Questo Melbourne è lo Slam delle prime volte, in attesa delle partite decisive per il titolo. La sorpresa delle sorprese, più ancora di Stefanos Tsitsipas il predestinato, è Danielle Collins che, appena 52 settimane fa era appena numero 160 del mondo, in questi Australian Open da favola, da 35 della classifica, ha eliminato la numero 2 del mondo, Kerber – seconda favorita per il titolo e per scalzare Halep dal trono Wta -, l’altra tedesca in gran forma, Goerges (n. 14), la “prossima numero 1” di una scommessa di Andy Murray, la francese Garcia (n. 19), e il talento junior che sta finalmente trovando continuità fra le pro, la potente russa Pavlyuchenkova (n. 44), raggiungendo le prime semifinali in un Major. Sbandierando orgogliosa, insieme ai 25 anni di ragazza matura allevata al “corri e tira” in Florida, i due titoli NCAA, il campionato universitario americano, e la prima stagione importante a livello pro.
Simpaticissima non è di sicuro, almeno alle avversarie, con tutte quelle grida e qui pugni serrati guardando di là della rete. Ma scaricando la tensione, dimostra anche chiaramente quanta carica abbia. Come ben s’è visto nei quarti contro un’avversaria tanto più aperta di lei, come la russa: perso il primo set, s’è fatta riagganciare nel secondo, per cambiare ancora marcia e rovesciare la partita con cervello, servizio, gran dritto, ginocchia sempre piegate e copertura totale del campo. Sorprendendo tutti, tranne se stessa, anche davanti al primo successo in uno Slam e anche al primo urrà su una “top 5”, fino a diventare la prima ex universitaria dopo ben 23 anni ad approdare ai quarti in un Major (da Meredith McGrath a Wimbledon 1996). “Sapevo che prima o poi sarei riuscita a mettere insieme le cose e a trovare il mio equilibrio. L’unica differenza rispetto a prima è che sto giocando tutte le settimane i tornei più grandi, contro le giocatrici più forti, alla mia prima stagione con una programmazione piena”. L’attitudine da guerriera che sfiora la rissa? “Amo creare questo tipo di guerra, se qualcuno vuole farmi il pugno in faccia per i miei errori non forzati, non ho problemi a fare lo stesso. Adoro proprio quando le cose diventano più competitive, e non mi faccio influenzare dal pubblico, anzi, preferisco quasi che il tifo sia contro di me, così da dimostrargli che si sbagliano”.
Già nell’una-tantum agli Us Open 2014, la biondina aveva mostrato le sue qualità strappando un set a Simona Halep. Dal 2016, subito dopo il diploma in giornalismo e il master in business, all’Università della Virginia, è passata pro e si è tuffata a tempo pieno sul circuito Itf per fare esperienza. Quindi, ha scalato la classifica Wta, mettendo tacche record, come prima promossa dalle qualificazioni che arriva alle semifinali, battendo a Miami anche l’idolo Venus Williams. Negli Slam, ha fatto più fatica, arrendendosi nelle qualificazioni degli Australian Open e poi al primo turno negli altri Slam. ”Ho avuto situazioni difficili: ho incrociato Caroline (Wozniacki) a Parigi, Elise (Mertens) a Wimbledon e Aryna (Sabalenka) agli Us Open. Ho perso contro avversarie molto brave, pur avendo occasioni. Ma tutti hanno la loro fetta di torta, io adesso sto prendendomi la mia!. Papà giocava nel tennis di lega, quello che fa da transizione fra dilettanti e pro, ed era abbastanza bravo, io ho provato ginnastica, calcio e nuoto ma con nessuno di questi sport è scattato qualcosa, così papà ha provato a insegnarmi un po’ di tennis. Ma quello che mi ha stimolato veramente è stato un ragazzo che mi mostrava ogni lunedì un trofeo nuovo, l’ho imitato, ho migliorato, ho imparato a risolvere i problemi, in campo, ho incominciato a divertirmi davvero. Ma ero un po’ autodidatta, perché in casa non c’erano abbastanza soldi per una scuola di qualità, e questo mi ha reso più dura. Mi sono allenata contro il muro e nei parchi pubblici, contro persone più anziane, anche ottantenni. Una di quelle, un giorno, mi ha invitata a giocare un doppio con loro, avevo appena 8 anni…Poi sono salita di livello, finché a 12 anni ho battuto il prodigio del momento che tutti chiamano ”la nuova Sharapova”, e ho detto ai miei genitori: “Diventerò io la nuova Sharapova”.
La Collins ha sofferto per arrivare: “per un bel pezzo non ho potuto giocare tornei all’estero perché costavano una fortuna. Da under 16, ero la numero 1 nazionale under 18, ma non volevo essere solo una tennista, e dipendere dal mio sport – sarebbe bastato un infortunio per perdere tutto! – volevo soprattutto prepararmi per il mondo. Perciò ho accettato la borsa di studio alla Virginia University e non sono passata pro anche dopo aver vinto il primo titolo Ncaa. Pur sapendo che il tennis era la prima cosa, perché se non gioco tutti i giorni divento matta”. Tutte le esperienze sono state utili: “La parte atletica è sempre stata una delle mie qualità, sono resistente, mi muovo bene, sono esplosiva. Ma ancor più importante è la parte mentale: l’abitudine a viaggiare tanto, perdere nel primo turno e ripartire con appena 180 dollari in tasca, come mi è successo molte volte due anni fa, non è una bella sensazione ma t’insegna a tener duro e a capire che la scalata è lunga, e che bisogna progredire continuamente”.
Il prossimo obiettivo della sorpresa delle sorprese degli Australian Open 2019? “L’idea dell’università, Legge, ho un bel librone da leggere, LSAT (Law School Admission Test) che mi occupa davvero la mente. Non voglio diventare avvocato, ma voglio usare la laurea per entrare nel mondo degli affari. Dopo il tennis”. L’ostacolo contro la scatenata picchiatrice di qualità Petra Kvitova sembra molto molto alto, ma Danielle ha in mente il fresco precedente di Brisbane, quando ha perso 6-7 (6) 7-6 (6) 6-3, in una battaglia ancor più dura di quanto dica il punteggio: l’americana è arrivata sul 7-6 5-4 30-0 col servizio a disposizione, e poi al tie-break ha rimontato da 4-6, prima di cedere al terzo set dopo tre ore, la ceca ha messo giù 53 vincenti, contro 74 gratuiti.
*articolo ripreso da: www.federtennis.it