Non ha mollato il pallone della vittoria neppure dopo la premiazione, le interviste e il taglio dei capelli operato in diretta dal compagno Pero Antic: Gigi Datome è campione d’Europa ma il capitano azzurro non è il solo italiano ad essere salito sul podio col Fenerbahce nelle Final Four di Eurolega che si sono concluse a Istanbul. E’ stato Maurizio Gherardini, il primo e unico nostro rappresentante ad aver lavorato come manager nella NBA, che ha pazientemente costruito la squadra campione con tanti soldi ma spesi bene, cosa tutt’altro che banale nel basket, grazie alla conoscenza a 360° di come funzione la pallacanestro maturata in una vita. Ghera debuttò nel grande mondo della pallacanestro europea con la Benetton che conquistò la finale continentale nel 1993 persa contro il Limoges, facendo diventare Treviso un trampolino formidabile, per giocatori è allenatori, anche verso la NBA. Quando si parla di fuga di cervelli bisognerebbe anche dire che nessuno, in Italia, gli ha fatto un’offerta seria quando era evidente che la sua carriera sarebbe continuata in Europa. Ovvio, il richiamo del Phil Jackson del nostro continente, Zeljko Obradovic, nove titoli conquistati con 5 squadre differenti, un record che mai nessuno potrà avvicinare, non si poteva ignorare. Avevano già lavorato assieme a Treviso, l’unico club che il coach di Cacak non è riuscito a portare sul più alto gradino d’Europa. E quando il Fenerbahce era stanco di non aver mai raccolto nulla nonostante gli investimenti clamorosi, si è affidato alla strana coppia italo-serba, due persone così diverse come carattere e modo di porsi ma perfettamente compatibili anche per il rispetto e l’affetto reciproco. In tre anni, tre Final Four con una scalata segnata dal destino: quarti, secondi, primi. Stavolta al meraviglioso Olympiacos Pireo non è riuscita un’altra delle sue leggendarie imprese.
Le Final Four di Eurolega hanno regalato giorni e sfide fantastiche, non solo per il primo, storico, trofeo conquistato dalla Turchia. Un impianto è una organizzazione da NBA e protagonisti capaci di essere performanti pur schiacciati da una pressione enorme. Probabilmente Istanbul ha rappresentato anche la fine di un ciclo dominato dalle quattro finaliste, CSKA Mosca, Real Madrid, Olympiacos Pireo e Fenerbahce Istanbul che, dal 2012, hanno occupato 11 dei 12 posti disponibili in finale, vincendo 5 edizioni su 6. Le offerte e la voglia di tentare la carta NBA di molte stelle, da Bogdan Bogdanovic a Sergio Llull a Milos Teodosic, lo spegnersi di campioni come Rudy Fernandez, El Chapu Nocioni, Felipe Reyes, Viktor Khryapa, l’età che comunque avanza implacabile anche per chi, ancora oggi, resta una stella assoluta come Vassilis Spanoulis, potrebbero portare ad un notevole rinnovamento al vertice. Togliendo un tappo dopo tanti anni alle ambizioni frustrate delle avversarie.
Sarebbe una grande opportunità anche per Milano, per tentare di approfittare del rimescolamento delle forze per puntare ai playoff e, magari, tornare alle Final Four come non le riesce da 25 anni. A patto, però, che stavolta si rinforzi con, almeno, un giocatore di altissimo livello ancora nel suo “prime” attorno al quale sistemare quello che già ha. Non sarà facile. Anche perché non esiste più in Italia una cultura europea che invece animava tanti nostri club nel passato. Il modello di sviluppo dovrebbe essere chiaro: lavorare per puntare al meglio e, cioè nel nostro caso (Milano a parte, ovviamente) a giocare da protagonisti l’Eurocup, la seconda coppa per livello delle squadre, per essere pronti, quando e se l’Euroleague allargherà il numero delle partecipanti, ad entrare nel gotha europeo. Solo così, tra l’altro, è possibile innalzare la qualità del campionato. Invece, a fronte della possibilità di avere anche tre squadre (due sicure) l’anno prossimo nella seconda competizione, i nostri club si sono riservati di rinunciare preferendo la Champions della Fiba, attualmente la terza manifestazione, forse più remunerativa per le società meno ambiziose perché meno competitiva e facile da affrontare con successo. Soprattutto la prossima stagione dove i club francesi e turchi, come i nostri, potranno fare ritorno in Eurocup, dopo aver dovuto dare forfait quest’anno a causa delle minacce federali. Una scelta di retroguardia con due controindicazioni pesanti: la prima, se si sceglie il livello più basso non si migliora, neppure come società. La seconda, è che se club come Venezia, Avellino o Sassari preferiranno la Champions, Euroleague potrebbe anche non accettare squadre italiane di livello più basso in Eurocup.
Gigi Datome, sette anni dopo l’ultimo italiano ad aver vinto il titolo continentale, Gianluca Basile, ha coronato una carriera da outsider ed è stato emozionante vedere quanto la gente del Fenerbahce gli voglia bene. Il suo terzo quarto è stato determinante per il successo apparentemente facile della sua squadra. Solo Marco Belinelli, nella finale NBA vinta con San Antonio, ha potuto vivere in campo momenti di pressione paragonabili, anche se nelle ultime stagioni è sceso di livello con squadre mediocri. Una esperienza mai provata da grandi azzurri pur veterani NBA come Danilo Gallinari o Andrea Bargnani o da Alessandro Gentile, Nicolò Melli o Daniel Hackett dell’Olympiacos, purtroppo infortunato a Istanbul. È a questo che penso quando si parla della forza della nostra Nazionale che non vince mai o che appare troppo evidente guardando la serie A: nel nostro campionato, anche nei playoff, la gestione del pallone sotto pressione (peraltro relativa) è spesso disastrosa e non per la forza delle difese come pietosamente viene detto. Ecco perché, quando si parla di basket italiano, Gigi deve essere considerato una pista sopra gli altri anche se è soprattutto un uomo-squadra, spesso poco appariscente. E’ l’uomo che ha vinto e può insegnare a vincere.
Luca Chiabotti