Grazie, Sinner. Perché ad appena 22 anni stai cambiando lo sport italiano. Grazie, per l’umiltà e la semplicità, per la tranquillità e la freddezza, per la perizia tecnica e la fisicità con cui imbavagli anche “toro scatenato” Andrey Rublev, il quinto avversario del primo Slam dell’anno, a Melbourne. Grazie, perché nel riscrivere la storia delle racchette azzurre – secondo semifinalista agli Australian Open dopo Matteo Berrettini nel 2022 – fai sembrare facile e scontato che il numero 4 del mondo batta il 5, unico dei quattro semifinalisti a non aver perso un set nel torneo, mostrandoti troppo forte di testa di qualsiasi avversario e di qualsiasi avversità. Almeno fino alla sfida di venerdì contro Novak Djokovic.
LUCIDITA’
Nel derby dai capelli rossi, dopo quattro ko su quattro, il moscovita da una botta e via è più rabbioso e disperato che mai per sfatare il tabù-semifinali Majors dopo 9 bocciature nei quarti. E, con quelle potenti smanacciate di dritto tutte a strappi, è il primo a conquistarsi due palle-break sul 2-1 iniziale, anche se alla prima spallata è lui che perde la battuta del 3-2 e poco dopo il primo set per 6-4. Emblematico preludio di un match mentalmente impari. Anche se Jannik minimizza cavallerescamente: “E’ molto difficile giocarci contro. Potevo perdere sia il primo che il secondo set, ha avuto tante palle break e mi sono salvato con il servizio. Ho reagito rapidamente, ho cercato di muoverlo un po’ più di quanto lui muova me”.
PUNTUALITA’
Dopo 40 anni di campioni potenziali ma imperfetti, ci stiamo abituando a quello completo, che fa la cosa giusta al momento giusto e sciorina talmente tanta varietà che l’avversario va in confusione. Ma c’è di più. Sinner, che è venuto giù dai monti dell’Alto Adige col baricentro basso, l’elasticità da sciatore provetto e la testa giusta, non si piange addosso. E anche quando, sul 6-4 3-4, si tocca lo sterno, sofferente, e fa tremare tutt’Italia davanti alla tv (“Nulla di che, il dolore è passato e non mi preoccupa”, spiegherà); anche quando i suoi biografi ricordano i due ko subiti da Andrey proprio per infortunio, si tira comunque fuori dai guai. E, freddo e preciso, a botte di dritto, approda al 6-6, al tie-break.
MIRACOLO
La rimonta che confeziona subito dopo, però, resterà impresso nella testa del povero Rublev e influenzerà per sempre le loro sfide. Andrey vola per qualche minuto su una nuvola, non sbaglia più e arriva 5-1. Ma gli ultimi due punti che lo porterebbero a un set pari si infrangono come un miraggio contro il magico sprint tutto leggerezza e intelligenza di Jannik. Che, sommando rovesci, accelerazioni di dritto, contropiede e servizi al corpo, supera il russo sul 7-5. “E’ stato difficile, ma adoro vivere momenti così. E’ quello per cui mi alleno. Ed è davvero eccitante quando vivi questi punti sotto pressione. Ho cercato di essere sempre aggressivo: stavolta è andata andata dalla mia parte, sono felice”.
RISPOSTA
Il servizio è migliorato rispetto al match con Khachanov: “Nei punti più importanti, sulle palle break e sui 40 pari, mi ha sempre aiutato”. Così dice lo 0/8 nelle palle-break di Rublev e il 2/28 complessivo dei 5 avversari a Melbourne. E le ultime occasioni mancate sui punti importanti – tutti “made in Italy” – soffocano Andrey. Che, all’una e 25 di mattina, cede 6-4 7-6 6-3.
Con questo Sinner sembra facile.
Vincenzo Martucci (Tratto dal messaggero del 24 gennaio 2024)