“A no l’è una roba da nua nasse tal avril del ventidoi / ta una ciasa de perons a Massurìe cun un nuom mai sentù prima / nasse da puarìn tala miseria, nasse suber despùa de la guera / Remo e Nina ni saveva ce fiè cun doi canais da tirà su e un fià de tera” (Non è una cosa da niente nascere nell’aprile del ’22 / in una casa di sassi a Massurìe con un nome mai sentito prima / nascere povero nella miseria, nascere subito dopo la guerra / Remo e Nina non sapevano come fare con due figli da tirare su e poca terra).
Massurìe è una località: un punto, tre case, il cielo, i boschi. Claut, il comune. Pordenone, la provincia. Dolomiti friulane: l’aria, il patrimonio, anche il destino. Comincia qui la breve storia di Ruggero Grava, centravanti del Grande Torino, riserva di Guglielmo Gabetto. Faccia e fisico scolpiti nella roccia: una via di mezzo fra Mario Battaglini, il rugby di Rovigo, e Primo Carnera, il pugilato d’Italia.
“A no l’è una roba da nua ciapà la valis e partì par la Francia / Ribecourt, Saint Ouen e Vaiers i’è da duta un’altra banda / e rivà fin a Parigi tal Avenue de la Porte Montmartre / in mieth a bohemiens e pitors, ce failo uqui un giugadòr?” (Non è una cosa da niente fare la valigia ed emigrare in Francia / Ribecourt, Saint Ouen e Vaiers sono da tutta un’altra parte / e arrivare fino a Parigi all’Avenue della Porte de Montmartre / in mezzo ai bohemiens e ai pittori, cosa ci fa un calciatore?).
Calciatore, appunto. La ballata del calciatore s’intitola “Revelli”, parole e musica di Franco Giordani (voce e chitarra, con Massimo Gatti al mandolino, Jens Kruger al banjo, Icaro Gatti al contrabbasso e Elvis Fior alla batteria), dall’album “Truòisparìs”, che in friulano significa sentieri scomparsi. E per non far scomparire né Grava né la lingua friulana, ecco questa storia, questo racconto, questa canzone. Secondo di quattro fratelli, una vocazione per lo sport, calcio, pugilato, nuoto, di giorno il lavoro, la sera l’allenamento, sabato e domenica le partite e gli incontri. La prima squadra è l’As Roma, italiani a Parigi, poi Amiens, Nancy, Bordeaux, Pons, Roubaix, e là, nel 1946-47, lo scudetto di Francia. Nell’estate del 1948 il trasferimento al Grande Torino.
“Partì de la mont per èse un campion, nessun a né lo giàva / Roger in Francia, Revelli de nuòm, par nos Ruggero Grava” (partire dalla montagna per diventare un campione, nessuno ce lo toglie / Roger in Francia, Revelli il suo nome, per noi Ruggero Grava).
Tre partite, in tutto. Il secondo tempo di un’amichevole con il Bruxelles (e in quella circostanza segnò un gol); un’altra amichevole con il Milan; infine, l’incontro di campionato con il Genoa, perso per 3-0, ma come scrisse Renato Tosatti sulla “Gazzetta del Popolo” – “una eccellente carta di presentazione per questo bravo atleta”. Comunque troppo poco per uno come lui, ma davanti c’era Gabetto, un fuoriclasse, e solo il tempo – sei anni meno del titolare – gli avrebbe concesso possibilità e opportunità. Ma il tempo non ci fu.
“A no l’è una roba da nua di a giugià a balòn cul Bordeaux / e al Olimpique Roubaix-Tourcoing deventà campion de la Francia / a Torin i te spietava tala squadra pì forta del mont / ma a ta spietà anch al destin, prope cuan che te suò rivà in somp” (non è una cosa da niente andare a giocare con il Bordeaux / e all’Olimpique Roubaix-Tourcoing diventare campione di Francia / a Torino ti aspettavano nella squadra più forte del mondo / ma ti ha aspettato anche il destino, proprio quando eri arrivato in cima).
Perché l’amichevole Benfica-Torino, perché la tempesta e la nebbia, perché Superga e la basilica, perché il fato e fu così. Perché il funerale a Torino e poi quello a Parigi, la corte d’onore al Parco dei principe, il cimitero di Saint-Ouen, l’epigrafe in italiano “Grava Ruggero campione di calcio di Francia e d’Italia perito nell’incidente aereo di Superga il 4-5-1949”. “La Gazzetta dello Sport” titolò: “Tremenda sciagura per lo sport italiano e per il giornalismo sportivo”, occhiello; “L’aereo del Torino reduce da Lisbona”, prima riga, “precipita e si incendia mentre sta arrivando a Mirafiori”, seconda riga; “Tutti i giocatori, i dirigenti e tre giornalisti deceduti”, sottotitolo; e nel suo ricordo, era scritto “Claut (Francia)”.
“Al quatre de mai del corantanuòf te suò partì da Lisbona / ma al thel al era negre sùbet despùa passada Savona / partì da la mont per ese un campion, nessun a ne lo giava / Roger in Francia, Revelli de nuòm, par nos Ruggero Grava” (il 4 di maggio del ’49 sei partito da Lisbona / ma il cielo era nero subito dopo passata Savona / partire dalla montagna per diventare un campione, nessuno ce lo toglie / Roger in Francia, Revelli il suo nome, per noi Ruggero Grava).
Mercoledì, per Udinese-Torino, l’Udinese come la squadra più vicina in linea d’aria, e il Torino come quella più vicina al cuore, Revelli Ruggero Roger insomma Grava, il Maciste friulano, sarà ricordato con queste parole e musica. Anche il calcio deve essere memoria.
“A no l’è una roba da nùa entrà tala Storia / un Maciste clautan, nos ciantòn la to memoria” (non è una cosa da niente entrare nella Storia / un Maciste clautano, noi cantiamo la tua memoria).
Marco Pastonesi