Il caso di Anucha Tasako, deceduto due giorni dopo un combattimento, apre il dibattito nella Thailandia del kickboxing
Kickboxing sotto accusa. La morte di un tredicenne thailandese, Anucha Tasako, sconfitto in un incontro di quest’arte marziale molto diffusa in Thailandia accende i riflettori su una piaga della società di quel paese asiatico.
Stando a quanto riportato dall’agenzia “AP”, Anucha ha disputato il suo 174esimo incontro lo scorso 10 novembre, giorno in cui quattro pugni ben assestati al capo gli hanno causato una emorragia cerebrale. I filmati dell’ultimo combattimento del piccolo campione – deceduto due giorni dopo – sono stati pubblicati online dai media tailandesi, e mostrano il giovane inciampare brevemente sul pavimento prima che l’arbitro interrompesse e consentisse, po, clamorosamente e colpevolmente, di riprendere nuovamente il combattimento.
La morte del ragazzo, impegnato in questo duro sport da combattimento sin da quando aveva appena 8 anni, ha aperto un dibattito significativo in Thailandia che potrebbe finalmente condurre a cambiamenti mirati alla tutela dei giovani coinvolti nella kickboxing. I legislatori thailandesi hanno infatti suggerito di escludere i bambini di età inferiore ai 12 anni dal pugilato competitivo, tuttavia gli appassionati di boxe si oppongono fortemente alla rivoluzione. E con loro le famiglie dei bambini.
La motivazione risiede nel fatto che questo sport, oltre ad essere parte della cultura thailandese, offre alle famiglie povere l’opportunità di crescere un potenziale campione che possa garantire sostegno economico per tutti i suoi cari. Anucha, cresciuto dai nonni in condizioni precarie dopo il divorzio dei genitori, poteva infatti guadagnare dai 10.000 ai 40.000 baht (da $300 a $1.200) per ogni combattimento vinto.
“Il background economico di ogni famiglia è diverso. Le persone con denaro mandano i loro figli a giocare a golf, a tennis, a nuotare… Ma i poveri non possono farlo. Possiamo solo fare la boxe. Questa è la nostra opzione”, ha dichiarato lo zio di Anucha.
Anche Sukrit Parekrithawet, l’avvocato che rappresenta diversi campi del pugilato, ha affermato che la legislazione recentemente proposta per regolamentare lo sport è stata concepita da estranei che non la capiscono. Alla base della sua tesi, il successo dell’ex pugile thailandese medaglia d’oro olimpica Somluck Kamsing, il quale ha iniziato a combattere alla tenera età di 7 anni.
Arianna Nardi
*fonte Ap News – The Associated Press