Un disastro. Si può definire solo con questa parola il Gran Premio di Singapore per la Ferrari. Dopo la brillantissima pole position di Vettel, la gara si è trasformata in un incubo. Zero punti e la vittoria, meritata, di Hamilton ha portato l’inglese a guidare la classifica con 28 punti di vantaggio sul tedesco. Con solo sei corse ancora da disputare sarà ben difficile recuperare. Anche se Maurizio Arrivabene, giustamente, ha proclamato lotta senza quartiere sino all’ultima curva del campionato, sarà dura battere Lewis e la sua Mercedes, perché – non dimentichiamolo – quando guidi una macchina che ha dominato la scena per tre anni e continua ad essere super competitiva ci vorrebbe una grande impresa e molta fortuna. Intanto, il pilota di origine caraibica è un fenomeno. Sulla pista bagnata del circuito di Marina Bay ha dato una lezione a tutti. Record sul giro uno dietro l’altro, assoluta sicurezza, non una sbavatura. Impossibile con assegnargli un 10 e lode.
Possiamo ricordare tuttavia che c’è un ricorso storico che lo riguarda. Nel 2007 Hamilton perse il titolo all’ultima gara in Brasile, consegnandolo nelle mani di Raikkonen e della Ferrari. E vero, all’epoca Lewis aveva un compagno di squadra ostico e scorbutico che si chiamava Fernando Alonso. E la lotta interna alla fra i due piloti della McLaren favorì il finlandese e la Rossa. C’è un riferimento che riguarda quella stagione che potrebbe alimentare le speranze della Ferrari. Quando mancavano sei gare al termine della stagione la classifica vedeva Hamilton a quota 80 punti, Alonso a 73 e Raikkonen a 60. Quindi l’inglese aveva 20 punti di vantaggio su Kimi. Allora si attribuivano i punti ai primi otto al traguardo. Al vincitore ne andavano 10, al secondo 8, al terzo 6, al quarto 5, al quinto 4 e così via sino a 1 punto per l’ottavo. Le possibilità di recupero, quindi, a livello puramente matematico erano inferiori a quelle attuali, poiché oggi vengono premiati i primi dieci e fra primo e secondo ci sono ben 7 punti di scarto: da 25 a 18, per passare a 15 per il terzo, 12 al quarto, quini 10, 8, 6, 4, 2, 1. Basterebbe comunque un colpo a vuoto di Hamilton per rimettere in gioco tutto.
Ma dovranno essere la Ferrari con Vettel e Raikkonen a contrastare il cammino dei rivali. I mezzi ci sono. La SFH70 si sta dimostrando molto competitiva. E come ha raccontato lo stesso Vettel devono arrivare molte «cose nuove». Fra queste c’è anche l’ultima versione del motore, la quarta che la Mercedes ha già fatto debuttare nel Gran Premio del Belgio. Dovrebbe essere n propulsore più potente per rimediare alle carenze di velocità nei lunghi rettilinei, dove sinora la Ferrari ha faticato un po’ di più. La speranza di recuperare, dunque, esiste, anche se la botta di Singapore è stata durissima.
A proposito, quanto è accaduto nel circuito di Marina Bay, con le collisioni di Raikkonen, Verstappen e Vettel che ha messo ko tutti e tre i piloti, merita un discorso a parte. I commissari sportivi, giustamente hanno giudicato quanto è accaduto come un «normale incidente di gara». Non ci sono state nelle manovre fatte al via e alla prima curva comportamenti irregolari. Non si può tuttavia scordare che l’olandese, bravissimo quanto si vuole, da quando è arrivato in Formula 1 è sempre stato fra i protagonisti degli scontri più violenti. E non solo, in fatto di arroganza il giovane olandese è imbattibile. E’ vero che per essere campioni, in tutte le attività umane, un po’ di presunzione non guasta, anzi aiuta. Max però esagera. Nel giudicare i fatti, ha dato la colpa ai de piloti della Ferrari. E ha bacchettato Vettel, sostenendo che essendo in lizza per il titolo avrebbe dovuto pensare che se avesse perso anche due posizioni (a vantaggio di Verstappen stesso e di Raikkonen) sarebbe comunque rimasto davanti ad Hamilton. Sebastian avrebbe dovuto dirgli: “Prego, si accomodi”. Perchè lui, Max «voleva vincere». Inaudito. Quando mai il signorino della Red Bull si è fatto da parte? Lui no, si è sempre comportato come se tutti gli altri non ci fossero. Dovrebbe correre in pista da solo per essere soddisfatto e vincente.
Cristiano Chiavegato