Il Gran Premio d’Australia non è soltanto l’ultimo della stagione 1995, è la fine di un’epoca. Adelaide sta per esser sostituito da Melbourne, le qualifiche del venerdì stanno per sparire per sempre, mentre Michael Schumacher è pronto a lasciare la Benetton con cui ha già vinto sia il Mondiale piloti che quello costruttori.
Insomma, quando il Circus arriva nella città oceanica tutto è già deciso, proiettato verso la stagione 1996 dove ci sarà una rivoluzione tecnica, mentre in campo agonistico non sembra altro che un tranquillo ultimo giorno di scuola. Non per Mika Hakkinen che nel pomeriggio di venerdì 10 novembre va incontro a una “sliding door” che gli cambierà la carriera. Il finlandese della McLaren si lancia per il suo giro veloce quando, affrontando la curva Brewery Bend, accusa un calo di pressione nello pneumatico sinistro perdendo il controllo della monoposto.
La McLaren va in testacoda sbattendo violentemente contro le barriere esterne, un impatto così forte che Hakkinen viene sballottato nell’abitacolo più volte subendo una serie di colpi al capo e al collo tanto da perdere immediatamente conoscenza. I soccorsi sono veloci, ma la situazione è realmente disperata: il battito del finlandese è rallentato, il respiro ridotto a flebile sibilo e per questo Sid Watkins, medico di gara, decide di praticare la tracheotomia per salvargli la vita.
Hakkinen viene quindi trasferito in coma al Royal Adelaide Hospital dove gli viene diagnosticata una frattura della base cranica, una dello zigomo, una ferita alla lingua e diversi denti rotti. Il pilota della McLaren rimarrà in coma per due giorni, tuttavia, complice l’intervento provvidenziale del dottor Watkins, potrà tornare a correre.
Nonostante il terribile incidente e il sopralluogo dei piloti, lo show prosegue come se nulla fosse. Le qualifiche vengono dominate dalle Williams con Damon Hill che anticipa di poco più di un decimo David Coulthard, mentre in seconda fila si piazzano Michael Schumacher e Gerhard Berger, rispettivamente all’ultima corsa in Benetton e Ferrari.
Alla partenza accade però una doppia sorpresa: Coulthard sorpassa Hill, mentre le Ferrari di Berger e Jean Alesi si sbarazzano di Schumacher, ormai appagato dalla vittoria del secondo titolo mondiale. In pochi giri il tedesco si riprende la posizione, ma è davanti che arriva un nuovo colpo di scena. Coulthard entra in pit-lane troppo velocemente e sbatte così contro il muro esterno della corsia dovendosi ritirare. Lo stesso vale anche per Schumacher e Alesi che si toccano e devono abbandonare la corsa.
La piazza d’onore passa quindi nelle mani di Johnny Herbert, alla guida dell’unica Benetton superstite, ma quella posizione sembra maledetta tanto che l’inglese rischia di commettere lo stesso errore di Coulthard, salvandosi per un pelo. A quel punto la posizione passa prima a Berger e poi a Heinz-Harald Frentzen, appiedati rispettivamente da problemi al motore e al cambio. Alla fine il secondo passo torna nelle mani di Herbert che sogna di poter raggiungere il terzo posto nella classifica mondiale, ma l’impresa svanisce al sessantanovesimo giro quando la sua Benetton va a fuoco ed è costretto al ritiro.
A quel punto sul podio si ritrovano Olivier Panis, lontano un giro con la sua Ligier, e Gianni Morbidelli, staccato due tornate da Damon Hill con la Footwork. Mentre l’inglese vola verso la vittoria, il francese rischia una clamorosa beffa a causa di una perdita d’olio che rallenta il suo motore. Panis resiste e chiude al secondo posto con due giri di ritardo da Hill davanti a Morbidelli, al primo e unico podio in carriera. A chiudere la zona punti ci penseranno Mark Blundell con l’altra McLaren, Mika Salo con la Tyrrell e Pedro Lamy, in grado di ottenere l’unico risultato utile dell’anno per la Minardi.