol del 3-3 non fu colpa sua. Yamasaki arbitrò benissimo e i minuti di
recupero incriminati furono persino pochi rispetto a quanti sarebbero dovuti essere.
Non ci furono errori tattici e i tedeschi non furono puniti per la loro pretesa di
attaccare in massa: dei 4 gol dell’Italia solo uno in contropiede!
Dopo la sbornia delle celebrazioni per i 50 anni della “Partita del secolo” non
sarebbe male, una volta tanto, andare a rivedere tutta per davvero quell’Italia-
Germania 4-3 che diventò leggenda, giustamente, già al fischio finale, senza
nemmeno il bisogno di cantori omerici. Già, perché tutti ne parlano da esperti, sicuri
della propria memoria, con riferimenti precisi, senza rendersi conto che gran parte
di quei ricordi non è vera, ma originata da commenti giornalistici a caldo, da
cronache non precise, da interpretazioni della gara dovute più a preconcetti e
antipatie personali che a fredda analisi di cosa era davvero accaduto in campo. E se
una giustificazione poteva essere data dalla frenesia del momento, dalla necessità di
“chiudere” gli articoli in fretta, non ci può essere altrettanta indulgenza per il
mancato approfondimento del giorno dopo, della mancata analisi “storica” di quella
partita, del rifiuto di ristudiarla a freddo per capirla bene. No, tutto quello che si
racconta di Italia-Germania, semifinale del Mondiale 1970 in Messico, è cristallizzato
nelle parole della telecronaca e della radiocronaca, degli articoli scritti in quella
notte italiana e tardo pomeriggio messicano, con tutti gli errori che furono
commessi. Perciò, mi piace rivedere quella partita e dico “rivedere” perché l’ho vista
in diretta, senza abbandonarla nemmeno dopo il 2-1 tedesco, non trovandomi
d’accordo già con alcuni commenti del giorno dopo, e poi ancora rivista più volte,
scoprendo ogni volta un particolare in più che cozza contro le versioni “ufficiali”
dell’epoca e attuali. E allora, cominciamo. Unica avvertenza: nei riferimenti ai minuti
di gioco ci potrebbero essere leggerissimi spostamenti dovuti al fatto che nelle
diverse registrazioni della partita che si trovano in cassette, dvd e internet mancano
a volte pochi secondi, che nel totale possono far spostare lo svolgimento dell’azione
di un minuto al massimo, cosa che non inficia la precisione della cronaca.
GRANDI EMOZIONI
Si è sempre detto che i supplementari furono l’unica cosa interessante di Italia-
Germania, che per il resto fu una partita normale o addirittura noiosa. Mettendo da
parte le emozioni dovute alla paura di essere raggiunti dopo il vantaggio di
Boninsegna all’8’, per cui anche una partita mediocre può diventare molto
interessante, rivedere la partita a mente fredda può far scoprire una “bellezza
impersonale” non dovuta al fatto di essere tifosi dell’una o dell’altra squadra. Di
“normale” c’è solo il primo tempo. Poi, tutto cambia. Il secondo tempo ha un avvio
equilibrato, con i tedeschi che attaccano e gli azzurri che ribattono senza timore. Ma
dal 15’ in poi, se non è l’assedio di Fort Apache quello che si vede in campo, poco ci
manca, con tutto ciò che comporta in termini di azioni pericolose, di gol mancati per
un soffio, di salvataggi spettacolari. Poco alla volta, i tedeschi non permettono
all’Italia di uscire dalla propria metà campo. Ecco cosa accade veramente.
Al 3’ Seeler approfitta di una caduta di Rosato, che scivola, entra in area sulla
sinistra, il tiro è parato da Albertosi. Al 6’ tiro a volo di Seeler in area, di poco a lato.
Al 10’, Overath dal limite, alto. Al 17’, Grabowski in area sulla sinistra senza
avversari, tiro a lato. Al 18’, pallonetto di Libuda deviato da Albertosi in angolo.
