Alzi la mano chi davvero si sorprende del k.o. d’acchito di Naomi Osaka nel primo torneo da numero 1 del mondo, a Dubai, dopo il secondo Slam consecutivo. Forse l’unica sorpresa sta nel nome di chi l’ha eliminata, Kristina Mladenovic, la wonder-woman francese scomparsa dai radar di singolare dopo la litigata con l’amica del cuore Garcia e l’amore con il collega Thiem. In realtà, la nuova star del tennis donne non è forte come vuol far sembrare. Dentro, è un vulcano in continua ebollizione, insofferente ai propri errori e ai troppi impegni, pressata da mille ambizioni proprie e del suo Giappone (dal quale si sente esclusa come hafu, perché ha la pelle nera del papà haitiano, e perché non parla bene la lingua madre), sollecitata da una miriade di paragoni e di obiettivi storici, oltre che dagli investimenti degli sponsor. Così, s’è ribellata. E ci sta, a 21 anni. Peccato che abbia individuato l’oppressore proprio nel coach amico, Sascha Bajin, col sorriso perenne e i modi gentili, la battuta sempre pronta, come l’ultimo ristorante, l’ultima novità da raccontare. L’ex sparring partner di Serena Williams che ha fatto l’upgrade fino ad allenatore capo. E abbia tagliato il cordone ombelicale, dichiarando ufficialmente che sceglieva la libertà, la gioia di vivere, la spensieratezza. Salvo poi inabissarsi alla prima nuotata da sola come un cucciolo di pinguino.
Il problema è che i rapporti coach-allieva sono particolarmente delicati: funzionano se sono molto saldi, insistiti e continui, ma così si logorano anche più in fretta, insieme ai presupposti stessi dell’equilibrio che fa da collante. Perché la fiducia in uno sport come il tennis va verificata a ogni “15”, e la motivazione per i tanti sforzi da sostenere continuamente, fisici, tecnici e mentali, va riaffermata ogni giorno. Infatti questi anomali “matrimoni” d’interesse sono destinati ad estinguersi in due-tre anni, bruciando per strada milioni di parole e di ore insieme, fra trasferimenti, attese, allenamenti e partite. Ecco quindi che la separazione Osaka-Banjin segue in scia quella fra Simona Halep e Darren Cahill e di Angelique Kerber con Wim Fissette. E, come i precedenti, ha bisogno di un po’ di tempo, e quindi di sconfitte, per guarire. Sempre all’indomani di un trionfo Slam, sempre al culmine di un lungo e duro lavoro insieme, sempre dopo gli ultimi trionfi Slam. Stessa storia dopo quelli più inattesi del 2017, di Jelena Ostapenko al Roland Garros e di Sloane Stephens agli Us Open. Con l’allenatore che scommette: “Bambina, ce la farai mai a camminare da sola, senza di me che ti ho insegnato e ti aiuto tanto?”.
Per tutti vale il discorso ad alta voce di Simona Halep: “Sono fiduciosa di poter fare bene sul campo perché in questi anni ho imparato a gestirmi e so cosa è meglio per me e il mio gioco. Dopo l’esperienza con Cahill, ho bisogno di rallentare e non voglio impegnarmi con nessuno. Nel momento in cui scegli un allenatore devi impegnarti al massimo e io in questo momento non posso farlo. La mia vita non è più fatta soltanto di tennis, voglio essere felice e godermi anche altre cose”. Salvo riprovarci subito, con Thierry van Cleemput, ma liquidarlo immediatamente: a Doha è arrivata in finale ma è crollata quand’era avanti 63 2-0 contro la Mertens.
La neo numero 1 del mondo come commenta la sconfitta condita dall’appena 45% di prime di servizio e il 19% di riuscite sulla seconda? “Ultimamente non ho sentito la palla particolarmente bene in allenamento, speravo di ritrovare il ritmo con l’andare dei match, come altre volte, ma non è successo. Non voglio dire che non mi sono allenata abbastanza, né posso essere così lontana da quella che ha vinto gli Australian Open appena un mese fa, ho soltanto perso un match, non significa che non vincerò più per il resto dell’anno, non direi che sono preoccupata, sono abbastanza giovane e so che ho molto da imparare”. Gestirla non è facile: “Sono famosa per essere piuttosto dura con me stessa, prima degli Us Open, ho perso tre partite di fila e pensavo: “Wow, riuscirò mai a fare qualcosa nella vita?”. E anche prima degli Australian Open ho perso a Brisbane… “.
E’ un bel modo per farsi coraggio in vista di Indian Wells dove difende per la prima volta un titolo Wta, e dove le rivali più forti la stanno aspettando col coltello fra i denti. “Devo prendere un match alla volta, ho imparato che si impara più delle sconfitte che dalle vittorie, anche se quest’anno non andasse bene, devo guardare alle cose positive che ho fatto finora”. Sembrano le parole di coach Bajin!
*articolo ripreso da federtennis.it