Più forte. Jannik Sinner era chiaramente più forte di Van de Zandschulp, di de Jong, di Baez e di Khachanov, che infatti ha battuto tutti in tre soli set. Lo dicono i numeri, dalla classifica ai testa a testa, dai risultati alla qualità dei colpi e del fisico. Ha rispettato il pronostico: ad appena 22 anni è già per la seconda volta nei quarti degli Australian Open, la sesta negli Slam, da consolidato 4 del mondo. E domani, all’incrocio contro il 5, Andrey Rublev, parte ancora da favorito, per il 4-2 nei precedenti e per molto di più. “Jannik sta vivendo un momento pazzesco, ha giocato un fine di stagione irreale, ha cominciato l’anno allo steso modo, l’ultima volta mi ha battuto… Pare proprio che sono nei guai!”, racconta lo stesso russo dopo la rimonta di 4 ore e mezza contro de Minaur. Preoccupato soprattutto dalle due incredibili leve del Profeta dai capelli rossi sceso dai monti dell’Alto Adige: forza mentale e risposta.
UN ROBOT
“Nel tennis, come nella Formula 1, la performance dipende più dal cervello che dai muscoli: rispondere per tre ore a un centimetro dalla linea, una volta che il corpo è allenato, è soprattutto una questione di testa. E raramente ho visto un ragazzo così determinato e maturo”, spiegava il medico dello sport di Viareggio, Riccardo Ceccarelli, ad Eurosport. Chissà quanto sarà soddisfatto davanti all’1/10 sulle palle break del povero Khachanov, malgrado Sinner a mezzo servizio, pressato a fondocampo dal potente russo, impegnato nel 6-4 7-5 6-3, equilibrato più che mai. “Pressure point? La collaborazione con il centro di mental coaching sta dando i suoi frutti”, ha commentato del resto l’italiano che il tennis aspettava da 40 anni, capace nei momenti topici di seguire al meglio il dogma: “Alleniamo i nostri atleti a diminuire il carico emotivo davanti all’errore, al rimpianto, al pensiero negativo, alla sconfitta”. Momenti in cui Jannik “non è umano, sembra un robot”, lamentava a Miami 2021 anima candida Bublik.
MORDERNITA’
“Sono felice che l’Italia si sia svegliata con me. Era da un po’ che affrontavo Khachanov, è un grandissimo giocatore, stavolta anche più aggressivo: abbiamo un tennis abbastanza simile, sembra quasi ping pong! Arriverò ai quarti con il sorriso”, racconta Sinner, secondo italiano era Open ai quarti Slam senza cedere un set dopo Corrado Barazzutti al Roland Garros 1980. “Ma io non penso ai record, faccio la mia storia personale. Sono contento di essere di nuovo nei quarti Slam: sembra abbastanza facile ma è difficile e sono contento di come ci arrivo. Sto provando a dare il massimo, in campo: è l’unica cosa che posso controllare, come il mio atteggiamento, poi la situazione è sempre diversa e mi devo aggiustare per trovare la soluzione”. Sorride, la sua arma paralizzante, la risposta, gli frutta ben 37 punti, stile Rafa Nadal, Andy Murray e Novak Djokovic. Davanti al plotone d’esecuzione di chi serve di là del net, secondo uno studio riportato dall’Equipe, il ribattitore ha 6 decimi di secondo per innescare il movimento prima che il proiettile che viaggia a 200 all’ora gli piombi addosso: deve vedere la palla, arrivarci, colpirla e colpirla piena. Biomeccanica, memoria corporea e immaginazione. Roba da Sinner. E da Djokovic che strapazza Mannarino per 6-0 6-0 6-3 e, dopo l’ostacolo Fritz, in semifinale, sogna la rivincita con Jannik.
Vincenzo Martucci (Tratto dal messaggero del 21 gennaio 2024)