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Riccardo Piatti è sempre stato all’avanguardia. Fin da quando lavorava come tecnico al centro Fit di Riano Flaminio ma non si accontentava di occuparsi di una classe, voleva accompagnare nel cammino i ragazzi che aveva seguito dal primo vagito. E così, quando la Federazione gli propose di seguire soltanto il più promettente dei ragazzi del ‘90, Renzo Furlan, lui mise su una struttura privata innovativa alle Pleiadi di Moncalieri, portandosi dietro anche i meno quotati Cristiano Caratti, Federico Mordegan e Christian Brandi, per tirar fuori loro il meglio che potesse. Lì conobbe e accolse anche un gruppo di giovanissimi profughi bosniaci, fra i quali spiccava un lungaggine dal gran servizio, Ivan Ljubicic, che adottò come un figlio, fino a portarlo addirittura al numero 3 della classifica dei tennista professionisti. “E dietro Federer e Nadal!”, si lascia sfuggire, orgoglioso. Al circolo della periferia di Torino, allevò anche Omar Camporese, avvalendosi di tecnici e preparatori atletici che poi sono approdati alla Fit, come il professor Pino Carnovale e il tecnico argentino Eduardo Infantino.
Ogni volta che è spuntata fuori una novità, nel tempo, c’è sempre stato dietro Riccardo. Dalle video analisi di Danilo Pizzorno al super preparatore atletico Dalibor Sirola, al chiropratico Alfio Caronti. Tutti super specialisti che sono rimasti nell’ambito del tecnico comasco, e che ci sono tuttora in questa sua nuova avventura, la Riccardo Piatti Tennis Accademy che ha appena messo su con l’ausilio dei fedelissimi Massimo Sartori e Cristian Brandi. Non a caso nella culla del tennis in Italia, nella cittadina dove sorge il Bordighera Lawn Tennis Club 1878, il primo a ricevere e montare la famosa cassa del Maggiore Wingfield con il gioco che era nato appena l’anno prima a Wimbledon. Nel cuore della riviera ligure, l’oasi del tennis invernale che oggi è nordamericano o indoor.
Tre chilometri più su, Riccardo ha messo una struttura all’avanguardia con quattro campi in cemento, due coperti e due no, e altri due in terra che nasceranno, più palestra, spogliatoi. I campi al coperto sono dotati di una macchietta magica, una specie di moviola, Playsight, “made in Israele” che, grazie a dieci telecamere, ad un software e all’elaborazione di Pizzorno, consente l’analisi nei dettagli di tutti i movimenti degli atleti in allenamento, da tre diverse angolazioni. Non solo in presa diretta, un attimo dopo l’azione, già sul campo, ma anche più tardi, rivedendo la registrazione e studiandola, da soli o col coach.
La vicinanza con Montecarlo, dove anche Piatti, Ljubicic e Djpkovic hanno la residenza, ha portato all’Accedemia non solo Nole ed i suoi allenatori Agassi e Stepanek, ma anche Wawrinka, Berdych, Dimitrov e il 21enne croato Borna Coric. Che, su suggerimento del manager Ljubicic, dopo aver testato le strutture e le conoscenze di Riccardo, gli ha chiesto di diventare il suo allenatore.
Quello che è affascinante, al di là della tecnologia e della validità della struttura, che sorge accanto a un ristorante, gemellato, è la coinvolgente passione di Piatti in tutte le fasi del progetto. “Il tennis è uno sport molto tecnico, ed è fondamentale potersi rivedere continuamente, per verificare e correggere gli errori, e per valutare i miglioramenti”. E’ presente anche qualche giovane tennista italiano, come Stefano Napolitano (che è seguito più direttamente da Brandi), ma gli aspiranti stregoni sono per lo più stranieri, e la lingua comune è l’inglese, perché tante sono le nazionalità che s’incrociano nel nome del tennis. A cominciare dai giovanissimi talenti che si affacciano a casa Piatti. C’è anche Tyra Grant, neo campionessa del Lemon Bowl under 10, figlia dell’ex cestista statunitense Tyrone Grant. Fisico ed attitudine incredibili.
VINCENZO MARTUCCI