È veloce di braccia, ha un ottimo bilanciamento del corpo, appoggi sicuri, porta con abilità il sinistro in jab, gancio e montante, il diretto destro lascia il segno. Ha tenuta atletica e personalità.
Il suo è un pugilato armonioso, senza sbavature tecniche. Il gesto non è mai involgarito da errori banali. Ha ritmo, buona difesa e discreta solidità dei colpi (forse è proprio qui che si nasconde quel poco ancora da migliorare).
Un fenomeno assoluto della boxe moderna.
Non sono un fan della boxe femminile. Continuo a pensare che la qualità media non sia esaltante, che si arrivi troppo facilmente a una medaglia olimpica o a un mondiale professionisti. Ma all’interno di questo universo si muovono campionesse che a livello di qualità e talento possono competere senza timore con i migliori colleghi maschi.
Se uno dei tanti ragazzi che salgono sul ring avesse il suo curriculum, oggi avrebbe un posto in prima fila nella considerazione degli appassionati di boxe sparsi in ogni angolo del mondo.
E invece, parafrasando la denominazione di alcune società commerciali, è una campionessa a responsabilità limitata. Stretta nei confini di alcuni Paesi, non sempre esaltata nella stesura dei programmi dei grandi eventi, poco conosciuta in larga parte del mondo.
Quando vogliono farle un complimento, dicono: “Brava, combatti come un uomo.”
E che razza di complimento sarebbe?
Fossi in lei, risponderei: “Ehi bambino, lo sai che tu non saprai mai combattere come una donna?”
Oro agli europei dilettanti del 2005, 2006, 2007, 2009, 2011, 2014.
Sto chiaramente parlando di Katie Taylor: nata a Bray, nella Contea di Wiclow, a sud di Dublino, il 27 ottobre del 1986.
Aveva scelto il calcio. Giocava così bene da diventare capitano della nazionale irlandese. Ha partecipato alle qualificazioni europee del 2009, dove ha segnato due gol: quello vincente contro l’Ungheria e l’unico nella sconfitta per 1-4 contro l’Italia. Poi il papà, ex campione irlandese dei mediomassimi, ha cominciato a spingerla verso il pugilato. La lotta più drammatica l’ha dovuta sostenere in casa. La mamma era decisamente contraria all’idea che Katie facesse della boxe la sua attività principale.
La ragazza è rimasta a lungo indecisa.
Dopo il calcio, ha provato anche con il Gaelic Football. Poi ha preso il coraggio e ha detto alla mamma che sarebbe diventata pugile e avrebbe vinto l’oro ai Giochi.
Più facile mantenere la prima parte della promessa che la seconda. Anche perché la boxe non era ancora entrata nel programma olimpico.
A quindici anni ha esordito sul suolo irlandese. Ha battuto Alanna Audley, un anno più grande di lei, allo stadio nazionale di Dublino.
Peter, il papà, era orgoglioso della piccola.
Bridget, la mamma, cominciava ad abituarsi all’idea.
Sconfitta sulle scelte sportive, la signora aveva la meglio su quelle religiose. Di fede cristiana, insegnava alla figlia a leggere la Bibbia e a prendere ispirazione da essa. Katie le dava retta e per lungo tempo prima di ogni sfida importante ascoltava canzoni religiose dal suo iPod.
Risolto l’aspetto religioso, restavano problemi meno elevati dal punto di vista spirituale, ma decisamente importanti nella vita quotidiana.
La possibilità di poter utilizzare un bagno, ad esempio.
Allenarsi al “Bray Boxing Club” non era semplice. Mancava l’acqua, non c’era neppure una toilette. Per quello bisognava rivolgersi al vicino Harbour Bar. Anche quando faceva freddo, la pioggia veniva giù senza pietà e sentivi gelare le ossa.
