Revenge, vendetta. L’alchimia fra campione e super-coach, cioé ex campione, nasce dalla tecnica, cioé nel concreto aiuto che la star di ieri può dare alla star di oggi ma si perfeziona nel rapporto umano, nelle affinità elettive. Sulla carta, un croato di Spalato, peraltro un uomo di mare come Goran Ivanisevic, mancino, e un serbo di Belgrado (addirittura cresciuto in montagna) come Novak Djokovic non dovrebbero avere nulla in comune, invece hanno tantissimo.
Principalmente, oltre ad essere due atleti naturali appassionati di tutti gli sport e molto diretti come persone, si sentono in credito col destino, e sono tenaci paladini contro quelle che considerano ingiustizie. Così, Goran Ivanisevic che, dopo troppi sgambetti, ha strappato in extremis al destino il miracoloso trionfo a Wimbledon 2001 con la spalla rotta, ha chiuso la carriera con l’amaro in bocca e l’etichetta di un gran servizio.
E, da super-coach, lotta il doppio per aiutare Djokovic: “Novak desiderava dannatamente questo Melbourne. Qualcuno al piano di sopra sta vedendo l’ingiustizia che gli stanno facendo molti media e molte persone. Lui sta attraversando tutto questo, soprattutto dopo gli US Open dell’anno scorso e la finale piuttosto povera del Roland Garros. E non è facile”.
“Venendo in Australia, ha passato 42 giorni in quarantena. Ancora una volta, ha cercato di aiutare i giocatori. Ancora una volta, è solo, e qualsiasi cosa succeda è sempre colpa sua, tutti attaccano soltanto lui. Poi gli è capitato quest’infortunio. E’ incredibile. Ad essere sincero, non posso credere di parlare del vincitore del nono Australian Open”.
Gli occhi nerissimi di Goran guizzano in tribuna ancor più disperati di quando giocava e doveva convivere con le due personalità che gli agitano l‘anima, come aveva svelato ai media.
Goran il buono si danna per il pupillo, gioca in tandem con Djokovic, dannato come lui: “I giovani pensano di spere tutto, ma non sanno niente. Devono imparare da quei tre (Federer, Nadal e Djokovic) che non hanno mai paura di provare cose nuove. E’ per questo che sono ancora i migliori. Che bel numero: 18. Ora comincia la caccia, e Novak ha tanta fiducia. Rafa vincerà altri Slam, penso uno, spero non due, ma chi lo sa? “
“Questi campioni sono incredibili: appena pensi che siano finiti, producono tennis sempre migliore. I giovani stanno arrivando ma quei tre sono ancora migliori di loro, in finale sono un passo avanti. E io non so dove sia davvero la fine. Quel che fanno in campo è stupendo, così come le prestazioni nelle grandi partite. Aspetto il ritorno di Roger. Sarà interessante vedere che succede al Roland Garros e a Wimbledon. E’ da un paio d’anni che sostengo che Rafa e Nole avrebbero preso Federer, e lo credo ancora”.
Goran è la chiave degli ultimi, importanti, miglioramenti di Djokovic al servizio, testimoniati dagli eclatanti 103 ace coi quali ha chiuso al numero 1 anche gli Australian Open, su una superficie più veloce e quindi sulla carta così favorevole per i grandi battitori. Goran ha aiutato Novak nella indimenticabile finale di Wimbledon 2019, ma è rimasto senza parole per la prestazione del pupillo a Melbourne: “Un capolavoro, ha messo in pratica esattamente quello che avevamo studiato prima, soprattutto sui punti-chiave”.
Orgoglioso del 16/18, l’89% dei punti, al net. “Mi ha impressionato in tutto. E’ rimasto calmo contro un avversario incredibile come Daniil, che sta giocando il miglior tennis e ha vinto 20 partite di fila (12 contro top ten): ha risposto alla grande al suo servizio, non ha avuto paura del suo rovescio, non ha esitato ad andare a rete. E, soprattutto, ha spinto sul servizio, senza timore, sfruttando tutte le occasioni. Sinceramente, al via, pensavo sarebbe stato un match alla pari. Ma questa è la finale ed è il campo di Novak, quello dove non ha mai perso un match, e questo l’ha aiutato molto la fine”.
Con nove titoli nello stesso Slam Djokovic stacca gli otto Wimbledon di Federer e parte all’assalto del record di 13 Roland Garros di Rafa: “Novak ha dimostrato ancora una volta al mondo intero quanto sia forte e quanto sia grande come tennista. Questa vittoria è ancor più dolce perché so che cosa ha passato, quali emozioni e quali dolori ha dovuto superare nell’ultima settimana. E’ fantastico come sia riuscito comunque a vincere questo torneo in questo modo”.
A 33 anni, Djokovic ha giocato la finale numero 28 (bilancio 18-10), concedendo più set che mai (5), proprio per lo strappo agli addominali che l’hanno messo quasi ko quand’era avanti di due set contro Taylor Fritz, prima di imporsi dopo tre ore e mezza. Molti sono stati gli scettici sulla reale portata dell’infortunio, ancor di più quando Djokovic ha spiegato che il danno, rilevato ai raggi X in 1,7 centimetri, con l’andare dei match, contro Raonic, Karatsev e Medvedev, è cresciuto fino a 2,5 centimetri.
Proprio come ha voluto evitare Matteo Berrettini – colpito da un infortunio simile – che, come gli ha suggerito Rafa Nadal, colpito in passato dallo stesso problema, ha preferito fermarsi subito per nn aggravare il danno e ha rinunciato agli ottavi contro Ttitsipas. “Certa gente può convivere col dolore e cert’altra no. E’ così. Il match-chiave è stato quello con Raonic e poi Zverev, dopo di che è andato di meglio in meglio. La sua corsa è stata fantastica, dimostra come il ragazzo sia incredibile. Non ho mai incontrato qualcuno così forte mentalmente. Sono stato testimone di qualcosa di assolutamente fantastico”.
Appuntamento il 23 maggio sulla terra del Roland Garros, lo Slam meno generosa con Djokovic, con un trionfo in quattro finali, e tanti brutti ricordi. Un’altra sfida eccitante per i campioni incompresi, Ivanisevic e Djokovic.
Articolo ripreso da Supertennis.tv