Ancora al 18’, Albertosi deve uscire quasi al limite sulla destra per fermare Muller,
l’azione continua a porta vuota, palla al centro per Overath, solo, proprio mentre
Albertosi torna in porta, tiro che colpisce la traversa. Al 19’, Beckenbauer sta per
entrare in area sulla destra, è affrontato da Cera e cade in area, chiede invano il
rigore, per la botta alla spalla presa in questa caduta sarà poi costretto a giocare con
la spalla fasciata. Al 21’, testa di Seeler e Albertosi deve uscire di pugno per
anticipare Muller. Al 23’, Albertosi esce su Seeler, gran confusione in area, palla di
nuovo a Seeler, tiro parato. Al 24’, Grabowski libero in area sulla sinistra, sul suo tiro
Albertosi è battuto, sulla linea respinge Rosato che letteralmente vola, sulla sua
respinta riprende la palla Seeler che, contrastato da Bertini, cade e chiede il rigore,
la palla finisce a Muller che sfiora la traversa. Al 26’, punizione dal limite, Grabowski
tira alto. Al 28’, tiro di Grabowski poco alto. Al 30’, Muller al centro dell’area, tiro
poco a lato. Al 34’, Muller in area sulla destra a pochi metri da Albertosi, salva Cera
che in scivolata butta la palla in angolo. Al 36’, colpo di testa di Muller, para
Albertosi. Ancora al 36’, fallo di Bertini su Seeler al limite dell’area, i tedeschi
chiedono il rigore. Al 37’, punizione dal limite, tira Overath, la barriera respinge,
palla a Beckenbauer, tiro parato. Dopo la parata, Albertosi rinvia, ma il pallone
sbatte su Grabowski, a un metro da lui, il pallone va verso la porta, Albertosi lo
rincorre e, proprio mentre la palla è sulla linea e sta arrivando Muller per spingerla
dentro, riesce ad allungare il piede e a calciarla lontano. Interviene l’arbitro
Yamasaki e fischia una punizione per gli azzurri per fallo di Grabowski che ha
ostruito il rinvio di Albertosi, ma nessuno aveva sentito il fischio e l’azione si era
svolta come se fosse regolare. Al 38’, Overath fermato mentre sta entrando in area.
Al 44’ Overath entra in area sulla destra, a pochi metri da Albertosi è fermato da
Rivera in angolo. Al 46’, su angolo, testa di Seeler, palla all’incrocio, Albertosi devia
in angolo. Ancora al 46’, cross di Held, esce Albertosi e blocca. Poi, c’è il pareggio di
Schnellinger, nel recupero. Non ho citato le poche azioni degli azzurri in
contropiede, che pure ci sono state, quelle dei tedeschi con conclusioni in area
avversaria sono 22 in soli 45 minuti! Vi sembra un secondo tempo “normale” o
addirittura “noioso”?
YAMASAKI E IL RECUPERO “CORTO”
L’arbitro Arturo Yamasaki, peruviano naturalizzato messicano, nel racconto e nei
ricordi “favolistici” è diventato l’uomo nero, quello che si è inventato un “recupero
clamoroso”, come lo definì in diretta Nando Martellini, che ha permesso alla
Germania di pareggiare. Poi, magnanimamente, lo si ringrazia perché quel gol ha
dato origine alla leggenda, ma resta, nel giudizio dei commentatori, un protagonista
negativo di quella partita. Premesso che, di solito, chi giudica gli arbitri non ha la
minima idea di cosa sia il regolamento, di cosa prevedano le norme e la casistica, di
come vada interpretata la prestazione di un arbitro, nel caso in questione va
aggiunta una incomprensibile, se non dovuta al tifo sfegatato, omissione di cosa è
accaduto in campo e causare il recupero di circa 2 minuti e mezzo, con il gol del
pareggio segnato a 1’50”. Cominciamo dalla valutazione del comportamento tecnico
di Yamasaki. Se c’è qualcuno che ha protestato sono stati i tedeschi, che hanno
chiesto tre rigori, nessuno assegnato. In due occasioni, la richiesta non ha alcuna
ragione di essere. Si tratta degli episodi, ricordati poco prima, dell’atterramento di
Beckenbauer da parte di Cera al 19’ (qui Yamasaki è bravissimo a vedere che il fallo
è di pochi centimetri fuori area perché a velocità normale la sensazione è che sia
dentro) e di Seeler da parte di Bertini al 36, tutti nel secondo tempo. Ma sul terzo,
ancora Bertini su Seeler al 24’, i dubbi sono molti. Nel replay dalle spalle della porta,
si vede chiaramente che Bertini, dopo la respinta di Rosato sulla linea, abbraccia
Seeler, poi lo lascia ma, mentre la palla arriva a Seeler, sembra colpirlo sulla gamba
per poi finire a terra insieme a lui. L’autentica intensità dell’impatto è difficile da
stabilire, resta il fatto che sicuramente Yamasaki non ha penalizzato l’Italia.
