Italiani che vincono, i fratelli Vitali di Brescia ancora imbattuta ai vertici della serie A, italiani che perdono, come quelli della Virtus Bologna, soprattutto le stelle Alessandro Gentile e Aradori, sconfitta in volata nelle ultime quattro partite. Verrebbe da dire, sempre meglio degli italiani che non giocano, come sta succedendo soprattutto a due azzurri, Fontecchio e Abass, a Milano. In generale, viene da chiedersi dove abbiamo sbagliato, considerato che anche chi, come Luca Vitali, da qualche anno risplende come uno dei giocatori più determinanti e apprezzati abbia alle spalle una carriera difficile, fatta di prestazioni opache e critiche feroci nelle squadre più forti nelle quali ha giocato nel momento più formativo della sua carriera.
Alessando Gentile è il paradigma della questione italiani: sicuramente il più forte giocatore tra chi è rimasto in Italia, l’unico con dimensioni internazionali di alto livello (come ha dimostrato anche in Nazionale), dopo una stagione buttata via in tre squadre differenti senza mai lasciare il segno o vivere un momento di autentica serenità, si è subito imposto alla Virtus come capocannoniere del campionato. Mega-titoli sul ritorno del fenomeno, salvo poi frenare un pochino dopo i 4 k.o. di Bologna maturati sempre nei finali di gara. In effetti, le sue cifre, nude e crude, sono impietose: a fronte di una media di 18 punti realizzati, nei quarti conclusivi delle quattro gare perse dalla Virtus, Alessandro ha realizzato 8 punti totali in 34’, con 2/11 da due punti, 1/ 4 da tre, 1/4 ai liberi, 3 palle perse, 2 stoppate subite a fronte di una data, 8 rimbalzi, due assist. Sono i numeri di un problema, significano che Alessandro, al di la dei trionfalismi, deve ancora ritrovare una efficienza sotto stress, una nuova maturità. Che evitando di enfatizzare e banalizzare le cose come si fa sempre con Alessandro, tipo “è il capocannoniere del campionato, è tornato un fenomeno” oppure “ha forzato ancora nei finali di partita, non sa vincere” sarebbe più facile da conseguire. Non c’è dubbio che Gentile sia un numero uno, che per buona parte delle partite domini assolutamente il campo, ma deve ancora migliorare, deve soprattutto recuperare il tempo perduto nell’ultima stagione senza l’ansia e la fretta di dover dimostrare chissà che cosa. E’ un giocatore che cammina su un filo: se facesse due palleggi in meno sarebbe da tempo nella Nba, quando ne fa troppi non fa la differenza neanche da noi. Si tratta di ottimizzare il rendimento di una fuoriserie, è un lavoro fino non da titoloni.
E’ un equilibrio che è un po’ sempre mancato parlando di italiani, anche per troppo amore. Io stesso, per quasi 20 anni, mi sono decisamente schierato perché ai nostri giocatori fosse data la possibilità di esprimersi, di mettersi in competizione vera con gli stranieri che hanno invaso il nostro campionato. Che non sono più campioni come una volta ma nemmeno tutti i nostri mali, come sempre si dice quando magari la Nazionale (vedi il calcio) crolla. Ho sempre pensato che un movimento che non produce giocatori, buoni giocatori, non abbia un’anima e sia destinato all’oblio. E che se si lasciano agli stranieri, soprattutto americani, la maggioranza dei posti in quintetto, poi si giochi come vogliono loro, come sono abituati a fare, e non nel modo più costruttivo per i nostri prodotti. Però bisogna uscire dagli stereotipi che italiano sia bello a prescindere, perché i nostri giocatori sono molto più coinvolti dei mercenari stranieri nei destini delle loro società: anche le grandi squadre degli ultimi anni costruite sugli italiani sono implose (Reggio Emilia l’anno scorso, ad esempio), la Virtus Bologna con i due big azzurri, Gentile e Aradori, sta vivendo momenti di grave difficoltà. Ok, poi c’è Brescia dove dominano i Vitali: ogni anno c’è una bella storia italiana da raccontare…
In questo clima si inserisce il debutto della Nazionale italiana di Meo Sacchetti nelle qualificazioni mondiali. Una nazionale, come tutte quelle figlie di un basket mondiale spaccato e molto miope, senza i migliori giocatori impegnati nella Nba e in Eurolega. In soldoni, per l’Italia, vuol dire senza Belinelli, Gallinari, Datome, Melli, Hackett comunque infortunato. Milano ha invece concesso Abass e Fontecchio (non Cinciarini, Pascolo e Cusin). Pensiamo che una squadra con Luca Vitali, Amedeo Della Valle, Pietro Aradori, Alessandro Gentile possa stare in campo molto degnamente contro Romania e Croazia. Sono i nostri giocatori più esperti e di talento. Ma senza mancare di rispetto al nuovo capitano Aradori, è proprio da Alessandro Gentile che dovrà partire il salto di qualità di questa nuova Italia. Certamente il gioco di Sacchetti non metterà freni alle sue iniziative ma, anche, dovrà essere bravo Alessandro a gestirsi, non forzare, non ricadere nelle solite questioni. L’ennesima tappa nella carriera di un giocatore destinato fin da giovanissimo a volare altissimo ma che deve ancora esprimere la maturità di chi sa sempre come farti vincere una partita. Senza sensazionalismi o disfattismo: in questo momento, quello di cui hanno più bisogno i giocatori italiani, e non solo Gentile, è consapevolezza e equilibrio, né brocchi (come sostengono molti), né superiori agli stranieri “tutti mediocri che ci rubano il posto”.
Luca Chiabotti
Post scriptum: in una intervista alla Gazzetta dello Sport, Danilo Gallinari ha sottolineato come dopo l’infortunio in azzurro, dovuto al pugno che ha sferrato in una amichevole ad un olandese, nessuno degli azzurri lo abbia mai più chiamato, Belinelli a parte. Forse Gallo non si è fatto tanto amare dai compagni, forse gli altri ne hanno poco tollerato lo status. Potrebbe essere la fotografia più nitida dei problemini striscianti e delle rivalità sommerse che hanno attraversato gli ultimi anni azzurri con relativi risultati insoddisfacenti.