Muore a Rio de Janeiro, a soli 49 anni e in condizioni di povertà estrema, Munuel Francisco Dos Santos, per tutti semplicemente Garrincha.
Nell’ipotetica formazione delle meraviglie, quella con i più grandi giocatori di ogni epoca, non può certo mancare la figura quasi mitologica di Garrincha, considerato ancora oggi come la più grande ala destra della storia del calcio.
Nato a Pau Grande, in Brasile, il 28 ottobre 1933, Garrincha è stato una miniera inesauribile di invenzioni, di dribbling con movimenti che lo rendevano irresistibile e di gol impossibili. Ad accrescere la fama e l’affetto che ancora oggi circondano la sua figura, la nascita povera, la poliomelite sofferta in tenera età e un’operazione che gli lascerà per sempre una gamba più corta dell’altra. Il soprannome Garrincha poi, assegnatogli dai tifosi brasiliani, non è altro che il nome di un piccolo uccello tropicale dalle zampe sottili e dalla testa sproporzionata rispetto al corpo.
Nella sua epoca Garrincha è stato popolare persino più di Pelè formando con “O Rey” l’ossatura d’attacco del Brasile bicampione del mondo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta.
Nel 1958 in Svezia è la spalla perfetta di Pelè. Quattro anni dopo in Cile, quando Pelè finisce fuori per infortunio, Garrincha prende su di sè tutto il peso della squadra trascinandola, con i suoi dribbling ubriacanti e irriverenti, al secondo titolo mondiale. Dopo l’apoteosi del 1962, in cui viene eletto miglior giocatore del torneo, partecipa anche ai Mondiali d’Inghilterra andando incontro all’unica sconfitta (nel match vinto 3-1 dall’Ungheria) nelle 60 partite giocate (11 gol segnati) con la maglia verdeoro.
Fuori dal campo la sua vita è tristissima; preda dell’alcolismo, finisce di vivere in condizioni di indigenza e degrado, colpito prima da cirrosi epatica e poi da un edema polmonare.