Ormai sono passate quasi due settimane dalla conclusione dei Campionati del Mondo di Atletica e, come i funghi dopo la pioggia, stanno incominciando ad apparire i primi dati di ascolto televisivi. Quelli complessivi non sono ancora noti e quando li avrò sarà utile farne un confronto con i precedenti Campionati. Ovviamente la IAAF ha gongolato per i primi dati emersi, grazie ai quali, nonostante le note difficoltà incontrate (calura e poco pubblico nei primi tre giorni), i Campionati oltre ad essere stati classificati tecnicamente come i “best ever”, vengono ora anche definiti “i più visti”.
Inutile dire che la parte del leone l’hanno fatta Germania e Gran Bretagna. ARD/ZDF la televisione pubblica Tedesca che, a giorni alterni, tradizionalmente si divide la copertura ha segnato un importante record la domenica finale, con un totale di 6 milioni ed un picco di 6,5 eccedendo del 15,2 % il prime time share della stessa ZDF. Questa cifra e quelle degli altri giorni hanno fatto sì che la televisione tedesca potesse dire di aver avuto un aumento di audience del 21 % rispetto il 2017, del 268 % rispetto al 2015 e del 68 % rispetto il 2013.
Non di meno in Gran Bretagna si è registrata una media di 3,7 milioni con un “picco” di 5,8 milioni quando è stata corsa la finale dei 1500 femminili con l’idolo di casa Laura Muir. In occasione della vittoria della eptatleta Katarina Johnson-Thompson il picco è stato di 10 milioni! Significativo, e a vantaggio della BBC, il paragone con l’altra principale rete televisiva britannica, la ITV, che in parallelo trasmetteva i mondiali di Rugby, battendo gli ascolti sia in occasione del match Inghilterra vs Argentina e quello contro Tonga.
Ma quello che impressionano sono i dati dei piccoli paesi. In Finlandia (poco più di 5 milioni di abitanti) hanno raggiunto 1,9 milioni che rappresenta il 37% del potenziale audience del territorio e con viewing average del 45,6, come dire cinque volte superiore alla media del canale. Va ricordato che la Finlandia non ha vinto alcuna medaglia ed ha avuto un solo finalista, relegata al 51° posto nella classifica a punti.
La Svezia (10 milioni di abitanti) ha avuto una media di ascolto di circa 600.000 telespettatori. Il lunedì il canale generalista pubblico SVT1 ha segnato, con 1,3 milioni, la più alta cifra degli ultimi tre campionati del mondo. In totale Doha ha segnato un aumento di viewers del 18% rispetto al 2017, del 203% rispetto a 2015 e del 38% rispetto i 2013.
E in Italia? Qui, in linea con le incertezze del nostro Paese, la RAI aveva programmato – come già fatto per Mondiali di Nuoto – di trasmettere i Mondiali di Doha, almeno per le sessioni principali, sui RAI 2, e così sapeva la FIDAL. Poi alla vigilia dei Campionati il tutto è finito su RAISPORT e, quando non possibile, sul web.
Nonostante questo i numeri su RAISPORT sono stati in assoluto eccezionali. A titolo di esempio riportiamo questa tabella relativa a sabato 5 ottobre (fonte RAI). Interessante esaminare il grafico della curva degli ascolti. È facile vedere come gli ascolti quando è iniziata l’atletica sono passati da qualche centinaio di migliaia ad una media di circa 400.000, ma con picchi vicino al milione e con uno share superiore al 2,5%.
Lo stesso si è ripetuto nella seconda parte dei Mondiali, mentre nei primi giorni, soprattutto nel week-end, i dati sono stati molto prossimi a quelli dei Mondiali su Strada di ciclismo. Ma va soprattutto detto che i dati medi ed i picchi registrati meritavano di trovare spazio sulla rete generalista RAI-2, rete che – basta leggere quotidianamente sulla pagina di televideo 531/532 –, ha dati di ascolti e di share molto più bassi. Infatti quando è stato deciso di mostrare la diretta della finale dei 100 metri (chissà se ci sarà stato l’intervento di uno sponsor?) gli ascolti sono schizzati sopra il milione. Per RAI-2 è stata un’occasione sprecata. Oltre a valorizzare i diritti pagati con risorse pubbliche avrebbe fatto ascolti clamorosi, se chi si trova a decidere avesse capito di cosa si stava parlando. Vero Freccero? D’altronde come si giustifica una spedizione di circa 50 persone? Aggiungo che grave è stato cancellare all’ultimo momento la presenza di RadioRai, credo che sia la prima volta.
La cosa altrettanto grave è come la RAI non promuova nella stessa maniera gli avvenimenti di cui ha in esclusiva i diritti e per i quali sborsa fior di milioni. Non vale la giustificazione, come subito direbbe qualcuno, che “l’Italia non ha grande possibilità di vincere medaglie”. E mi affretto subito a spiegarne il perché. Infatti l’argomento merita un commento più generale e spero che non sia giudicato di parte.
