Muore a Codogno, a seguito di un incidente stradale, Gianni Brera, da molti considerato colui che più di tutti ha influenzato il giornalismo sportivo italiano del XX secolo. Brera è stato il più giovane direttore de La Gazzetta dello Sport e anche l’inventore di neologismi sul mondo del calcio quali contropiede, goleador, cursore e libero. Colto, fantasioso, geniale, rinnova profondamente il linguaggio giornalistico diventando un maestro inimitabile.
Nato a San Zenone al Po in provincia di Pavia, il 19 settembre 1919, gioca a calcio nelle giovanili del Milan come centromediano, ma a 18 anni decide di dedicarsi anima e corpo al giornalismo. Scrive i primi articoli per il Popolo di Pavia e poi nel 1939 inizia a collaborare con il Guerin Sportivo commentando le partite di calcio di Serie C. Dopo il servizio militare nei paracadutisti e la laurea con una tesi su Tommaso Moro, si trasferisce a Roma quale caporedattore della “Folgore”, rivista di paracadutismo. Alla fine della guerra entra nella redazione de La Gazzetta dello Sport come responsabile della rubrica di atletica. Nel 1948 è inviato alle Olimpiadi di Londra e nel 1949 è corrispondente da Parigi. Nel 1950 è nominato condirettore della rosea, che lascia all’improvviso nel 1954 per divergenze con gli editori.
Successivamente viene chiamato da Il Giorno seguendo, oltre al calcio, anche il grande ciclismo al Giro e al Tour. Nel 1976 torna in Gazzetta come editorialista, poi a Il Giornale di Montanelli e nel 1982 Eugenio Scalfari lo vuole a Repubblica.
Ma il destino gli sbatte la porta in faccia. Un destino che lo ha legato per sempre a soprannomi celebri, dati ai più grandi calciatori italiani: el Piscinin per Franco Baresi, Bonimba per Roberto Boninsegna, Puliciclone per Paolo Pulici, Rombo di Tuono per Gigi Riva, l’Abatino per Gianni Rivera, il Barone per Franco Causio.
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