Stiamo vivendo un periodo storico senza precedenti, che non è paragonabile con alcun altro dalla fine della seconda guerra mondiale. Il Coronavirus sta intaccando la salute dell’umanità, sta mettendo in ginocchio la situazione sanitaria ed economica e, a caduta, si sta accanendo anche sul mondo dello sport.
Il 2020 sarebbe stato l’anno della 32^ edizione delle Olimpiadi estive, che si sarebbero disputate dal 24 luglio al 9 agosto a Tokyo. Vista la condizione attuale però, come si poteva immaginare, il via dei Giochi è a rischio.
Proprio ieri, infatti, dopo mille dubbi e pressioni, con gli allenamenti bloccati a casa e l’attività sportiva mondiale paralizzata, il Comitato Internazionale Olimpico (CIO), sta seriamente valutando quanto convenga rinviare i Giochi sportivi più importanti della storia. Ed è possibile che interrompa prematuramente il conto alla rovescia per la decisione che scadrà tra un mese.
“Le vite umane hanno la precedenza su tutto”, deve infatti dichiarare il presidente del governo mondiale dello sport, Thomas Bach, a lungo feroce sostenitore del fronte “I Giochi a tutti i cosi”. Giochi che non verrebbero assolutamente cancellati, ma slitterebbero di una stagione, sempre nella terra del Sol Levante entro la fine dell’anno.
“E’ difficile poter pensare di organizzare l’evento in questo contesto, dobbiamo prendere una decisione che includa un possibile rinvio, dando la priorità alla salute degli atleti”, concorda il premier giapponese, Shinzo Abe. “Malgrado la decisione finale spetti al Cio, condividiamo la stessa idea sul fatto che la cancellazione dell’evento non è contemplata”. Un cambio radicale da parte del governo nipponico, visto che durante la scorsa settimana, Abe aveva ribadito il supporto del potere politico al comitato organizzativo di Tokyo di ospitare i Giochi nella loro forma completa nelle date originali.
La massima rassegna sportiva, fortemente voluta dal Giappone per sbandierare agli occhi del mondo i progressi tecnologici e sociali del paese, rischia così di subire un destino beffardo per la seconda volta nella storia. Ottant’anni dopo, si materializza infatti l’incubo di un nuovo “no” anche se stavolta la soluzione sarebbe solo parziale. Dopo la clamorosa cancellazione dell’Olimpiade del 1940. Quando Tokyo dovette rinunciare alla XII Olimpiade: il mondo era in piena guerra ed aveva travolto anche lo sport.
Prima che il Giappone cambiasse idea, non sono mancate le esortazioni degli altri comitati olimpici e delle federazioni sportive straniere – dal Brasile alla Norvegia, all’Olanda -, con le richieste esplicite a un rinvio.
Tra queste, a gran voce il Comitato olimpico canadese ha lanciato un annuncio che sembrerebbe non vedere nessun tipo di negoziazione: posticipare i Giochi di un anno. Il Paese infatti non permetterà ai propri atleti di partecipare all’Olimpiade per l’evidente impossibilità di allenarsi a causa della pandemia.
Dello stesso avviso è anche il Brasile, la federnuoto statunitense e Kaori Yamaguchi, membra del Comitato olimpico giapponese, che si erano espressi già prima della decisione del CIO, spingendo fortemente verso l’ipotesi di posticipo dei Giochi.
“La pandemia del Covid-19 si sta aggravando e per gli atleti diventa sempre più difficile allenarsi e mantenersi sui migliori livelli competitivi. In tutto il mondo c’è la paralisi dei centri di preparazione, e non si può andare avanti”, dichiara ufficialmente il comitato olimpico brasiliano.
A far parlare di se’ è stata anche l’ex campionessa giapponese di Judo e medaglia di bronzo ai Giochi di Seul nel 1988: “Mi domando chi di noi possa essere contento di ospitare le Olimpiadi in luglio mentre stiamo attraversando una criticità talmente ampia a livello globale, capace di stravolgere un numero così elevato di persone?”. Le parole della Yamaguchi sono arrivate forti e chiare in tutto il Giappone e non sono piaciute al presidente del Comitato olimpico nipponico, Yasuhiro Yamashita: “E’ comprensibile che altre persone abbiano diverse opinioni, ma è estremamente spiacevole che a fare questi commenti sia un membro all’interno del Joc”.
Anche la bandiera italiana sventola alta e fa sentire la propria voce sulla tematica: “Le Olimpiadi a Tokyo? Se mai le faranno, magari spostate di qualche mese in avanti, io chiedo col cuore in mano soltanto una cosa: pensate agli atleti, non ai vostri interessi”. In questo modo Federica Pellegrini, personaggio simbolo del nuoto italiano e mondiale, dopo aver spinto in un primo momento per la disputa dei Giochi, ci mette la faccia. E lo fa anche sdrammatizzando: la nuotatrice, attraverso la propria pagina Instagram, presa dall’ansia nell’attesa della decisione del Cio, scherza ed inscena una gara delle Olimpiadi in un video tutto da godere, sperando che sia di buon auspicio
Dal pensiero diverso ed opposto, anche le grandi autorità devono capire che ora come ora la migliore cosa da fare sarebbe quella di aspettare, prendersi cura delle persone, atlete e non che siano, e non cadere nel menefreghismo collettivo che fa solo guardare al guadagno o alla gloria. Adesso, come non mai, dobbiamo essere uniti, complici e aiutarci l’un con l’altro per riuscire nello scopo comune: sconfiggere l’epidemia, per tornare prima possibile, alla nostra e ancora lontana normalità. Anche perché Olimpiade significa afflusso di migliaia di persone extra, non solo atleti, anche addetti ai lavori e pubblico. Chi garantirebbe per una simile massa di persone, e che succederebbe se il virus si propagasse a Tokyo durante i Giochi? Chi risponderebbe di una simile pandemia dai contorni impossibili da prevedere?