Il locale delle meditazioni faceva la sua comparsa in palestra solo pochi anni fa. Peter riceveva donazioni per ventiquattromila sterline per ristrutturare l’impianto. Ne mancavano ancora settemila per completare la cifra prevista dal preventivo. Quei soldi li metteva Paddy Mallow, un uomo d’affari. Finalmente la toilette dell’Harbour Bar aveva turni meno intensi.
Soddisfazioni sportive la Taylor ne ha avute tante. Ma è stato lontano dal ring che ha vissuto una giornata che non dimenticherà mai.
Nel 2009 è stata ricevuta, proprio nel giorno di San Patrizio, alla Casa Bianca da Michelle e Barack Obama.
Oro mondiale dilettanti nel 2006, 2007, 2009, 2011, 2014
Mi sembra che col personaggio siamo a posto.
Sento arrivare da lontano l’obiezione degli affamati di sangue, sesso e rock and roll. Quelli che vivono in cerca di una tragedia di cui sparlare.
Sono le 7:00 del mattino di un martedì di inizio giugno 2018.
Pete Taylor ha appena aperto la palestra e messo su la musica a tutto volume, una ventina di clienti già riempiono il Bray Boxing Club. Qualcuno lavora agli attrezzi, altri fanno esercizi per sciogliere i muscoli.
Una Silver Caddy Volkswagen con targa dell’Irlanda del Nord parcheggia davanti all’edificio. Proprio accanto alla Mustang di Pete e a un’Audi che ha la targa coperta da una borsa di cuoio.
Un uomo scende lentamente dalla Volkswagen. Prima di entrare tira su il cappuccio della tuta, lo cala fino a coprire la fronte. Prende una pistola dalla tasca del giubbotto, giallo dicono alcuni testimoni, bussa alla porta.
Gli apre Bobby Messett, padre e nonno di cinquant’anni. Ha la sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Il killer spara e lo uccide.
Spara altri quattro colpi in sequenza, tre dei quali feriscono gravemente alle gambe Ian Britton, di 35 anni.
Un pompiere, che era lì per mettersi in forma nel giorno di riposo, cerca di scappare. Viene centrato di striscio alla testa. Cade sul pavimento, le sue condizioni non sono gravi.
L’assassino punta decisamente verso Pete Taylor, 57 anni. Spara. Il proiettile centra il braccio, passa il muscolo e finisce nel petto. L’uomo crolla a terra. È ferito anche lui. Non versa in pericolo di vita, ma i colpi hanno provocato danni seri. I medici lo ricovereranno d’urgenza nell’ospedale di St Vincent dove verrà operato.
Il killer misterioso esce lentamente dalla palestra, sale sull’auto e fugge in direzione del centro di Bray. La macchina verrà ritrovata in Pigeon House Road, a Dublino. Testimoni oculari dicono di avere visto scendere da quell’auto un uomo che poi sarebbe scappato in bicicletta.
Da quel momento si perdono le sue tracce.
La polizia indaga.
Katie viene svegliata nel cuore della notte. Vive negli Stati Uniti.
È una stella del pugilato femminile mondiale.
È sui giornali britannici, statunitensi, francesi, australiani; i suoi match vengono trasmessi in diretta televisiva, folle di appassionati la applaudono nei Palasport di tutto il mondo.
Oro ai Giochi Olimpici di Londra 2012.
Da professionista: 13-0 (6 ko). Campione del mondo Wba, Wbo, Ibf dei leggeri.
Vemerdì 15 marzo, a Filadelfia, ha sconfitto per kot 9 Rose Violante (14-0, 8 ko, prima della sfida) e si è presa il titolo Wbo. Adesso si gode la sua dimensione di stella internazionale e punta ai prossimi obiettivi che sono, nell’ordine: prendersi anche la quarta corona battendo la campionessa Wbc in carica, la belga Delfine Persoon (43-1, 18 ko); quindi sfidare Amanda Serrano e Cecilia Braekhus per diventare la migliore pound for pound del pianeta.
E gli uomini? Sono sempre lì
a guardare il dito, senza mai
accorgersi della Luna.
*articolo ripreso da https://dartortorromeo.com