L’ultimo arrivato, in ordine di tempo per carità, è Lorenzo Patrese, 11 anni figlio di Riccardo, che è in testa al campionato giovanile Easykart. E allora sorge spontanea la considerazione: ma perché le piste automobilistiche sono piene di figli d’arte e quelle motociclistiche no? Immediatamente si potrebbe replicare: ma come? Valentino Rossi, il più famoso di tutti, è figlio di quel Graziano, gran personaggio e “quasi campione” della 250 degli Anni 70-80… Beh, si potrebbe dire scherzando che forse in questo caso il gene viene più da mamma Stefania Palma, visto che anche Luca, il fratellastro, è discreto protagonista del Mondiale Moto2.
Ma, tornando più seri, in effetti il fenomeno è macroscopico. In questo momento in Formula 1 ci sono il nuovo fenomeno Max Verstappen, figlio del molto meno vincente Jos, ma anche Carletto Sainz, figlio del re dei rally Carlos. Che dire di Nico Rosberg, appena uscito dal box Mercedes da campione, che ha uguagliato papà Keke. Nell’orbita Renault, c’è Jolyon Palmer, figlio di Jonathan. E poi Damon Hill che a distanza di anni ha uguagliato l’iridato papà Graham, oppure Jacques Villeneuve, che ha fatto anche meglio di papà Gilles, vincendo il titolo ’97 e la 500 Miglia di Indianapolis col campionato americano. In più negli ultimi anni si sono visti e continuano a vedersi tanti pargoli di genitori piuttosto famosi. A partire da Nicolas Prost (niente a che vedere con Alain), anche il più veloce Bruno Senna, nipote di Ayrton. E poi Mick Schumacher (basta il nome), Giuliano Alesi, figlio di Jean. Per non parlare delle grandi famiglie americane, dagli Andretti ai Cheever, passando per i Fittipaldi o i Piquet.
Il caso più emblematico è forse quello di Johnny Cecotto, campione del mondo in moto e poi passato alle auto, con Johnny jr che è partito subito dalle quattro ruote.
Nella moto nulla di tutto questo. O quasi. Certo, nel 2000 ha vinto il Mondiale 500 Kenny Roberts jr, figlio di King Kenny e correva, con minori risultati il fratello Kurtis. Ci sono state le meteore Gelete (ha corso anche in auto) e Pablo (qualche buon risultato e oggi team manager del Team VR46) Nieto, figli del 13 volte iridato Angel, mentre Giacomino Agostini, figlio del Mito, pare sia un fenomeno, ma dell’economia, con laurea in Inghilterra. In Italia ci sono Andrea Dovizioso, con papà Antonio (cross), e Marco Melandri, con Dino (velocità), in qualche modo figli d’arte. Ma si tratta di piloti praticamente amatori. Un po’ meglio hanno fatto Nicolò Bulega, figlio di Davide, Igor Antonelli, papà di Niccolò o Luca Pasini, papà di Mattia, che è anche costruttore di minimoto.
Dei grandi americani degli Anni 80, è stato in Yamaha, ma per uno stage di marketing il figlio di Wayne Rainey, che di moto non ha mai voluto saperne. Non hanno figli Eddie Lawson, Kevin Schwantz e neppure Freddie Spencer. Jack Doohan, figlio di Mick, è solo appassionato di moto e tifoso… di Valentino. Sembra crescere benino in Australia Oli Baylis, erede di Troy. Ha tentato di correre, con scarsi risultati Dakota Mamola, figlio di Randy, che oggi fa l’assistente di Cal Crutchlow (è quel ragazzino con i capelli rossi che vedete al box intorno all’inglese). In effetti è nel Mondiale Moto2 Remy Gardner (risultati così così), figlio di Wayne, mentre suo fratello Luca ha subito preferito dedicarsi al surf.
Venendo in Italia, il figlio di Marco Lucchinelli, Cristiano, preferiva le auto e in ogni non ha mai corso in pista. Ha due figlie femmine Franco Uncini, idem Luca Cadalora. Non hanno figli Alessandro Gramigni e Ezio Gianola. Ha iniziato a correre quest’anno per una passione scoppiata improvvisamente Luca Gresini, figlio di Fausto: ma ha quasi 18 anni, tanti per un debuttante. Sono ancora piccoli i figli di Loris Reggiani (Simone, 4 anni) e Max Biaggi (Leon 6), ma non si sono viste in giro foto in sella a minimoto.
Forse è solo un problema di paura. Prendete Loris Capirossi. Lui per il figlio Riccardo (10 anni) ha risolto il problema con un… vaccino. Motoristico, ovviamente. Prima che nascesse aveva già in uno dei suoi mille garage di Montecarlo non una, ma ben tre minimoto diverse. Non era la voglia di metterlo subito in sella, ma l’antidoto. Vedendo subito intorno a sé tante moto – Loris ha una Desmosedici fiammante in una teca in cristallo del salotto di casa –, forse non lo avrebbe considerato oggetto del desiderio. Con tutti i rischi annessi e connessi. Finora il sistema ha funzionato.
Filippo Falsaperla