Chi è il giovane?
Il periodo che segue la fanciullezza inizia in genere per i maschi verso il dodicesimo
anno e verso l’undicesimo per le femmine, le intense trasformazioni somatiche,
endocrine e psicologiche indotte dalla pubertà, comportano un ulteriore, anche se
transitorio, squilibrio motorio. L’aumento del ritmo dello sviluppo (soprattutto
auxologico) durante questo periodo (dopo gli 11 anni), comporta una
trasformazione dell’aspetto corporeo (corpo che si allunga e si allarga) e la
conoscenza dei movimenti del proprio corpo (immagine di sé), che negli anni
precedenti sembrava consolidata, si ristruttura e sfugge ad ogni controllo motorio.
Ragazzi e ragazze, che in età Minibasket erano dei veri e propri artisti del pallone, si
ritrovano nel giro di una stagione agonistica, privi di armonia e coordinazione,
proprio a causa del variare dello sviluppo fisico. In questo periodo, definito
“ristrutturazione delle capacità motorie”, insorgono problemi di equilibrio (statico e
dinamico) per l’aumentata statura (con conseguenti variazioni del baricentro e della
base d’appoggio), per l’allungamento degli arti inferiori e superiori e per il
miglioramento di alcune capacità motorie (orientamento nello spazio e nel tempo,
anticipazione, controllo motorio, forza).
Questa è una fase nella quale il ragazzo inizia a vivere la sessualità e le situazioni
conflittuali che essa comporta, aumenta l’interesse per i coetanei di sesso diverso, si
registra un notevole sviluppo delle conoscenze relative alla vita sessuale (con
informazioni non sempre corrispondenti alla verità).
L’Istruttore a quest’età
L’Istruttore dovrà comportarsi in palestra e fuori, come un Educatore, dovrà cercare
di capire i ragazzi e le ragazze e dovrà aiutarli a superare i momenti difficili e di
sconforto e gli allenamenti dovranno essere gratificanti, divertenti, pena il rischio di
un abbandono, perché attratti da altri sport o altri interessi e stimoli.
Se gli Istruttori non tengono conto di tutto ciò, se non sono sensibili a tutte queste
problematiche, se non ascoltano, se non osservano, se non annotano tutti gli
atteggiamenti dei propri giocatori, sia in palestra che nello spogliatoio e fuori,
avranno clamorosamente fallito il loro compito.
Istruire ed educare
Non si diventa Istruttori con il “patentino” rilasciato dalla Federazione, non si è
Istruttori perché sulla maglia c’è scritto “Coach”!
istruire è importante, Educare è fondamentale, Istruire‐Educando è difficile e
richiede una maturità che non si acquisisce solo partecipando a un corso di
formazione di una settimana o leggendo un libro di tecnica cestistica oppure
assistendo a un Clinic o a un allenamento di un allenatore importante, mai
raggiunge attraverso la critica, la tenacia, gli errori, l’autocritica, il confronto
continuo con gli altri, l’umiltà e la voglia di migliorarsi e di fare sempre bene e
meglio.
Fare l’Istruttore a livello giovanile
Fare l’Istruttore a livello giovanile (specie nella fascia di età che va dai 12 ai 14 anni)
non è facile, ma lo diventa ancora meno quando siamo noi stessi a complicare la
situazione, non interpretando bene la funzione che ci siamo accollati.
Avviare alla pallacanestro a quest’età non significa specializzare precocemente, o
pretendere a tutti i costi e subito la perfezione di un gesto o di un movimento
attraverso la continua ripetizione analitica dello stesso (automatizzazione), ma vuol
dire far conoscere ai ragazzi le diverse possibilità di utilizzo del proprio corpo in
relazione allo spazio, al tempo, alla palla, alle regole di gioco, ai compagni e agli
avversari.