E passiamo al recupero incriminato. Da dove vengono fuori quei 2’30” di
prolungamento del secondo tempo? Martellini accusa l’arbitro, ma dimentica che
proprio lui, poco prima, aveva espresso il timore che ci potesse essere un recupero
lungo. Ma andiamo con ordine. Nel secondo tempo, ci sono due sostituzioni per i
tedeschi, Libuda entra al 7’, Held al 20’. Non erano stati ancora istituzionalizzati i 30”
da recuperare per ogni sostituzione, tutto era affidato alla discrezionalità
dell’arbitro, ma è chiaro che un po’ di tempo si perde e l’arbitro ne tiene conto.
Comunque, non è questa l’indicazione principale di cui tener conto. Arriviamo alla
sostanza. Al 24’, nella già richiamata azione del rigore chiesto dalla Germania per
fallo di Bertini su Seeler. Quando Seeler va a terra, faccia in avanti, il suo piede
destro nella caduta colpisce il volto di Bertini, sulla guancia destra. L’azzurro rimane
a terra. Prima della ripresa del gioco passano 1’15”, quindi, essendo l’interruzione
superiore al minuto, quel tempo, tutto l’1’15”, deve essere recuperato. Al 27’,
Albertosi viene ammonito per ostruzionismo, in pratica per vari tentativi di perdere
tempo. Nel caso specifico, deve rimettere la palla dal fondo. Vede sulla sinistra
dell’area Facchetti, ma poco lontano c’è Libuda. Albertosi decide di calciare la palla
verso Facchetti, ma molto lentamente, c’è quasi il dubbio che possa uscire dall’area.
Libuda corre verso Facchetti per tagliargli lo spazio e recuperare il pallone appena
questo sia uscito dall’area. Albertosi ferma il pallone e lo riporta nell’area piccola per
ripetere la rimessa. In quegli anni, non è previsto alcun provvedimento tecnico per
questa azione, solo disciplinare a discrezione dell’arbitro. E Yamasaki ammonisce
giustamente Albertosi. Insomma, questo e altri piccoli episodi di perdita di tempo
possono indurre un arbitro a tenerne conto per un eventuale recupero. Ma, a
prescindere da qualsiasi discrezionalità, ecco l’altro episodio decisivo. Al 42’, Muller
e Rosato si scontrano, l’azzurro finisce fuori campo e non si rialza, è l’infortunio che
lo costringe a uscire e a essere sostituito da Poletti all’inizio dei supplementari. Il
gioco dovrebbe continuare, ma rimane interrotto perché, mentre Rosato è ancora
fuori campo, assistito da medico e massaggiatore, Domenghini va a terra al limite
dell’area azzurra. I suoi compagni protestano con Yamasaki e dicono che Muller lo
ha colpito con un pugno al volto. Yamasaki si consulta col guardalinee, che non
segnala alcun fallo. Ancora proteste degli azzurri, Domenghini si rialza e protesta,
dice all’arbitro che a colpirlo è stato Overath, che si trovava ad almeno 20 metri di
distanza da Domenghini e Muller, il che fa pensare ancora di più a un trucchetto
degli azzurri per permettere a Rosato di rientrare in campo e di non giocare in 10 in
una fase delicatissima della partita. Ma che ci sia stato o no un fallo su Domenghini,
la realtà è che il gioco rimane sospeso per 1’35”, anche questi da recuperare. Lo sa
lo stesso Martellini che infatti, nel momento in cui si riprende a giocare, dice
testualmente: “Un minuto e mezzo alla fine, ma ci sarà recupero per questa scena
cui abbiamo assistito”. Insomma, lui per primo si rende conto che ci sarà recupero,
però alla fine protesta quando viene effettivamente assegnato. Quindi, 1’15” del 24’
(Bertini a terra) più 1’35” del 42’ (Rosato e Domenghini) danno un recupero
“obbligato” di 2’50”, senza contare il tempo perso con le due sostituzioni tedesche e
le piccole perdite di tempo degli italiani. E allora, da dove viene fuori l’indignazione
per il recupero di 2’30”?
