Se anche il primissimo Napoli di Diego perse 3-1 a Verona, perché meravigliarsi del 3-0 subito dal Napoli di Mazzocchi, Rrahmani e Juan Jesus? D’accordo, quel Verona, allenato da mastro Bagnoli, avrebbe poi vinto lo scudetto. E questo difficilmente lo vincerà. I battesimi sono sempre infidi. Specialmente a mercato aperto. Non credo che la chiave sia stata il modulo, per indicativo che rimanga nel bene e nel male.
Penso, piuttosto, che siano state le dichiarazioni della vigilia. Zanetti: «Questi siamo, fuori le palle». Conte Dracula: «Questi non saremo, urge implementare la rosa». Da qualche parte ho letto proprio «implementare». Mancava Buongiorno, si è fatto male Kvara, da Osimhen a Lukaku centravanti cercasi. Però. L’Hellas mordeva, il Napoli no. Non gli sono mancate le occasioni (non molte, a essere sinceri): le ha sbagliate. Gli avversari, al contrario, ne hanno fatto tesoro. Squillo di Dailon Livramento, capoverdiano, e poi doppietta di Daniel Mosquera, colombiano, ex Atletico Bucaramanga, emerso come Venere dalle acque della panchina.
Il 3-4-2-1, ammesso che tale fosse, ha stappato le bollicine di qualche azione, sì, ma alla lunga si è perso nella selva degli avversari. Da un lato, martelli e randelli. Dall’altro, machete spuntati e bussole confuse (persino Lobotka). Uscito il georgiano, ci si è arrampicati sugli specchi di una manovra avara, facilmente leggibile dai Dawidowicz e dai Lazovic: ne cito due per celebrarne cento.
Nessun allarme, a patto che nessun dorma. Immagino che De Laurentiis si aspettasse qualcosina di meglio, se non proprio di più. Pure il sottoscritto. Il presidente conosceva l’allenatore, l’allenatore conosceva il presidente. Al diavolo, i salamelecchi: pane al pane. In fin dei Conte, non siamo che al 18 agosto, Napoli mio non ti conosco (ancora). Appunto.
ROBERTO BECCANTINI