Lo schermo del mio cellulare si illumina, è una notifica di WhatsApp. “Sabatino Durante ti ha inviato una foto”. Si tratta di un ritaglio di giornale, un articolo pubblicato sul Corriere dell’Umbria sabato 19 settembre 2009, per la precisione.
“Sepulveda e il suo amore per il calcio. Perugia, Cena fra amici con l’allenatore del Siena Giampaolo e il procuratore UEFA Sabatino Durante”.
La prima cosa che mi viene in mente è che sono passati più di dieci anni da quella serata, ma dalle parole di Durante mi accorgo che il ricordo di Luis Sepulveda, scomparso lo scorso 16 aprile a causa del coronavirus, è perfettamente integro in lui. Sarà stata la passione condivisa per il calcio, o il richiamo del Sudamerica, dove il procuratore trascorre circa sei mesi all’anno (anche se nel suo cuore c’è Perugia, a cui è legato per storia, tradizione e cultura). Tuttavia, resta il fatto che un appuntamento con la storia non lo dimentichi, anche se si è trattato di poche ore, giusto il tempo di una cena fra amici.
Come si finisce allo stesso tavolo di Luis Sepulveda?
“Si è trattato di un incontro casuale ma molto piacevole e anche curioso. Quella sera aspettavo Milan Rapaic, uno dei grandi idoli della storia del Perugia, che ho gestito. Avevamo appuntamento per cena al ristorante “La Taverna”, la loro specialità sono le caramelle, una specie di pasta ripiena che somiglia ai ravioli, Milan le adora! Per strada incontro Marco Giampaolo, che al tempo allenava il Siena. Lo guardai e gli dissi: “Che ci fai qui?”. Lui mi rispose: “Ho un appuntamento con Sepulveda”.
E che ci faceva Sepulveda a Perugia?
“Si trovava a Perugia perché aveva partecipato ad un pomeriggio letterario all’Università per Stranieri. Giampaolo è una persona molto sensibile, amante dell’arte e della poesia e aveva fissato questo appuntamento alla Taverna, proprio dove eravamo diretti io e Rapaic, che Giampaolo mi confessò essere uno dei suoi idoli”.
Come andò la serata?
“Milan e Marco cominciarono a parlare di calcio, si assentarono per chiamare Galeone e Allegri e mi lasciarono solo al tavolo con Sepulveda per parecchio tempo, tant’è che cominciammo a chiederci che fine avessero fatto. Ad un certo punto Luis mi guardò e disse: “Che vuoi farci, è la forza del calcio!”.
Di cosa parlaste?
“Parlammo per più di un’ora, principalmente di calcio. Sapevo di potermi difendere bene su quell’argomento. Mi raccontò che da piccolo sognava di diventare un calciatore, diceva di essere un trequartista, una specie di numero 10. Poi smise di giocare perché si innamorò di una ragazza appassionata di poesia”.
In un’intervista, infatti, lo scrittore cileno appena scomparso, dichiarò: “Non so se la letteratura ci abbia guadagnato qualcosa con me, ma sono sicuro che il calcio cileno ha perso un attaccante fantastico”. Era molto appassionato del ruolo…
“Ed era anche profondamente affascinato da Maradona, quando ne parlava gli brillavano gli occhi, forse perché condividevano le stesse idee politiche”
Però preferiva le squadre piccole, non riusciva a tifare per i vincenti…
“Era per le squadre piccole e per la difesa dei piccoli e degli ultimi in generale. Quella sera discutemmo di come la provincia fosse un posto ideale dove vivere, e di come la Perugia dei Servadio, degli spagnoli e del Perugia dei miracoli riuscì a conquistare il mondo. Se non diventa una gabbia, la provincia può essere una leva per fare grandi cose, diventando un marchio di qualità. Il provincialismo, al contrario, costituisce un grande limite. “La rivoluzione vera è questa!”, commentò a riguardo Sepulveda”.
Lo appassionavano altri sport?
“Per anni io ho lavorato con Giovanni Parisi e Gianfranco Rosi, quindi abbiamo parlato anche di pugilato. Era appassionato della scuola cubana e gli domandai chi avrebbe vinto in un ipotetico match fra Teófilo Stevenson e Cassius Clay. Lui sorrise e mi rispose: “Beh, non si è fatto… Però sarebbe stato un bel match”.
Qual è la cosa che l’ha impressionata maggiormente di quell’incontro così particolare?
“Sepulveda era una persona di una gentilezza e di una cortesia incredibile. Aveva una calma olimpica. Parlava con una voce bassa ma si sentiva benissimo ciò che diceva. Era chiaro e appassionato. Quando ti raccontava qualcosa si vedeva che lo faceva col cuore”.
Avete continuato a sentirvi dopo quella cena?
“Si è trattata di una di quelle serate che nascono e finiscono allo stesso modo, per caso. Non ci siamo più visti o sentiti. né gli chiesi il numero di telefono perché mi sembrava irriverente. Resta un bellissimo ricordo. Indimenticabile”.