Ex campione e poi dt della nazionale di judo, oggi deputato 5 Stelle , componente della commissione della VII Commissione parlamentare Cultura, Istruzione e Sport, Felice Mariani è un politico nato dal popolo, vicinissimo alle problematiche dei giovani, del sociale, dello sport. E’ la prima medaglia olimpica del judo azzurro, col bronzo a Montreal 1976, è tre bronzi ai Mondiali, tre ori consecutivi agli Europei, è l’allenatore dell’oro olimpico di Maddaloni a Sydney 2000 e del primo, storico, oro olimpico del judo donne di Giulia Quintavalle nel 2008. Attualmente è Ambasciatore della Federazione Fijlkam per i rapporti con il Parlamento.
Come vive questi terribili momenti?
“In modo drammatico, come tutti. Faccio fatica a rendermi conto di come siamo costretti a vivere con queste limitazioni: forse sono stati fatti errori, ma è anche vero che questa situazione è assolutamente inedita e di portata straordinaria. Penso inoltre che possiamo sfruttarla per riflettere in profondità su noi stessi, sul rispetto delle regole che sostengono il vivere comune e ci aiuteranno a superare questa pandemia, sulla famiglia, sul nostro sistema di vita. Da politico, noto che c’è tanta incertezza, bisognerebbe essere più stabili nei giudizi”.
Un atleta sopporta meglio questa forzata quarantena.
“E’ più abituato alla disciplina, alle regole, agli orari, alla dieta, alla preparazione in funzione di un obiettivo, al rispetto della routine, alla costanza. Ma questa volta l’obiettivo non è programmabile e l’avversario non è concreto e visibile, è un virus subdolo e misterioso. E le cose non vanno veloci come in gara, è come la rieducazione dopo un infortunio”.
Com’è stato il passaggio da sportivo a politico?
“Casuale, una volta in pensione come atleta e allenatore delle Fiamme Gialle, mi sono interessato alla politica, poi Di Maio direttamente mi ha proposto fra i candidati e nel 2018 sono stato eletto come primo della lista con una percentuale di gradimento altissima de inaspettata. Mi piacciono tutte le sfide, questa in modo particolare, perché è sempre con se stessi, e io per migliorare devo studiare, capire, imparare a star lì, fra i tanti, e ho bisogno di tempo. Proprio come quando, da atleta, agli inizi, facevo le gare regionali… In politica sono ancora cintura arancione..”.
Ha organizzato il premio Fair play della politica!
“L’anno scorso, quando ho visto che c’erano parlamentari che si azzuffavano, che facevano delle vere e proprie risse, ho pensato di istituire una giuria coi direttori dei tre quotidiani sportivi, un deputato e un senatore di ciascun gruppo politico e il generale Gianni Gola, già mitico responsabile sportivo delle Fiamme Gialle. Premiamo il politico che si distingua per comportamento, bon ton, gentilezza: al Senato ha vinto il presidente Casellati e alla Camera Giusy Versace”.
Quali sono le differenze principali fra sport e politica?
“I tempi di un atleta sono ovviamente più rapidi, in politica devi tessere rapporti, incontrare e capire le persone. Io sono favorito dal fatto che la politica sportiva ha gli stessi schemi, con chi detiene il potere e chi lo vuole raggiungere”.
E’ giusta la rivoluzione di Sport e Salute?
“Era giusto promuovere, sostenere e incentivare lo sport di base. I 5 Stelle sono sempre stati favorevoli allo sport, quello di base, per tutti, come quello olimpico e professionistico. A livello di base, dobbiamo però crescere molto come cultura dello sport e come strutture”.
I 5 Stelle che si opposero alla candidatura dell’Olimpiade estiva di Roma hanno appoggiata la candidatura di quelle invernali di Milano-Cortina e delle Atp Finals di tennis a Torino.
“Evidentemente i tempi erano diversi, come testimonia il consenso popolare, così come differenti sono i presupposti di sostenibilità dei progetti. Oggi l’idea che i nuovi impianti debbano essere fruibili per la collettività e per tutti gli sport è un concetto condiviso da tutti. Ed è alla base dei due ambizioni progetti. In aula, martedì si è votato il Decreto Legge sull’Olimpiade di Milano-Cortina e tutte le forze politiche hanno chiesto grande trasparenza e controllo dei costi. L’Italia, col suo capitale unico di cultura e di bellezze naturali, ha un grande ed unico potenziale”.
Lo sport italiano è ancora molto maschilista?
“Io per primo mi sono dovuto ricredere sulle capacità e le possibilità delle atlete donne. Dopo l’Olimpiade di Los Angeles, quando smisi l’attività agonistica e diventai dt, presi il ruolo di responsabile tecnico delle donne un po’ come una ‘diminutio’. A livello generale, il judo femminile era considerato poco o niente ma, giorno dopo giorno, ho cambiato idea vedendo come le donne reagivano agli input, come erano più inclini dei maschi ad ascoltare, a mettere in pratica e a seguire un certo metodo di lavoro, come erano e sono più attente ai particolari. Le donne sono ferree nelle decisioni. Ricordo che quando proposi alla Quintavalle di scendere di categoria di peso dai 63 ai 57 chili, rispose subito sì, nemmeno ci pensò, fidandosi del suo allenatore e del progetto”.
Da atleta lei era un maestro dei particolari.
“Il judo non è solo movimenti, parate, attacchi e contrattacchi, non è solo forza, tecnica e resistenza, è anche capacità di gestione della situazione e quindi reazione alle difficoltà. Proprio come nella vita. Io ai campionati del Mondo ho vinto cinque incontri di fila per decisione arbitrale: per riuscirci devi saper valutare tutto, anche i tempi e il comportamento degli arbitri, quello che stanno per decidere e anticiparli magari con delle finte e attacchi”.
Da allenatore e da politico, che consiglia ai giovani?
“Fate tanto sport, aiuta il fisico e la mente. Aiuta, fa aggregazione, come la scuola, ti insegna e ti abitua a rapportarti agli altri, ai coetanei, ti fa capire i tuoi limiti, ti fa apprezzare le qualità degli altri, e soprattutto ti dà regole di vita e ti insegna il rispetto. Se si assimila da bambini è più facile che diventi stile di vita. Lo sport fa anche staccare gli occhi dai telefonini. Non si può essere attaccati al web fino a un’ora prima della gara, distoglie troppo, anche dai rapporti familiari”.
E che cosa chiede allo sport italiano?
“Meno calcio, che sui media non ci si ricordi delle altre discipline solo ogni quattro anni, alle Olimpiadi. Le nostre competenze sportive, come popolo, si devono allargare. Pensiamo ad altri sport come il tamburello che in paesi non lontani, come la Francia, hanno la loro dignità. Quando gareggiavo, avevo le finali di domenica e il giorno dopo trovavo al massimo un trafiletto sui giornali della mia prova, anche se avevo vinto un titolo europeo. Abbiamo fatto tanti passi avanti, manca quello fondamentale della divulgazione e del sostentamento di tutte le discipline. Che non sono mai minori”.
*Articolo ripreso da primaonline.it