Una modificazione genetica. Valentino Rossi ci ha abituato ad una carriera camaleontica. Del resto non si resiste lì davanti più di 20 anni se non hai la capacità di adattare il tuo stile e il tuo modo di correre alle diverse cilindrate, a nuove moto/gomme, agli avversari che cambiano. Ma questa volta è diverso. Addirittura ha dovuto modificare il suo Dna. Un inverno difficilissimo, prove sempre a rincorrere il tempo perduto, tre bellissime gare, ma sempre dietro, sempre battuto dai nuovi giovani fenomeni. Eppure ride.
Una volta Valentino non lo avrebbe fatto. Mai avrebbe accettato passivamente di arrivare costantemente dietro il suo compagno di squadra, cioè con la identica dotazione tecnica e per di più appena arrivato, come Maverick Viñales. Men che meno avrebbe pensato di scherzare e fare selfie col Grande Nemico Marc Marquez, che lo batte. Però se si guarda quel numeretto (si fa per dire…) della casella “GP disputati”, si capisce il motivo di questo suo nuovo comportamento: 351 su 889, cioè quasi il 40 per cento delle gare disputate nella storia del Motomondiale! Un dato emblematico della sua continuità.
Finora, quest’anno, non ha vinto nessuna battaglia Valentino, nel senso che in nessuna sessione di prove, tra i quattro test invernali e nelle tre gare fin qui corse, è stato davanti a tutti. Ma intanto vince la guerra, visto che 21 gare dopo l’ultima volta – Malesia 2015 -, è in testa alla classifica mondiale. Ha appena sei punti di margine, non ha creato certo una montagna (15 altre gare)fra sé e gli altri, certo. Però, intanto, sono gli altri a dover inseguire.
La sua è la classica storia del terzo incomodo? Aspettando l’ulteriore salto in avanti nella prestazione pura, per il momento sì. Ci sono l’iridato in carica Marquez e lo sfidante Viñales che se le danno di santa ragione, ma c’è il vecchio marpione (campione) che se ne sta lì, sulla riva del fiume, pronto a buttarsi in picchiata sulle prede. Perché Marc e Maverick sono della stessa pasta, ma non sanno accettare, come fa il nuovo Valentino, la possibilità di perdere. Si sono buttati per terra una volta per uno, il primo in Argentina, il secondo domenica in Texas. “Non capisco la caduta, non ho fatto niente di diverso in quel punto rispetto agli altri giri”, hanno detto praticamente in fotocopia. Il motivo è semplice: all’inizio di quei due gran premi, sapendo che l’altro era più forte in quella gara, e hanno provato ad andare oltre se stessi. Sbagliando e pagando.
Il saggio Valentino non si è fatto tirare in mezzo. Anzi, forse, per la prima volta, anche fuori dalla pista, ha cambiato tattica. Niente pressione psicologica al nuovo compagno, come ha fatto in passato con Jorge Lorenzo, l’unico compagno in grado di batterlo, per cercare di indebolirlo, ma solo sorrisi e pacche sulle spalle. Forse ha intuito che un Maverick forte significa battaglie furiose con Marc e quindi possibilità di…errori. Da cogliere al volo.
Se si ragiona a mente fredda, potrebbe addirittura succedere che Valentino quest’anno non vinca nemmeno una gara… ma faccia 10, come il titolo che insegue da 8 anni. Eresia? E perché? L’esempio sta proprio nel box di Marquez, quell’Emilio Alzamora che nel 1995 vinse la 125 contro Marco Melandri, senza una pole e senza nemmeno una vittoria. Certo, nella classe regina non è mai successo, ma Valentino non è un pilota speciale?
Filippo Falsaperla