La realtà è che Yamasaki ha arbitrato molto bene, ha concesso il minimo recupero
necessario, non ha danneggiato in alcun modo l’Italia. Il minimo sarebbe
riconoscerglielo e, da parte di chi lo ha criticato, chiedergli scusa.
RIVERA IN DIFESA
Una questione “epocale” è quella del ruolo di Rivera, osannato per il gol del 4-3, per
la capacità di trasformare il gioco d’attacco dell’Italia, criticato per la sua scarsa
partecipazione alla fase difensiva e quindi per i danni tattici che provocherebbe alla
squadra, secondo una teoria portata ostinatamente avanti da Gianni Brera, che
anche in questa occasione si scatena in un attacco spietato contro Rivera. Ecco
alcune frasi tratte dal suo articolo su questa partita: “Dunque, fuori Mazzola. Entra
Rivera e assiste smarrito al forcing tedesco, sempre più acre”; “I tedeschi ci
assediano. Rivera guarda”; “Effettivamente Rivera va tolto dalla difesa. Io non ce
l’ho affatto con il biondo e gentile Rivera, maledetti: io non posso vedere il calcio a
rovescio: sono pagato per fare questo mestiere. Vi siete accorti o no del disastro che
Rivera ha propiziato nel secondo tempo? Tutto all’aria, tutto sconnesso. Se non
vedete e amate, almeno rispettate chi vede, e proprio perché vede si raccomanda
che Rivera sia punta o mezza punta, non centrocampista, mai!”.
Quindi, secondo Brera, la prova di Rivera è praticamente un disastro perché sta a
guardare i tedeschi senza sforzarsi di aiutare i compagni in difesa e via dicendo. I
pochi che lo contestano (la “scuola” Gino Palumbo) esaltano le doti di Rivera,
mettono giustamente in evidenza che i benefici da lui garantiti sono superiori agli
svantaggi, ma non vanno a rispondergli sul punto, perché è qui che bisogna andare
per dimostrare che quella di Brera è una vera antipatia per Rivera, nonostante lui
provi a giustificare i suoi attacchi con considerazioni “oggettive” sulla tattica della
partita. Ebbene, perché non andiamo a vedere se Rivera, in questo secondo tempo
descritto da Brera come un disastro per lui, sia rimasto effettivamente “a guardare”
senza aiutare i compagni in difesa. Tutte le azioni che descriverò è possibile
osservarle nel filmato della partita. Nonostante le riprese televisive abbiano una
forte limitazione nelle partite di calcio, perché non è possibile riprendere tutto il
campo e quindi “tutti” i giocatori, nelle azioni di cui parlerò si possono vedere
chiaramente gli interventi di Rivera. Ci possono essere altre azioni con Rivera
protagonista non inquadrato dalle telecamere, ma in queste che descrivo c’è il
“minimo garantito” di Rivera nel secondo tempo.
Ed ecco cosa chiunque può vedere. Al 12’ Rivera va a recuperare palla, scambio con
Riva e tiro parato. Al 18’ Rivera torna indietro su Overath, recupera palla e va via in
contropiede. Al 22’ Rivera è sgambettato da Grabowski, va a terra ma recupera palla
e tiene il possesso. Al 28’ Rivera copre su Vogts che si è spinto in avanti e lo
costringe a girarsi e passare la palla all’indietro. Ancora al 28’ Rivera va in raddoppio
su Grabowski insieme a Domenghini e gli toglie la palla. Al 29’ Rivera in marcatura al
limite dell’area azzurra, palla recuperata e lancio in avanti per Domenghini. Al 30’
Rivera nella metà campo avversaria va contro Beckenbauer che sta avanzando e che
deve cedere la palla a sinistra per spingersi comunque in avanti, ma venti metri
dopo si ritrova di fronte Rivera, che poi prende palla e la dà a Riva in attacco. Al 35’
di nuovo Beckenbauer in avanti, ma Rivera a centro campo lo controlla. Al 39’ Rivera
nella sua metà campo chiude su Schnellinger che si sta spingendo in avanti (fa altre
2-3 azioni di questo tipo il terzino milanista, arrivando fin dentro l’area di rigore
italiana in una di queste senza però essere servito dai compagni, quindi non è vero
che è andato avanti solo per il gol, altra favola falsa). Ancora al 39’ Rivera su Vogts
costretto a ripiegare. Al 44’ Overath entra in area sulla destra ma Rivera gli chiude la
strada e manda la palla in angolo.
