Nasce a Grobbendonk in Belgio, Rik Van Looy, considerato ancora oggi uno tra i più potenti velocisti della storia del ciclismo. Ma la sola lettura del suo palmarès dimostra quando la definizione di velocista possa risultare addirittura riduttiva per un campione del suo calibro, dominatore assoluto delle corse di un giorno. Van Looy ha vinto una Milano-Sanremo, 2 Giri delle Fiandre, 3 Gand-Wevelgem, 3 Parigi-Roubaix, una Freccia Vallone, una Liegi-Bastogne-Liegi, 2 Parigi-Tours, un Giro di Lombardia e 2 Mondiali. Eddy Merckx in questo gli è inferiore perché non ha mai vinto la Parigi-Tours.
Tra tutte queste corse spiccano due vittorie al Campionato del Mondo: nel 1960, in Germania, batte allo sprint André Darrigade e Pino Cerami; mentre nel 1961 a Berna, ad arrendersi al suo scatto irresistibile, sono il nostro Nino Defilippis e il francese Raymund Poulidor.
Nel 1962 non può difendere il titolo a causa di un infortunio e nel 1963 viene tradito dal connazionale Benoni Beheyt che lui stesso ha voluto in squadra e che lo brucia allo sprint, togliendogli la gioia della terza maglia iridata che invece avrebbe meritato.
La parabola discendente dell’Imperatore di Herentals comincia praticamente dalla Débâcle di Renaix e dal tradimento di Beheyt, anche se negli anni a seguire riuscirà ancora a vincere una Parigi-Tours e una Freccia Vallone. Le lacune in salita e a cronometro gli precludono qualsiasi risultato di valore nelle grandi corse a tappe, nelle quali deve per forza limitarsi a qualche vittoria di tappa: 7 al Tour, 12 al Giro e 18 alla Vuelta. Al Giro d’Italia vince paradossalmente anche il GP della Montagna del 1960, ma solo grazie a una formula di attribuzione punti decisamente sbagliata. Si ritira nel 1970, dopo 17 anni di professionismo con un bilancio di 371 successi che ne fanno il secondo più vincente dello storia dopo il cannibale Eddy Merckx.