Tre fratelli, tutti insieme in campo negli All Blacks, non si erano mai visti. La scorsa settimana, in Nuova Zelanda-Samoa 78-0, i tre fratelli Barrett sono entrati nella storia: Beauden, 26 anni, mediano di apertura, Scott, 23, seconda linea, e Jordie, 20, centro. Maglie nere e felici argentee. Anche se, contemporaneamente, i Barrett in azione erano soltanto due: Beauden, in campo dal primo minuto, autore di due mete, prima con Scott e poi con Jordie, chiamati dalla panchina.
Il rugby è sempre stato uno sport di famiglie, se non di dinastie. Nella nazionale neozelandese, ribattezzata Natives, quella che si recò a giocare in Gran Bretagna nel 1888-1889, c’erano addirittura cinque fratelli, i Warbrick (Joe, Frederick, William, Alfred e Arthur). Peccato che le 107 partite disputate non sono state considerate ufficiali per le statistiche. Tre i Brownlie: Cyril, seconda linea, il primo espulso durante una partita internazionale, Maurice e Jack, terze ali, ma mai insieme nella stessa partita. Molto più comuni le coppie dei fratelli: dai Clarke (Don, estremo, soprannominato “The Boot”, la scarpa, per la potenza del suo calcio, una volta ne infilò uno da 77 metri, ma anche per le dimensioni del suo piede, numero 56, e Ian, pilone e terza centro) ai Brooke (Robin, seconda linea, e Zinzan, terza centro con licenza di drop). In Italia – per dire della internazionalità di certe tradizioni – si celebra ancora la stirpe azzurra dei Francescato: Nello, autore della prima meta italiana agli All Blacks nel 1978, Bruno, Rino e Ivan, e adesso siamo alla nuova generazione di questi trequarti trevigiani.
La saga dei Barrett è cominciata con papà Kevin, una fattoria a Pungarehu, vicino a Rahotu, a un’ora di auto a sud di New Plymouth, dal 1986 in campo 13 anni per la provincia di Taranaki (“Si giocava solo per passione”), poi altri due per gli Hurricanes (“Da professionista”). In un servizio per “The Guardian”, Kevin Barrett ricorda la sua giornata normale: “Sveglia alle quattro e mezzo, lavoro nelle stalle con le mucche, la sera allenamento, e stesso lavoro e quasi gli stessi orari anche il giorno della partita”. I figli – cinque maschi e tre femmine – li ha cresciuti nel BCG, il cosiddetto Barrett Cricket Ground, dove li faceva giocare, sfogare, sbizzarrire. “Insegnavo loro a passare il pallone sia verso destra sia verso sinistra, e a calciare sia con il piede destro sia con quello sinistro. Tutto lì. Ma queste sono le basi. E poi ricordavo loro che si può indossare la maglia del club, o quella della provincia, o quella degli All Blacks, ma bisogna rimanere sempre con i piedi per terra, e ricordarsi da dove si viene, perché smesso di giocare, tolta la maglia, si rimane quello che si è. Uomini. Donne. Esseri umani”.
Si racconta che dopo l’ultima delle sue 167 partite per Taranaki, domandarono a Kevin – il suo soprannome è “Smiley”, sorridente – che cosa avrebbe fatto per il rugby: “Procreerò un po’ di All Blacks”. Con la collaborazione della moglie Robyn, ex velocista in atletica, nonché talentuosa giocatrice di pallacanestro e netball, Kevin ha mantenuto la parola e alzato il livello. Il primogenito è Kane: terza ala, negli Auckland Blues. Oltre a Bauden (50 “caps” e 321 punti, da 14 mete, 73 trasformazioni e 25 calci), Scott e Jordie, c’è anche Blake. Le ragazze si chiamano Zara, Ella e Jenna, e almeno loro non si cimentano in mischie e touche, almeno non a quote agonistiche. E a fare i pignoli, nell’albero genealogico ovale dei Barrett c’è anche un cugino, Neesha, rugbista di prima classe. “In squadra – spiega Bauden – tutti e 23 siamo fratelli, non soltanto noi tre. E giocare tutti e tre insieme non era previsto, non era neanche un sogno, tant’è vero che non lo avevamo mai fatto prima. La tenacia viene da nostro padre, la fantasia da nostra madre. Il resto è solo lavoro duro. E anche quello lo abbiamo imparato da loro: sveglia all’alba, stalle e campi, tutti i giorni, tutto l’anno”.
Adesso gli All Blacks, e i tre fratelli Barrett, si preparano alla serie con i British and Irish Lions. Tre partite – 24 giugno a Auckland, 1° luglio a Wellington, 8 luglio a Auckland -, altri tre passi per il paradiso.
Marco Pastonesi