Quindi, ci sono sicuramente undici azioni in cui Rivera, descritto praticamente come
un menefreghista che disdegna la fase difensiva, retrocede per coprire gli spazi,
chiudere sugli avversari, buttare la palla in angolo, oltre a fare il suo dovere nel far
avanzare la squadra e dare suggerimenti preziosi agli attaccanti. E l’intensità delle
azioni aumenta col passare del tempo, quando il cosiddetto “abatino”, come Rivera
è soprannominato da Gianni Brera, dovrebbe perdere forze. Ma proprio al 44’
questo “abatino” ha la forza e la volontà di inseguire Overath e chiudergli la strada
verso la porta. Ma non è finita, perché qualche altra azione da considerare la
troviamo anche nei supplementari, a cominciare dalla punizione del 2-2, quando
Rivera, da fermo, aspetta il momento giusto per lanciare la palla a Burgnich in area e
consentirgli, con l’aiuto della goffa respinta di Held, di segnare il suo secondo e
ultimo gol in Nazionale (il primo il 18 giugno 1966, nell’amichevole vinta 1-0 con
l’Austria a Milano). Nel secondo supplementare, al 2’ Rivera è ancora in difesa per
intercettare un lancio di Beckenbauer, ma è nel primo, al 13’, che ribalta tutte le
teorie di chi gli vuole male. Siamo sul 2-2, c’è una punizione per la Germania, palla a
Grabowski che da 20 metri tira in porta, ma davanti a lui c’è Rivera che è venuto
fuori dall’area e respinge col corpo, la palla finisce a Libuda sulla destra d’attacco
tedesca, ma ancora Rivera, insieme a Riva e Domenghini, anche loro tornati indietro,
si lancia sul tedesco, recupera la palla e dà il via al contropiede, poi passa sulla
sinistra a Domenghini che la dà a Riva per il gol del 3-2. Quindi, ancora questo
“abatino” che è un “disastro” per l’Italia, va in difesa, si butta col corpo sul tiro
dell’avversario, non si ferma, va in contrasto su un altro avversario, poi imposta
l’azione di contropiede.
E allora, anche volendo eliminare qualsiasi sospetto di antipatia personale che
influenza il giudizio di Gianni Brera su Rivera, sarebbe stato lecito chiedergli: “Ma tu,
che partita hai visto?”.
RIVERA E IL 3-3
Si resta a Rivera perché lui rappresenta entrambi i più grandi simboli di Italia-
Germania, i gol del 3-3 e del 4-3. Su quello della vittoria, vale la pena mettere in
evidenza la bravura, il coraggio e la testardaggine degli azzurri. Dopo una mazzata
come quella del 3-3, sarebbe più logico ripartire prudentemente, superare lo
sbandamento e poi provare a rimettersi su. Ma gli italiani dimostrano ancora una
volta ai tedeschi, mai vittoriosi contro gli azzurri ai Mondiali, che i veri “duri” sono
loro. La sequenza dei tocchi di palla è questa: Boninsegna a De Sisti, a Rivera nel
cerchio di centrocampo, di nuovo a De Sisti e sul centrosinistra a Facchetti, che
lancia sulla fascia Boninsegna, contrastato inutilmente da Schulz, il passaggio al
centro a Rivera e il gol. Da notare: dal momento della ripresa del gioco dopo il 3-3 i
tedeschi non riescono a toccare la palla.
L’altro momento importante è più controverso, perché sul gol tedesco del 3-3 tutti i
commentatori si sono sempre mostrati critici verso Rivera. L’accusa è semplice: sta
sul palo, dovrebbe intervenire sulla palla, quasi si scansa, insomma, il gol è colpa
sua. E qui tutta la storia sugli insulti di Albertosi a Rivera, la voglia di riscatto e tutto
il resto che ormai fa parte del copione ufficiale. Ma anche qui il racconto sembra
costruito con molta faciloneria, senza un vero approfondimento. Vogliamo provare a
vedere se davvero Rivera sbaglia su quel gol?
