Neanche James Wong, regista e sceneggiatore del primo e del terzo capitolo della popolare saga horror “Final Destination”, avrebbe potuto immaginare una scena simile. Alla seconda curva del velocissimo circuito cittadino di Gedda, Oscar Piastri, uno dei piloti più attesi in questo inizio di stagione, entra in rotta di collisione con l’Alpine di Pierre Gasly: un pezzo di ala schizza in aria e va a concludere la sua beffarda parabola discendente proprio contro la monoposto del compagno di scuderia Norris, che subito si rende conto di essere stato danneggiato dall’inopinato fuoco amico. Un autogol incredibile, che costringe entrambi i piloti a una sosta ai box da 30 secondi nelle fasi concitate e spesso decisive di avvio gara, e che, considerando la mancata entrata in pista della safety car, li ha precipitati nelle ultime posizioni. Piastri ha chiuso 15esimo e Norris 17esimo.
Tutta colpa degli influssi negativi degli astri stando alle parole di Andrea Stella, il team principal della scuderia britannica, che nonostante il cognome non fa certo l’astrologo di professione. Che la MCL60 non fosse una vettura competitiva a Woking, atelier nel Surrey, lo sapevano fin dalla sua presentazione tanto da mettere platealmente le mani avanti già durante l’odissea dei test prestagionali. L’innalzamento di 15 millimetri del fondo vettura imposto dal regolamento tecnico corrente ha comportato degli effetti pienamente compresi solo quando la vettura 2023 era in fase avanzata di progettazione, con McLaren obbligata a riprogettare la vettura fuori tempo massimo. Un tale ammoniva: “Se qualcosa può andare storto, lo farà – nel momento peggiore possibile”. “Affrontiamo queste circostanze senza fare drammi, non ci arrendiamo” – ha poi concluso l’ingegnere orvietano ai microfoni della stampa.
Una papaya quella di casa McLaren che sembra non raggiungere mai il giusto stadio di maturazione e che, anzi, potrebbe già essere marcia. Ad avvelenare tutti i frutti potrebbe pensarci il sommo disappunto di Lando Norris che ha sì firmato un contratto fino al 2025 con McLaren, ma che avrà voluto rassicurazioni in merito alla competitività della monoposto. Un fattore che potrebbe essere tanto distruttivo quanto l’agente arancio, tanto per restare nella stessa tonalità cromatica, della scena di apertura di “Apocalypse Now”.
“Non lasciare mai la barca, un principio a cui attenersi rigorosamente. A meno che non la si voglia lasciare per sempre” – diceva il capitano Benjamin L. Willar nel cult di Coppola. Da questa barca, ormai più simile ad una malconcia bagnarola, pare che tutti vogliano andarsene, dimenticando il più in fretta possibile di essere stati a bordo. L’ex pilota Lotus Karun Chandhok ha evidenziato in un’intervista all’inizio di marzo una cronica emorragia della scuderia di Woking di professionisti di alta caratura: su tutti Andreas Seidl, passato in Alfa Sauber, e il neoresponsabile tecnico di Alpine Pat Fry. Chandhok ha poi parlato di una Red Bull impegnata nella passata stagione a non perdere i propri tecnici in favore di Aston Martin e Alpine. Nessuno della scuderia austriaca, invece, avrebbe mai firmato per McLaren.
Otto campionati costruttori e dodici titoli piloti vinti con nomi del calibro di Fittipaldi, Hunt, Lauda, Prost, Senna, Hakkinen ed ultimo Lewis Hamilton. Un orologio fermo, però, da quindici anni. L’ultimo mondiale messo in bacheca è datato 2008 con la griffe di Hamilton. Da allora in avanti gli inglesi non sono mai stati in lotta per il mondiale. Neanche il ritorno al passato con Honda per la fornitura di power unit dal 2015 e il rientro, fortemente voluto da Ron Dennis, di Fernando Alonso sono serviti a scuotere dall’aurea mediocritas McLaren.
Un universo che pare impoverito e alla deriva, vittima dei marosi non solo della F1 ma, da questa stagione, anche della Formula E, dove ha rilevato le strutture della Mercedes. Senza dimenticare l’impegno in Formula Indy dal 2020 con il gruppo Arrow McLaren. Un turbinio di attività che può far perdere di vista l’obiettivo ad una squadra che non può più tollerare di frequentare i bassifondi della classifica e l’impegno richiesto da un campionato di 23 gare più 6 gare sprint non potrà che zavorrare la situazione. In McLaren sono, però, consci di dover onorare una storia che si tocca con mano entrando ogni mattina nella loro sede di Woking, dal 2020 tristemente in vendita. Un quartier generale dove fanno bella mostra vetture che hanno scritto pagine di storia del motorsport inglese. Pagine che rischiano di trasformarsi in uno sgualcito ricordo.