E’ molto importante che l’Istruttore programmi il proprio lavoro (annuale, mensile,
settimanale e per allenamento), fissi gli obiettivi da raggiungere (a breve, a media e
a lunga scadenza) e verifichi continuamente la loro validità. Anticipare i tempi per
vincere è sbagliato!
Il ragazzo, la ragazza, che negli anni precedenti erano riusciti a migliorare la propria
coordinazione e il proprio equilibrio, a rendere i propri gesti e movimenti precisi e
sinergici, si trovano, in questo periodo, quasi all’improvviso, condizionati da
profonde trasformazioni (peso, statura, aumentata lunghezza degli arti superiori e
inferiori, maggior forza di lancio e di salto, rapporti mutati con il tempo e lo spazio),
che gli fanno sembrare tutto più difficile: allora imperversa lo scoramento e la paura
di sbagliare.
L’Istruttore deve abbandonare l’aspetto quantitativo del lavoro durante gli
allenamenti, per far posto a una cura qualitativa atta al mantenimento o alla
riacquisizione di una totale padronanza dei gesti e dei movimenti (pazienza e
rispetto dei diversi ritmi di apprendimento). E a tale scopo, deve irrobustire i punti
deboli di un “somma” che consuma sempre in modo dispendioso e dispersivo
(movimenti non economici), attraverso la presentazione di esercizi tecnico‐didattici
divertenti e interessanti.
L’Istruttore “positivo” a disposizione di tutti
L’Istruttore deve essere a disposizione di tutti, non deve privilegiare i più bravi o i
talenti, deve sapersi far accettare e accettare tutti allo stesso modo, mettendo in
ordine consequenziale l’importanza della vittoria a tutti i costi, di fronte
all’impellenza di fornire ai ragazzi un corredo motorio, tecnico e sportivo (creatività
e fantasia motoria) il più plastico possibile, in quanto non è logico a quest’età
anteporre il concetto di vittoria a quello di formazione.
Non deve mai copiare gli atteggiamenti di un grande coach, né deve far giocare la
propria squadra con schemi rigidi, in quanto significa chiedere ai ragazzi di
interpretare una parte alla quale non sono preparati e limitare
di molto le loro capacità di scelta.
In qualsiasi attività prima di fare è importante capire, quindi gli Istruttori devono
insegnare la pallacanestro senza separare il gioco dal gesto e così facendo
utilizzeranno l’intelligenza motrice, la creatività e la fantasia motoria dei loro ragazzi.
Vincere o costruire per il futuro?
Molti Istruttori pensano solo a vincere! L’Istruttore che ha un “piccolo campione”
nella propria squadra, spesso lo esalta, lo fa giocare “clear out” (quattro giocatori
fermi in una parte del campo e 1 c 1 dall’altra per il giocatore più bravo),
considerando poco gli altri giocatori. Per non parlare poi della “difesa a zona” per
vincere, del “pressing” a tutto campo nonostante la squadra sia avanti di 40 punti
nel punteggio per “stravincere”, per non parlare dei blocchi, etc.
Sarebbe meglio che a 12‐13-14 anni non ci fossero specializzazioni di ruoli, in quanto
tutti dovrebbero essere in grado di giocare in tutte le posizioni (di fronte al canestro)
e assumersi le proprie responsabilità. Non si deve assolutamente pensare che
aumentando il numero e l’intensità degli allenamenti, si ottengano in breve tempo
risultati migliori, poiché se a volte ciò si verifica, a volte i risultati sono l’abbandono e
i contrasti tra i giovani giocatori e l’Istruttore.
Con calma e buon senso, ogni Istruttore, in relazione al materiale umano a
disposizione, alla sua esperienza e preparazione, cercherà di utilizzare i mezzi e i
metodi più opportuni per cercare di migliorare la capacità di prestazione individuale
e collettiva, con il suo “stile personale” di lavoro.