L’azione prende l’avvio da un calcio d’angolo. Lo batte Grabowski che passa a
Libuda, a un metro da lui, secondo uno schema già provato in precedenza nella
stessa partita. Libuda fa partire il cross lungo in area, la palla arriva nella zona più
lontana ed è colpita da Seeler che la indirizza verso l’angolo opposto, proprio sul
palo dove è piazzato Rivera. Davanti ad Albertosi, al centro dell’area piccola, c’è
Burgnich, che è scavalcato dalla traiettoria, alle sue spalle c’è Muller che cerca di
intervenire di testa. Sfiora la palla e, in un primo momento, non si capisce se l’ha
colpita o no, tant’è vero che le prime parole di Martellini sono queste: “Ha
pareggiato Seeler”. Poi, dopo alcuni secondi, aggiunge: “Però dovrebbe essere stato
corretto da Muller, infatti vediamo la diapositiva che assegna il gol a Muller”. E’
proprio l’intervento di Muller a rendere diverso il significato del “liscio” di Rivera.
Quando la palla colpita da Seeler sta per arrivare, Rivera è pronto per intervenire,
ma l’inserimento di Muller fa cambiare la percezione del tiro e altera la capacità di
reazione. Infatti, se Muller non la colpisce, Rivera si ritrova una palla normale su cui
può intervenire come ha mentalmente programmato nel momento in cui l’ha vista
partire. Ma se Muller la colpisce, non si sa quale nuova traiettoria possa seguire e
quale velocità possa avere: può accelerare se continua ad andare nella stessa
direzione impressa da Seeler, può anche rallentare se la traiettoria cambia perché
Muller è in fase di discesa e anche se riesce a ruotare il collo per colpirla non può
darle più forza. La realtà è che Rivera ha un attimo di esitazione perché non sa se
Muller riuscirà a colpirla o no. E nel momento in cui Muller effettivamente la sfiora
appena, dandole un po’ più di velocità, tutti i calcoli di Rivera diventano sballati. La
sua reazione è significativa: si butta avanti istintivamente con la pancia, quindi
impedendo di fatto un intervento con la coscia, ma in ritardo (e qui si parla di decimi
di secondo) e col braccio sinistro portato indietro per evitare, altrettanto
istintivamente, il rigore. Fra la “spizzata” di Muller e il passaggio della palla davanti
alla pancia di Rivera passerà al massimo un decimo di secondo, ben al di sotto del
tempo minimo di reazione umana. Per averne un’idea: nelle gare di atletica viene
sanzionata una falsa partenza quando l’atleta ha un tempo di reazione, allo sparo
dello starter, inferiore a un decimo di secondo. Perché è umanamente impossibile
avere una prontezza di riflessi così esasperata da reagire in meno di un decimo di
secondo. E questo quando l’atleta sta aspettando lo sparo dello starter, quindi è già
pronto mentalmente a scattare sulla base di un segnale che sa già che arriverà da un
momento all’altro. Quale tempo di reazione potrà mai avere invece un calciatore
che, a fronte di una sola variabile come ce l’ha il velocista dell’atletica, ha molte più
variabili come la direzione della palla, la sua velocità, se sarà colpita o no da un
avversario e a quale distanza da lui potrebbe essere colpita o no e con quale
eventuale cambio di direzione? E’ semplicemente impossibile reagire non solo in
meno di un decimo di secondo, ma neanche in meno di mezzo secondo. Rivera non
aveva alcuna possibilità di colpire la palla razionalmente, poteva riuscirci solo con
una botta di culo, che non ha avuto. Che poi Albertosi se la prenda con lui va bene
comunque, perché in quei momenti un calciatore non può stare a considerare tutto
quello che ho appena detto, nemmeno riuscirebbe mai a immaginarlo, è sotto
pressione, ha la sensazione che il compagno abbia sbagliato, è incazzato e si sfoga.
