Madrid e la nuova Coppa Davis regalano giovedì sera una partita scoppiettante, appassionante, spettacolare. Dennis Shapovalov ricorda troppo l’imprevedibile genio mancino di John McEnroe, ricco di fiammate e intuizioni fulminee, impensabili, perentorie, imparabili. Bellissimo nei suoi “up”, può diventare irritante nei “down”, ed addirittura deprimente nei suicidi, nei troppi doppi falli, negli eccessi di un gioco offensivo sempre al limite e quindi con un margine di rischio altissimo. Un carico di dinamite dall’iter difficile da regolare nel tennis moderno così veloce e potente, ancor più per un ragazzo di appena 20 anni che solo ultimamente, con l’aiuto dell’ex pro Michail Youzhny, ci sta riuscendo. Peggio ancora se angioletto canadese dai capelli biondi si trova di fronte un diavolo della difesa ad oltranza, l’australiano Alex De Minaur. Che ha meno tennis di lui, ma tanta più continuità e furbizia, mediata dal suo mentore, il mitico Lleyton Hewitt. Seduto a due passi, sulla panchina della nazionale “aussie”.
Gli ingredienti tecnici, il contrasto di stili, la prorompente vitalità dei contendenti, arricchita dalle sfide junior, dal sangue misto di tutt’e due i ragazzi del ’99 (“Shapo”, figlio di russi, è nato in Israele ed è cresciuto in Canada, “Demon” di papà uruguagio e mamma spagnola, è nato in Australia) mettono il sale a una gara frizzante, importantissima, nel secondo singolare di Australia-Canada. Che rimane in bilico fino al 5-5 del terzo set, e poi si decide in un attimo a favore del giocatore più solido e maturo. Cioè De Minaur, col cappello rovesciato da ciclista per affrontare le sue durissime salite del tennis, la faccia da bambino, le braccine che tradiscono forza veloce ed elettricità, l’attitudine del gran lavoratore con le spalle curve, novello David Ferrer.
Il pubblico italiano lo conosce, lo ricorda sconfitto all’ultima partita delle ultime due NextGen Finals di Milano. La più recente, due settimane fa, contro il genietto di casa-Piatti, il sensazionale 18enne Jannik Sinner. Come ha fatto il fulmine rosso a battere il diavolo australiano? La superficie dell’Allianz Cloud l’ha aiutato, certo, come il mix di velocità suscitato dalle palle, e il momento magico che stava vivendo la più grande speranza giovane del tennis italiano di sempre, peraltro ancora sconosciuto ad alto livello. Jannik ha bisogno di meno tempo di Shapovalov per le sue aperture, e quindi è più veloce nelle reazioni. Soprattutto, serve con più continuità e risponde sempre meglio del canadese e trova traiettorie più rasenti il campo, con meno top e quindi ruba altro tempo ai recuperi difensivi dell’australiano, straordinario di cuore e gambe.
Così, a Milano, ha asfissiato “Demon”, gli ha “strappato la racchetta dalle mani”, per ammissione dello stesso numero 18 Atp e primo favorito della gara fra i migliori under 21 del mondo. Nel tennis non esiste però la proprietà transitiva, anzi, è proprio il contrario: spesso le caratteristiche negative con un certo avversario diventano positive con un altro e viceversa. Perciò il fatto che Sinner ha appena battuto De Minaur non significa che si più forte di Shapovalov che invece ci ha perso. Ma è un altro segnale importante anche della personalità, della capacità di tenere di nervi, sotto pressione, di Jannik. Che, alla Accademia di Bordighera è già di nuovo al lavoro per aggiungere qualità e varietà ma che, guardando alla tv il bellissimo match di Madrid, si sarà lasciato sfuggire un sorrisetto di orgogliosa soddisfazione. Pregustando le battaglie del 2020. E noi con lui.
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— Davis Cup by Rakuten Madrid Finals (@DavisCupFinals) November 21, 2019