Occorre pazienza e preparare per dopo, senza pensare di ottenere subito dei
risultati dimenticandosi delle fasi dell’apprendimento e delle leggi
dell’accrescimento. La pubertà è il periodo degli affaticamenti inspiegabili, spesso
tradotti dall’Istruttore (incompetente) in scarsa volontà o fiacchezza, con giudizi
pesanti e punizioni.
La specializzazione precoce e la tecnicizzazione esasperata, che hanno caratterizzato
i tempi recenti, hanno fatto crescere le competizioni esasperate, molti ragazzi,
purtroppo, sono addestrati a vincere subito e chi rimane indietro è messo da parte
(“drop out”, selezioni precoci, etc.).
Gli ingredienti: lavorare bene e “preparare” per dopo: questo è l’iter da seguire!
La personalità dell’Istruttore
Un aspetto forse un poco trascurato, è invece quello della personalità degli Istruttori
a livello giovanile. L’esperienza ci insegna che le caratteristiche di personalità sono di
primaria importanza nella valutazione su chi è preposto all’allenamento dei
giocatori.
Un Istruttore positivo è colui che ha fiducia in se stesso, possiede una mentalità
elastica, è intelligente e disponibile verso gli altri, è un leader, possiede un buon
livello culturale, conosce bene se stesso, sa comunicare bene, è “curioso” verso il
nuovo, non trasmette ansia e stress, sa gestire bene i rapporti interpersonali.
Un bravo Istruttore, per comunicare con la squadra e con i singoli giocatori, deve
essere una persona sicura delle proprie possibilità, convinta delle proprie idee e
capace di metterle in discussione, senza mai farsi prendere dal panico e dall’ansia.
L’autocoscienza (capacità di conoscere chi è realmente, che cosa vuole ottenere) e
l’autostima (avere fiducia nelle proprie possibilità, conoscere quali sono i propri
limiti, possedere equilibrio, indicare agli altri la strada giusta da percorrere per poter
ottenere dei risultati), sono due elementi di personalità che determinano la
possibilità o meno di essere un buon Istruttore a livello giovanile. Se non c’è
autostima ci saranno mille paure, troppi dubbi, che prima o poi genereranno ansia,
stress e difficoltà nella gestione della squadra.
CONCLUSIONI
In passato l’attività sportiva era caratterizzata da valori, quali l’essenzialità, la lealtà,
l’agonismo, il rispetto delle regole e dell’avversario, l’accettazione e la gestione dello
sforzo fisico e mentale, valori che oggi appaiono soppiantati dalla ricerca del
successo ad ogni costo e dalla sovrapposizione dell’immagine che ne deriva.
La sicurezza nei propri mezzi è quella virtù che permette l’elasticità mentale, che è
da ritenersi un attributo fondamentale per la personalità dell’Istruttore. Più un
Istruttore sarà insicuro e più si arroccherà su una filosofia sportiva rigida, diventando
incapace di modellarla, in funzione del materiale umano a disposizione. Se un
Istruttore sarà sicuro di se stesso, conquisterà la fiducia dei suoi giovani giocatori e
quindi, il gruppo accetterà di farsi guidare senza paure, ansie o stress. Troppo spesso
molti Istruttori, guidando una squadra, tendono a porsi nei confronti dei giocatori
con un atteggiamento autoritario (rifiuto della squadra a seguirlo), invece sarebbe
molto meglio adottare lo stile della “leadership”.
L’Istruttore a livello giovanile deve possedere la capacità di cogliere il mondo
interiore delle persone nei suoi significati più intimi e personali come se fossero i
propri, senza dimenticare che in realtà non lo sono (empatia). Questa qualità può
essere accostata alla sensibilità, cioè alla capacità di percepire cosa una persona
prova e come si sente di fronte ad una situazione.
L’Istruttore empatico riuscirà a comprendere la sofferenza di chi sta in panchina, la
paura del giocatore ansioso e in questo modo il suo rapporto con i giocatori
diventerà più intenso e positivo.