Ma il giorno dopo, chi commenta a freddo la partita qualche ragionamento
dovrebbe pur farlo, qualche dubbio dovrebbe pur farselo venire, qualche domanda
porsela, qualche risposta provare a darsela, qualche approfondimento tentare di
farlo. Niente di tutto questo: la storia di Rivera che sbaglia e poi va a segnare il gol
della vittoria è troppo bella per rovinarla con qualsiasi altra considerazione. E così,
anno dopo anno, anniversario dopo anniversario, celebrazione dopo celebrazione, la
storia falsa diventa un dogma e non sta bene andare a rovinare questo bel
quadretto dipinto da chi aveva molta fantasia e poca voglia di raccontare quello che
era davvero accaduto.
TATTICHE E CURIOSITA’
Concludo con una curiosità e qualche considerazione sul significato tattico che è
stato dato a questa partita. La curiosità è che se Italia-Germania fosse finita in parità
dopo i supplementari non ci sarebbero stati i rigori per decidere il passaggio in
finale, ma il sorteggio con la monetina. Lo ricorda proprio Nando Martellini durante
la telecronaca. Proprio quello che era successo due anni prima nella semifinale degli
Europei, a Napoli, dopo lo 0-0 contro l’Unione sovietica. Monetina lanciata nello
stanzino dell’arbitro, vittoria dell’Italia e azzurri che tornano in campo per salutare i
tifosi. Il bello è che gli spettatori davanti alla Tv non ebbero la possibilità di sapere in
diretta l’esito del sorteggio. Nel momento in cui le squadre lasciarono il campo per
tornare negli spogliatoi, il collegamento si concluse. Dopo una decina di minuti,
appare un giornalista da studio, non dal San Paolo, che annuncia l’esito vincente del
sorteggio per l’Italia.
Per quanto riguarda il significato tattico, ancora una volta è Gianni Brera a condurre
le danze, impostando la teoria della brutta partita, degli errori tattici degli italiani ma
soprattutto dei tedeschi: “Preferisco attenermi alla realtà non senza ringraziare i
tedeschi per la loro cieca dabbenaggine tattica”. E quale sarebbe questa
dabbenaggine? Ecco la spiegazione di Brera: “I tedeschi sono proprio tonti: ecco
perché li abbiamo quasi sempre battuti. Nel calcio vale anche l’astuzia tattica non
solo la truculenza, l’impegno, il fondo atletico e la bravura tecnica. I tedeschi
seguitano a pencolare avanti in massa”. Il solito pallino di Brera: l’Italia vince in
contropiede. Ma davvero? Andiamo sul concreto, perché anche questa favola può
essere smontata facilmente (come quella dello stesso Brera sul presunto
contropiede arma decisiva dell’Italia vincente 3-2 sul Brasile nel Mondiale 1982:
ultimo gol su calcio d’angolo con tutti e undici i brasiliani stretti nella loro area,
tremanti, alla faccia del contropiede). Premesso che comunque la Germania per tutti
i due tempi regolamentari è obbligata ad attaccare perché dall’8’ è in svantaggio,
ecco come sono stati segnati i quattro gol dell’Italia: quello di Boninsegna con soli
due azzurri, l’altro è Riva, a scambiarsi la palla contro quattro tedeschi; quello di
Burgnich, dal centro dell’area, su punizione di Rivera da 30 metri e tedeschi schierati
in difesa; quello di Riva, effettivamente su azione di contropiede; quello di Rivera,
con tutta la squadra tedesca rintanata nella propria metà campo. Quindi, un gol su
quattro in contropiede. E questa sarebbe l’analisi tattica giusta? Ancora una volta, la
voglia di imporre le proprie idee prevale su quello che avviene veramente in campo.
E il peggio è che tanti ci credono come se questa fosse una rivelazione divina.
LA LEGGENDA VERA
Ma per fortuna non ci sono soltanto le bugie e le favole false, perché c’è una
leggenda vera che regalerà emozioni per sempre, ogni volta che qualcuno rivedrà
questa partita o la vedrà per la prima volta. E’ la leggenda di una squadra che
compie una impresa impossibile, di giocatori che, pur stremati, tirano fuori cuore,
orgoglio ed energie inaspettate per sovvertire gerarchie e pronostici, battere
avversari considerati più forti, accendere animi, regalare gioia. Albertosi, Burgnich,
Facchetti, Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, Mazzola, Boninsegna, De Sisti, Riva,
Rivera, Poletti.