Vacanze con i suoi, e quindi figli e moglie. Vacanze a Belgrado e dintorni, prima di Natale, perché magari il 27 Novak Djokovic parte per l’Australia, verso un’altra stagione-record, cominciando dallo Slam più vincente, coi 9 Majors vinti a Melbourne che spiccano a confronto dei 6 Wimbledon, 3 Us Open e due Roland Garros. Vacanze in stile Nole. Senza freni.
Infatti il 16 dicembre il numero 1 del mondo ha assistito a Stella Rossa-Barcellona di Eurolega di basket, il suo secondo grande amore sportivi, nel segno dell’idolo giovanile, Sasha Danilovic. Il suo ingresso in campo è stato accolto come quello di una super-star, con tutto il pubblico che l’acclamava.
Durante il match Novak si è scatenato se fosse il capo della curva, partecipando con gesti e urla e incitamenti alla partita dei beniamini, e chiamando il pubblico a sostenere la squadra. Al termine, oltre a firmare decine e decine di autografi agli spettatori, Djokovic è stato assediato dai giocatori di tutt’e due le formazioni, sì, anche di quella spagnola, che si sono presentati in pellegrinaggio dal re del tennis per selfie ed autografi e domande e pacche sulle spalle facendolo felice. Si sa che Novak ci tiene moltissimo a queste attenzioni, perché si nutre di nuove sfide e nuovi avversari, ma anche di attestati dell’amore e dell’apprezzamento del mondo esterno. Perché si batte per tutto e per tutti.
Bianco o nero, prendere o lasciare. Djokovic è totale nelle idee come nelle azioni, non solo come atleta ma anche come difensore delle minoranze e paladino contro le ingiustizie. Di più, in modo diametralmente opposto ai due dominatori precedenti, Roger Federer e Rafa Nadal, così “politically correct”, Nole I di Serbia, il campione di gomma che asfissia gli avversari chiudendogli tutti gli spazi, vuole ritagliarsi sempre più il ruolo di capo-popolo, che sia quello del tennis, per il quale ha fondato un sindacato dei giocatori nel sindacato (la TPTA che contesta l’ATP) o che sia quello per la libertà vaccinale anni Covid-19, che ne ha messo in forse la partecipazione agli Australian Open di fine gennaio. Figurati se si parla della sua piccola, orgogliosa e amatissima nazione, per la quale rappresenta da tempo un autentico eroe. In questa veste di patriota contro corrente ha quindi preso decisamente posizione contro l’estrazione di jadarite – un silicato di litio e boro scoperto lungo il fiume serbo Jadar -, in difesa della salute della popolazione e dell’ambiente, perché il megaprogetto sarebbe stato molto inquinante e peraltro sarebbe stato lavorato ad appena 130 chilometri da Belgrado.
Con quest’ultima presa di posizione Djokovic tende quasi ad avvalorare la recente profezia di Sascha Zverev – suo castigatore all’Olimpiade e alle ATP Finals – che lo stima moltissimo come giocatore e come uomo: “Nole diventerà il presidente serbo”.
Perché proprio il governo di Aleksandar Vucic è stato l’obiettivo dell’ultima crociata di Novak contro l’autorizzazione che il governo serbo ha concesso alla compagnia straniera, Rio Tinto, di estrarre la nuova sostanza dalle miniere locali. L’operazione equivarrebbe ad inquinare d’arsenico i fiumi della zona, rischiando di provocare il cancro — sostengono gli abitanti locali -, spopolerebbe i contadini, riempendo di acido solforico le coltivazioni di lamponi e gli alveari degli apicoltori.
Così, il 4 dicembre il re del tennis ha condiviso su Instagram la foto dei manifestanti: “Aria, acqua e cibo puliti sono la chiave della nostra salute, senza di loro ogni altra parola legata alla salute diventa obsoleta“. E ha continuato ad esprimere il suo dissenso, schierandosi dichiaratamente a favore dei connazionali, ed ha gioito insieme a loro quando, a metà dicembre, l’accordo è stato congelato almeno fino alle elezioni del prossim’anno. Quando Djokovic sarà ancor più nelle teste e negli occhi di tutti grazie al francobollo personalizzato, con la sua racchetta da tennis, che gli è stato dedicato: “Grazie, mio generoso paese per questo regalo così raro. Ne vado orgoglioso. E sono eccitato di annunciare che insieme al servizio postale nazionale sarò partner con la “@novakfoundation” i progetti per la pre-scuola di tutti i bambini”.
Intanto, dietro le quinte, il suo manager, Dodo Artaldi, sta lavorando insieme a Tennis Australia, il governo australiano e quello del Victoria, lo stato di Melbourne che ospita il primo Slam della stagione sul delicato argomento vaccino. Una doppia commissione di esperti locali dovrà valutare le motivazioni di un giocatore non vaccinato e la sua capacità di dimostrare che una volta a Melbourne non costituirà un pericolo per gli altri tennisti e per gli autoctoni. “Non sono io, e nemmeno il Governo a poter decidere se un giocatore potrà o meno partecipare al torneo”, ha dichiarato il ministro dello sport del Victoria, Martin Pakula. Facendo intendere che così non solo i politici si mettono al sicuro sotto il profilo giuridico ma spostano anche la delicata decisione sulle spalle di altri.
Inutile dire che né Federer né Nadal si sarebbero mai trovati in un braccio di ferro del genere con le istituzioni. Figli di altre esperienze, ma soprattutto di altre realtà e di altre famiglie. Diversi dal fenomenale campione serbo che è più leader e, proprio facendo leva sulla sua personalità vulcanica, ha ottenuto l’aggancio a quota 20 Slam e punta a battere presto il record. Con o senza Australian Open, con o senza vaccino.
Vincenzo Martucci (testo e foto tratti da supertennis.tv)