Diverso. In positivo. Stefanos Tsitsipas è sicuramente diverso dalla maggior parte dei colleghi, a cominciare dagli altri under 21 in corsa per le Next Gen Atp finale del 6-10 novembre alla Fiera di Rho (Milano). E’ diverso nell’aspetto, con quel naso importante, i capelli folti e lunghi da vacanza allo stato brado su una del spiagge della sua Grecia, barbetta, baffetti e pizzetto a incorniciare il viso e l’immancabile sorriso sardonico. E’ diverso nello stile. In campo, perché inventa sempre qualcosa per tirarsi fuori dai guai, vuoi con quel rovescio a una mano, vuoi con un guizzo e magari anche un tuffo a rete alla Bum Bum Becker. E fuori dal campo, come ad esempio l’anno scorso alle prime Next Gen Finals, mentre intervistava simpaticamente i colleghi per conto dell’Atp Tour, raccontando che aveva sognato di fare il giornalista e che amava tanto l’Italia, perché è una terra vicina per colori, cibo, gente, gusti e anche per tanti tornei di tennis che l’hanno accompagnato nella crescita. A 15 anni, ha giocato per il Ct Galatina (Lecce), aiutando la squadra a salire in A2, a 17 da noi ha vinto il trofeo Bonfiglio di Milano 2016 e il primo Challenger, a Genova nel 2017.
Non è diverso da tanti coetanei Vip, invece, nel ceppo russo, che gli viene da mamma Julia Apostoli, nata Salnikova, figlia di un calciatore dello Spartak Mosca, oro all’Olimpiade del ’56, e lei stessa tennista, numero 1 del mondo juniores e poi da pro 194 del mondo, per dedicarsi presto agli studi e incrociare, da giudice di linea al torneo di Atene, Apostolos Tsitsipas, che sposò. “Mi hanno messo la racchetta in mano a 3 anni, a 6 ho preso la prima lezione, a 9 mi sono svegliato di soprassalto nella notte, ho chiamato papà e gli ho annunciato che avevo deciso: “Nella vita voglio solo e soltanto diventare un tennista professionista, adoro la gara, adoro la sfida”. Papà, che insegnava educazione fisica e giocava un po’ a tennis, si è concentrato sulla mia tecnica, rovescio a una mano e anticipo, mamma sulla disciplina. Non direi che è stata dura, ho visto genitori davvero duri, lei pretendeva che dessi il meglio: “Devi essere convinto che fai quello che ami”. Sono convinto che la disciplina fa la differenza rispetto a tanti altri che avrebbero potuto far bene ma non si impegnavano abbastanza. Significa anche accettare di viaggiare continuamente per confrontarsi con gli altri e tornare a casa pochissimo, nella Grecia che pure adoro. E’ facile amare la Grecia. Abbiamo la lingua più bella e ricca che permette di esprimersi così bene. Abbiamo i paesaggi, il mare, le spiagge, la storia. Abbiamo gente amichevole in ogni posto del paese”.
Diverso. Tsitsipas è diverso dai colleghi già nell’essere così diretto, nella loquacità, nella capacità di farsi voler bene dal pubblico, nell’hashtag che ha aperto prestissimo sui social, #TsitsiFast. Diverso, come quando, sempre sorridendo, racconta: “Nel 2015, giocavo un Futures a Heraklion, in Grecia, insieme a un paio di amici, mi tuffai in mare, senza curarmi del fatto che era agitato. La corrente mi spinse prestissimo lontano dalla riva, non riuscivo a riguadagnare terra e stavo perdendo le forze, ho pensato davvero che sarei potuto morire. Fortuna che papà vide tutto, capì, si buttò in acqua, mi raggiunse, lottò per tenerci a galla contro le onde e la corrente, finché non raggiungemmo una roccia cui aggrapparci e metterci in salvo. Da lì, ho cambiato totalmente il mio modo di pensare, anche sul campo da tennis: niente mi fa paura, mi godo il momento fino in fondo, mi sento più forte di tutto”.
Diverso, Tsitsipas il greco è forse il vero erede della fantastica coppia Federer & Nadal. Col sangue di altri guerrieri greci del tennis, da Sampras a Philippoussis, a Kyrgios, a Kokkinakis, “Tsitsi” è stato numero 1 del mondo juniores, e ha vinto il doppio a Wimbledon 2016 ma, in parallelo, ha giocato i tornei di seconda categoria Atp, aggiudicandosi 11 titoli Futures (5 di singolare e 6 di doppio) e appoggiandosi spesso alla Patrick Mouratoglou Academy. L’anno scorso ha superato otto volte le qualificazioni entrando in tabellone anche a Wimbledon e Shanghai, e mettendosi in mostra per la estrema versatilità su tutte le superfici. Anche se la preferita resta l’erba. Ha superato Khachanov, ha superato soprattutto il primo top ten, Goffin, ed è entrato a 19 anni fra i primi 100 del mondo. Non abbastanza per qualificarsi fra i primi 7 under 21 delle NextGen Finals, cui ha diritto anche il miglior italiano di categoria.
Ma quando, a fine aprile, ha abbracciato la terra madre, quella rossa della sua Grecia dov’è cresciuto, al torneo di Barcellona ha cominciato a volare: ha battuto anche Thiem arrendendosi solo in finale e solo a Rafa Nadal, dall’Estoril è tornato con le semifinali e lo scalpo del terzo top ten, Anderson, da Wimbledon ha ricavato il miglior risultato in uno Slam col quarto turno (ko con Isner), e dalla campagna sul cemento americano è uscito con le semifinali a Washington e la prima finale Masters 1000, da più giovane che elimina peraltro uno dietro l’altro quattro top ten nello stesso torneo, Thiem (8), Djokovic (10), Zverev (3) e Anderson (6). Si è arreso sotto il traguardo solo a Nadal, ma regalandosi per il ventesimo compleanno il numero 15 nella classifica Atp Tour. Nella “Race to Milan” è il numero 2, dietro quel Sascha Zverev col quale l’anno scorso giocò l’esibizione che apriva le prime Next Gen Finals. Dodici mesi dopo, la sua vita è totalmente cambiata: adesso sono gli altri ad intervistare lui.
Vincenzo Martucci
(tratto da federtennis.it)