L’Atletica è la cultura dello sport, come in parte anche il Nuoto, il Canottaggio e, senza che nessuno si meravigli, anche il Rugby. L’Atletica è come il latino per gli altri sport, così come il latino è la base per la giurisprudenza, la scienza, la medicina, l’arte, ecc.
Per essere un buon giornalista sportivo od un buon dirigente sportivo hai bisogno di aver fatto un bagno, anche se breve, nell’atletica. È come per i buoni vini che si affinano nella barrique prima di andare in bottiglia. Questo è quanto accaduto a personaggi come Sergio Zavoli, Gianni Brera, Bruno Roghi, Gualtiero Zanetti, Giovanni Arpino, Giovanni Mosca, Giorgio Boriani, Giordano Goggioli, Guglielmo Moretti, Antonio Ghirelli, Giorgio Tosatti, Livio Caputo, Giampaolo Ormezzano, Paolo Valenti, persino il miglior giornalista che la Gazzetta abbia mai avuto, Luigi Gianoli, fino a Candido Cannavò. E cito solo i più grandi.
All’ultimo Golden Gala, come ho scritto, ho capito che anche Enrico Mentana si intende di atletica e la segue più di Auro Bulbarelli che stava seduto davanti a me e che non ha mai mostrato di capire cosa stava accedendo in pista.
Per i dirigenti sportivi vale lo stesso rilievo fatto per larga parte dei media, RAI inclusa. L’atletica è la cultura dello sport e come tale va vista, gustata, odorata e sofferta, indipendentemente dal fatto che l’Italia o gli atleti italiani possano o no vincere delle medaglie. Lo stesso vale per il Nuoto, non solo quando c’è in ballo una medaglia per la meravigliosa Pellegrini, per il Canottaggio e, come detto, anche per il Rugby nonostante le pesanti sconfitte della nostra nazionale nel “6 Nazioni”. I problemi e le storie di sport si capiscono nei campi di riscaldamento, negli spogliatoi prima e dopo le gare, parlando e confrontandosi con i dirigenti di altri Paesi, certamente non nelle comode tribune d’onore.
Questo vale anche per il CONI. In questi 7 anni dalla sia elezione credo di aver visto il presidente del CONI una sola volta, e all’inizio del suo mandato, ad un Campionato Internazionale (Europeo o Mondiale) di atletica. Mai l’attuale segretario generale. A loro l’atletica pare proprio non piacere. Persino un personaggio non eccelso come Raffaele Pagnozzi – lui che però aveva la fortuna di venire dal Rugby – aveva capito quanto fosse importante l’atletica per tutto lo sport italiano; valutazione che non vale per Gianni Petrucci che di fronte ai due ori (e un bronzo) di Atene 2004 bocciò senza appello la federazione: ma allora i motivi erano ben altri, chiedere a Gianni Gola.
Il CONI ha begli esempi di leader sportivi non provenienti dall’atletica che rispettavano ed amavano questo sport. Giulio Onesti per primo, lo ricordo a Budapest nel 1966 (dove sono orgoglioso di ricordare che ero presente a 24 anni come inviato dell’ANSA) con la sua limousine argentea arrivata da Roma che scorrazzava in lungo e largo. Così Mario Saini che nel 1934 fu fra i principali organizzatori a Torino dei primi Campionati Europei. Per non parlare degli ovvi Bruno Zauli e Mario Pescante, per i quali è inutile ricordare l’origine e l’anima atletica. Fino a Franco Carraro, per tanti motivi uno non molto vicino all’atletica. Ma che ricordo a Praga, ai Campionai Europei del 1978, seduto in tribuna a fianco di Giampiero Boniperti, fare il gesto dell’ombrello subito dopo che Sara Simeoni aveva superato l’asticella posta a 2.01, misura che le permise di eguagliare il suo record del mondo e di battere Rosemarie Ackermann ferma ad 1.99!
Ora attendiamo i Giochi Olimpici di Tokyo contando più su Eurosport che sulla RAI che possiede solo i “secondi diritti”, sperando che non prosegua con la cultura di fare vedere solo e soprattutto le gare dove ci sono (o ci sarebbero) italiani da medaglie. Non solo alcune finali di atletica, ma quelle di Nuoto ed il Quattro senza o l’Otto di canottaggio vanno trasmessi LIVE e non registrate. Questa è la cultura dello sport e la RAI ha il dovere, direi l’obbligo, se vuole rendere veramente agli abbonati (che pagano) un servizio pubblico, di percorrere questa strada. O almeno auguriamocelo.
*articolo ripreso da www.sportolimpico.it