La stagione della Coppa del Mondo di sci alpino si chiude per l’Italia nel segno dei primati ma soprattutto apre a nuove prospettive. La principale è avere finalmente un’atleta in grado ragionevolmente di poter lottare per la Coppa generale. Non ci succede dal ’95, da quando Alberto Tomba a suon di vittorie in slalom e gigante fece sua la sfera di cristallo nelle finali di Bormio. Solo Karen Putzer nel 2003, quando superò in Coppa la soglia dei 1000 punti, ci regalò questo sogno, sogno che poi annegò nell’infortunio all’anca dell’altoatesina ed in una serie di decisioni sbagliate.
Una speranza che ci regala Sofia Goggia, protagonista di una stagione straordinaria quanto sorprendente. Sino a novembre, complice anche i gravi infortuni, non era mai salita sul podio in Coppa del Mondo, in quattro mesi ci è riuscita ben 13 volte in 4 specialità diverse, raggiungendo nella classifica generale una quota mai toccata in passato da alcuna azzurra, né Compagnoni, né Kostner.
IL CORAGGIO La bergamasca, 24 anni, non ha i piedi fatati di una Shiffrin o di una Worley, ma quello che manca lo mette in grinta ed agonismo. Un atteggiamento che ha conquistato il pubblico ben al di là dei nostri confini. Ogni sua gara si vive con il cuore in gola, considerando la quantità di rischi che prende. Sofia non si risparmia, molte volte sbaglia, ma nessuna gara si conclude per lei in modo banale. Una sola a dir la verità, il superG dei Mondiali di St. Moritz. Ma proprio nella sede iridata ha dato la prova definitiva del suo carattere conquistando l’unica medaglia della spedizione azzurra, quel bronzo in gigante dopo aver fallito, oltre al superG, anche discesa e combinata.
Se riuscirà in certe situazioni mettere la museruola al suo istinto la Goggia potrà davvero ambire alla Coppa del Mondo. Nella stagione appena conclusa ha infatti buttato almeno 400 punti. E’ una ragazza intelligente e l’estate le servirà per elaborare una nuova strategia. Essere competitiva in discesa, superG e gigante la potrebbe essere sufficiente, allo slalom può riservare quel minimo di attenzione che le permetterebbe di racimolare qualche punto anche in combinata.
FILL La stagione ha pure visto Peter Fill riconquistare la Coppa della discesa, una conferma per un atleta che a 34 anni ha raccolto poco in carriera per il suo valore e che nella crescita di Dominik Paris ha trovato lo stimolo maggiore per raggiungere quella continuità di rendimento che non aveva mai avuto. Se questa continuità la raggiungerà anche Paris abbiamo davanti anni di soddisfazioni nella velocità. In attesa di capire quanto l’acciaccato Innerhofer può ancora dare.
LE DONNE Ma è soprattutto la squadra femminile che guarda al futuro, considerando che oltre alla Goggia può contare anche sui giovani talenti di Federica Brignone e Marta Bassino. La Brignone ha buttato la prima parte della stagione persa in errori tecnici e strani pensieri, ma quando ha lucidato la sua classe ne si è rilassata, si è rivelata fra le migliori in gigante, superG e combinata. Pure Federica, se saprà trovare un certo livello di continuità in slalom, potrà diventare donna da classifica. La Bassino deve invece essere lasciata maturare con calma. Ha un talento straordinario, una sensibilità nei piedi che forse solo la Compagnoni poteva vantare, ma vincere è un insieme di particolari che richiedono tempo per essere armonizzati.
I MERITI Cosa c’è alla base di questi successi? Senza dubbio la qualità degli allenatori, uno staff tecnico che il mondo ci invidia. E non è un caso che nel Circo Bianco siamo i maggiori esportatori di allenatori e cultura metodologica. Non è un gap che arriva per caso, ma che bisogna coltivare per mantenerlo tale.
I PROBLEMI In un’edizione di Coppa in cui gli azzurri hanno conquistato il primato dei podi e vinto la classifica a squadre femminile rimane il buco dei Mondiali di St. Moritz. Il solo bronzo della Goggia non può bastare in una stagione da protagonisti. In terra svizzera si sono rivisti gli stessi errori commessi due anni fa ai Mondiali di Beaver Creek, soprattutto la mancanza di un uomo nella struttura federale capace di ribaltare, specie dal punto di vista psicologico, le situazioni negative, come lo era Claudio Ravetto. E poi i ricambi. Abbiamo grandi campioni, ma alle loro spalle, Bassino esclusa, non stanno crescendo giovani. Sforniamo speranze di valore che però da troppe stagioni non riescono ad effettuare il salto di qualità definitivo. Siamo spariti nel gigante maschile e nello slalom femminile. E’ su questo aspetto che deve concentrarsi adesso lo sforzo della federazione.
Pierangelo Molinaro