Come Cersei Lannister, Luciano Spalletti è chiuso nel suo castello e fissa l’orizzonte. Forse si rende conto della situazione, forse no. “La fortezza non è mai caduta” ripete Cersei, ma Luciano sa che il suo esercito è allo sbando. Dietro alle porte sbarrate di Appiano Gentile, sono tutti coperti e allineati, annullati gli eventi sociali dovrebbero tacere pure i social che infiniti lutti hanno causato. Attorno alle mura si affollano draghi; Immacolati; Dothraki; l’esercito di Grande Inverno; amici pronti al tradimento come Aurelio Andreazzoli, con cui Luciano ha diviso stanza e banco di scuola calcistica; il “suo” Empoli, con l’Atalanta, la formazione più calda del momento; il fantasma di Antonio Conte, sempre meno fantasma.
Luciano Spalletti è un uomo solo e la panchina dell’Inter un Trono di Spade, ma meno confortevole di quello della fiction. Un aspetto in comune esiste e non è allegro. Come si è visto nell’ultima puntata di Game of Thrones, tutti coloro che hanno occupato sul Trono di Spade sono morti. Anche chi si è seduto sulla panchina interista dal 2010 in poi, cioè dalla Tripletta di Josè Mourinhoconclusa a Madrid, parlando da un punto di vista calcistico, non è finito molto bene.
Nella fiction muoiono di morte violenta, nella realtà interista finiscono esonerati, senza mai riuscire a concludere positivamente la loro avventura.
Dopo aver tenuto il terzo posto in solitaria per gran parte del campionato, ora Luciano Spallettiè quarto, superato, con gli stessi punti, dall’Atalanta avanti negli scontri diretti. Però è ancora padrone del suo destino. Può battere gli assedianti (l’Empoli) e conquistare la seconda qualificazione Champions. Ma non sfuggirà, in ogni caso, al maelstrom nerazzurro, il gorgo che, da definizione Treccani ha “il potere di risucchiare e distruggere ogni nave che si trovasse a passare entro un certo raggio di distanza”. Sostituiamo nave con allenatore e la metafora è completa.
Luciano Spalletti è un uomo solo al comando per una settimana. E lo è grazie a Beppe Marotta che ha messo un argine all’esoneritenerazzurra. La società questa volta ha difeso l’allenatore, perché i grandi club non cambiano se proprio non sono sull’orlo dell’abisso, non forniscono alibi. Malgrado questo, Spalletti non è sembrato tranquillo in questi mesi. E’ stato avviluppato, pure lui, in quella solitudine dell’allenatore nerazzurro, che vede concludersi la sua avventura, chiuso nella fortezza, convinto che tutti tramino contro di lui e se non è vero comunque all’Inter iprimi pezzi di intonaco te li fanno cadere addosso quelli che abitano la tua stessa casa.
Luciano Spalletti lo aveva evidenziato questo spleen interista, questa allegria di naufragi per cui se una cosa va male ci si adagia dentro e si accetta la deriva senza opposizione, già a metà del campionato 2017-2018. Eppure aveva tentato di superarlo. Alla fine, proprio all’ultima giornata, era riuscito ad acchiappare la qualificazione in Champions, la prima dal 2011-2012. E ora può ripetere il risultato, basta vincere domenica. “Non guardo indietro, è tempo perso” ha risposto a Napoli a chi gli chiedeva se potendo, cambierebbe qualcosa delle scelte fatte. La fama di Luciano Spalletti è che debba sempre trovarsi un nemico. Se è vero non è il solo, tra gli allenatori. Antonio Conte, indicato come il suo sostituto da lunedì prossimo, non è molto diverso. Però per Luciano non si tratta di passione il rumore della battaglia, come in Mourinho, altro specialista nell’individuare sempre un antagonista, vero o presunto che sia. Nello Specialoneè tutto studiato, è tutto misurato, nulla è lasciato al caso o all’improvvisazione. Difficilmente San Josè del Triplete va a braccio. Luciano, no, Luciano il “giornalista viso pallido” te lo tira fuori lì per lì, ma non ce l’ha con lui, in particolare, dei nemici ne farebbe a meno, ma li sente, li trova, li intuisce. Anche se non ci sono. Il suo eloquio è un grido di battaglia, quelle costruzioni circolari delle frasi servono a spiegare, a lanciare messaggi, a colpire nemici, a deridere chi non ha capito come stiano le cose. Il periodo più metallico del suo parlare è stato tra gennaio e febbraio con il caso Icardibollente, con Wanda in tv e Marotta pompiere volontario. Poteva andare diversamente? Tutto può sempre andare diversamente. Maa volte si guarda solo un lato del disegno geometrico, mai l’altro. L’hanno fatto passare come l’ammazza-campioni, ricordando la gestione di Totti alla Roma. Ma sono due storie completamente diverse, uno era un fuoriclasse sul viale del tramonto, l’altro un campione confuso. E da fuori è sempre facile capire.
Chissà come vive questa settimana Luciano Spalletti. L’impressione è che sia la più tranquilla di tutte. “Tento di fare il massimo, come sempre”. Senza guardarsi indietro. E’, veramente, tempo perso.
ARTICOLO APPARSO SUL CORRIERE DELLO SPORT 22/05/2019
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