“Zio” Bergomi ha appena fatto un paragone particolare: “Icardi mi sembra Boninsegna, ha una bella struttura, ma non è un «gigantone», eppure è forte di testa, proprio come Bobo. Ed entrambi sono forti in acrobazia”. A “74 anni appena compiuti”, il famoso “Bonimba degli anni 70, “il centravanti” storico dell’Inter, è compiaciuto dal paragone: “Fa piacere, certo, perché, dentro, sono rimasto sempre interista, anche se la mia storia nerazzurra è stata tribolata prima e dopo, perché Allodi ed Herrera non credevano tanto in me e sono arrivato tardi all’Inter, dopo Cagliari e la B, e con Fraizzoli presidente, sono andato via, malvolentieri, alla Juventus, dove pure ho vinto tantissimo in tre anni. Però in quel sette stagioni all’Inter ho segnato 171 gol ufficiali e mi fa piacere aver lasciato il segno anche negli altri. Perché l’Inter resterà sempre nel mio cuore”.
La classe non ha tempo: “E’ bello sentirsi moderni, anche 40 anni dopo quel mio calcio, ed è la conferma che questo fantastico sport è sempre lo stesso, che se è molto cambiato, è meno tecnico, ma più veloce e più tattico”. Il centravanti è rimasto quello: “Sotto un certo aspetto il paragone che fa Bergomi fra me ed Icardi regge, è vero. Anch’io davo profondità al gioco, e facevo salire la squadra, anche se rientravo al massimo a metà campo, prima di smistare la palla, mentre Icardi arretrava ancora di più. E anch’io me la cavavo di testa”. Bergomi dice anche che oggi il gioco è molto più favorevole agli attaccanti: “Tutte le regole sono andate verso di loro. Per un difensore, le difficoltà sono enormi, perché nessuno marca più a uomo, e gli attaccanti, come Icardi e un tempo Boninsegna, hanno modo di anticipare gli avversari”. Bonimba è perfettamente d’accordo: “Con la difesa a zona, il centravanti può scegliersi, intelligentemente, il difensore più adatto alle sue caratteristiche, e puntarlo, ai miei tempi, avevo sempre addosso il marcatore fisso, spietato, che mi seguiva ovunque. Certe volte mi veniva da dirgli: “Ehi, vado a bere, vado da solo”. Io rispettavo chi faceva il suo dovere, ma diventavo cattivo con quello che giocava più sporco. Oggi il centravanti soffre di solitudine”.
Allora, nel calcio italiano, c’erano anche tanti talenti, che oggi non ci sono. Perciò, anche un fenomeno come Boninsegna ha giocato meno in azzurro. “Infatti, ho giocato appena 22 partite, a Valcareggi non piacevo. In quell’epoca c’erano Prati, Pulici, Graziani, Riva, Anastasi, Bobo Gori, poi è arrivato anche Bettega… Ma i talenti vanno e vengono, è questione di cicli, anche se ci sono troppi stranieri che tolgono posto agli italiani e li spingono altrove”. Oggi c’è il VAR: “E’ giusto così, prima gli errori anche clamorosi dell’arbitro venivano cancellati dal suo ultimo fischio, finiva tutto lì. Ma il sistema va migliorato: le regole devono davvero essere uguali per tutti”. Oggi di rovesciate se ne vedono sempre meno, allora erano un marchio di fabbrica di Bonimba: “ E’ un gesto tecnico a forte rischio di figuraccia, un po’ irresponsabile, da mettersi paura di sbagliare anche clamorosamente. Anch’io ne ho sbagliate, ma se riesce viene giù lo stadio, ricordo ancora cosa successe quando segnai contro il Foggia…”. Oggi, Boninsegna è uscito dal calcio: “Vado a San Siro, rimango tifoso, ma faccio il pensionato. La gestione Moratti mi ha fatto fuori da osservatore dell’Inter, dov’ero stato per sei anni con Giacinto (Facchetti)”. Ha conosciuto Icardi, le piacerebbe conoscerlo, e che gli direbbe? “Di cambiare manager. Mia moglie è stata intelligentissima, quando si entrava in casa si lasciava fuori il calcio, con una moglie procuratore è impossibile… Ma scherzo, eh?”.
Vincenzo Martucci