Cade il secondo favorito (Zverev, versione letargico), si rilancia il terzo (Rafa, versione marpione), rispunta la riedizione di John McEnroe, il D’Artagnan dei giovani, lo Speedy Gonzales delle racchette, insomma, Denis Shapovalov, esteticamente bello come ragazzo e come tennista, ma specialista nel guastare da solo la grande creatività offensiva di mancino atipico, che punge come faceva sul ring il mitico Ali ma più spesso si suicida sul più bello con errori gratuiti da iper-tensione e clamorosi crolli.
Stavolta, come un miraggio nel sole dell’estate australiana, il 22enne canadese non solo s’è svegliato col piede giusto ma ha trovato anche un avversario lento, nervoso, frastornato dal gioco di luci e di ombre del campo che tanto disturbano chi porta lenti a contatto, come Sascha Zverev, secondo favorito del torneo, dopo Medvedev.
E ne ha saputo approfittare in un modo che sorprende anche il biondino nato a Tel Aviv (da mamma Ucraina e papà russo), con bandiera canadese e residenza a Nassau (Bahamas), capace di piazzare 35 vincenti con 81% dei punti a rete (22/27), senza trovare opposizione dalla contraerea tedesca, e di intascare così appena il secondo successo contro un top 5 (bilancio aggiornato Slam: 4-15 contro i primi 20), e di approdare per la terza volta ai quarti nei Majors, dove troverà un Rafa Nadal sicuramente meno disponibile.
Le cose sono andate veloci proprio come piace a “Shapo”, per la felicità della fidanzatina, la collega svedese Mirjam Bjorklund, appena 214 del mondo, appassionata tifosa in tribuna: “Ho giocato davvero bene, ho sentito davvero i miei colpi da entrambi i lati, ho giocato in modo abbastanza intelligente, le cose sono andate per il mio verso sin dall’inizio, ho perso un po’ di slancio a metà del secondo set, ma ho lottato bene per tornare indietro e dopo sono riuscito a riprendermi.
Sono molto contento della mia prestazione, decisamente contento di dove si trova il mio gioco, ma questo era il match che meno mai sarei aspettato che finisse in tre set per me. Peccato non finisca sempre così”. E poi in due ore e 24’, con uno sprint da sogno, soprattutto dopo i primi durissimi match di questa campagna d’Australia.
Ha avuto i 4 set contro Laslo Djere, conclusi dopo oltre tre ore con 68 errori non forzati contro 39 vincenti, grazie a una filosofia comunque positiva nel superare i soliti siti e bassi, e lottare, e reagire, con una nuova maturità. Ha sostenuto i 5 set-maratona contro Soonwoo Kwon, festeggiando l’impresa con l’annuncio che avrebbe dormito nel ghiaccio.
Per poi regolare di pazienza – dote insolita per lui – il bombardiere Opelka e quindi approfittare di un inguardabile Zverev. Che recita il mea culpa: “Non ci sono scuse. Ho bisogno di essere migliore, ho bisogno di fare meglio. E’ semplice. Non è colpa di nessun altro. Non è colpa dell’allenatore, non lo è colpa della squadra, non è colpa di nessun altro. Sono puramente io. Alla fine della giornata, da numero 3 del mondo, devo prendermi la responsabilità per le cose che faccio e non faccio. Oggi non sono stato abbastanza bravo per battere uno come Denis”.
Denis ha appena lasciato coach Misha Youzhny: “E’ stato molto reciproco, ci mandiamo ancora messaggi e continuiamo ad avere un buon rapporto, ma semplicemente non funzionava. Entrambi non stavamo ottenendo ciò che volevamo”.
E s’è legato a Jamie Delgado, amico-sostenitore-allenatore storico di Andy Murray (ora con De Witt). Quindi, più maturo di suo e galvanizzato dalla ATP Cup vinta accanto al “gemello” Felix Auger Aliassime, perdendo solo con Evans, ma battendo Struff, Safiullin e Carreno Busta, ha cominciato questi Australian Open con un piglio nuovo, e qualche accorgimento tecnico di cui aveva bisogno: “Dovevo ripulire il mio gioco, soprattutto a rete”. Anche se la lacuna maggiore restano la consistenza da fondo e la decisione nelle conclusioni.
Australian Open, day 7 – Shapo e Nadal
MONTAGNA RAFA
Zvereva gli ha dato un a mano, nel decisivo tie-break del secondo set, quando “Shapo” ha tremato, col doppio fallo sul primo set point. Difficilmente il prossimo avversario, Nadal, gli concederà simili regali.
Del resto, finora, il canadese ci ha perso 3 volte su 4 e, prima ancora del nuovo derby fra mancini, già si inchina davanti a sua maestà 20 Slam (addirittura con 45 quarti di finale nei tornei dell’immortalità tennistica): “È sempre un onore confrontarsi con uno come Rafa. Non molto tempo fa abbiamo giocato in esibizione in condizioni completamente diverse, una partita completamente diversa ma è sempre divertente e sarà sempre una battaglia contro di lui. Sarà dura ma sicuramente mi divertirò”.
Dopo il successo nel primo confronto contro il gigante di Maiorca del 2017 a Montreal, quand’aveva appena 18 anni – l’ultimo ko di Rafa contro un altro mancino da 21 partite -, Denis ha strappato un altro set allo spagnolo soltanto l’anno scorso a Roma, cedendo al tie-break del terzo dopo una grande partita.
Ma, proprio alla luce di quel confronto, sia perché si è giocato sul terreno preferito di Rafa, la terra rossa, sia per come si è svolto il match, il canadese affronta con uno spirito diverso questa sfida di Melbourne che invece sopra di giocare più in velocità sulla sua superficie preferita, il cemento.
Agli Internazionali d’Italia era stato 4-0 nel primo set (poi vinto per 6-3), aveva comandato fino al 3-0 del secondo (perso 6-4) ed aveva avuto due match point nel terzo, prima di arrendersi dopo tre ore e mezza. Luik vede il bicchiere mezzo pieno, ma anche Rafa preferisce Shapovalov al potente Zverev, soprattutto nel ricordo delle tante occasioni mancate a maggio da Denis.