Ci sono gli articoli, ci sono le immagini e poi ci sono i docufilm, le interviste filmate, che raccontano di più e restano ancor più impresse, da nuova frontiera dell’intrattenimento sportivo. La produzione originale “Jannik, oltre il tennis – Capitolo 3” cui abbiamo assistito in larga misura in anteprima rispetto alla programmazione di Sky Sport che parte oggi ci ha veramente colpito per la forza delle parole di Sinner, il primo numero 1 del mondo del tennis italiano, intervistato in esclusiva da Federico Ferri, direttore della rete. Il 23enne altoatesino impressiona per i successi sportivi, con la conquista quest’anno di 7 titoli fra cui spiccano i primi due Slam e la storica scalata di un azzurro al numero 1 del ranking ATP Tour con la certezza appena acquisita di rimanere al comando fino al termine di questo indimenticabile 2024. Ma se il suo tennis così completo e vincente ci rende orgogliosi e fieri, ancor più importante è il messaggio che continua a dare ai giovani e a tutt’Italia con l’impegno costante al lavoro e l’etica personale. Cui si collega strettamente la vicenda della doppia positività all’antidoping di aprile dalla quale l’ITIA, lo specifico organismo in materia, l’ha assolto attraverso le valutazioni di un Tribunale indipendente, ma la WDA, l’ente suprema sul tema doping, l’ha rimandato a giudizio al TAS, la cassazione dello sport, per “responsabilità oggettiva” per il comportamento del preparatore atletico e del fisioterapista che ha portato alla contaminazione di prodotti vietati. E la sentenza definitiva ci sarà forse solo a gennaio.
SOFFERENZA
Con la sua semplicità, Jannik ha ammesso candidamente: “Essere numeri 1 è diverso, sei il ricercato, tutti vogliono batterti. Ma questo mi piace anche. Umanamente sono rimasto lo stesso anche nei rapporti con le persone, ma ho meno tempo libero, perché nel nuovo ruolo devo fare più cose e sempre sempre più devo scegliere. Non mi lamento: dieci anni dopo aver lasciato casa sono dove sognavo di essere, al numero 1 del mondo, e penso di giocare altri 15 anni. Perciò mi alleno e penso a progredire, spinto ancora dalla voglia di giocare la partita e dal divertimento che mi fanno sempre lavorare tanto per giocare bene”. La sensazione che ha provato dopo aver conquistato il primo Major, a gennaio a Melbourne è stata: “Sollievo. Ho pensato ai miei genitori che mi hanno sempre lasciato libero di scegliere e gli ho dedicato la vittoria. Perché ho pensato quant’è difficile invece per tanti altri ragazzi quando, a 8-10 anni, hanno la pressione dei genitori e sentono che devono fare qualcosa”. Quando ha vinto il secondo Slam, a New York, invece ha pensato alla zia malata: “Mi portava lei a volte ad allenarmi, mentre i miei genitori che lavoravano, e poi in estate andavo con lei in piscina, è stata una persona che mi è stata molto vicina. Pensando a lei ho capito tante cose. Mi sono detto: “Io ho questo problema ma tutto fondamentalmente va bene mentre lei no, io faccio un lavoro che è ancora un hobby, ci sono cose ben peggiori di quella che sto vivendo con il doping”.
AIUTO
Jannik si è aiutato da solo: “Mi sono fatto tante domande, una mattina mi sono svegliato pensando: “Non ho fatto niente di sbagliato, non sapevo niente, non posso controllare tutto, anche il giudizio dei giudici”. Anche se i momenti difficili sono stati tanti, quando ha saputo dell’accusa e ha o preparato la difesa evitando di essere fermato dall’ATP, ma anche tacendo il suo dramma al mondo esterno: “Non sapevo come comportarmi, vincevo ma poi magari avevo la faccia triste”. Molto delicato è stato il cammino a Wimbledon: “Prima di affrontare Medvedev non ho dormito tutta la notte, e il giorno dopo non è stato facile, non stavo bene, dovevo giocare 5 set”. Quando la storia è venuta fuori, a New York, ha guardato in faccia i colleghi per interpretare le loro reazioni: “Ho capito che i pochi che magari non mi sembravano amici lo erano e la maggior parte che mi sembrava amica non lo era per davvero”. Fortuna che papà l’ha raggiunto e Darren (Cahill) che doveva tornare a casa sua e invece è rimasto col team. Tanto che in fondo si dice “fondamentalmente contento della gestione di una situazione così difficile”.
FORZA MENTALE
Le vittorie sul campo hanno aiutato il Profeta dai capelli rossi: “Lì mi sento sicuro, se non mi fossi sentito innocente non sarei riuscito a giocare così come ho fatto. Tutti giocano bene a tennis, il problema sono sempre i piccoli dettagli. Sono riuscito a capire tante cose in questa stagione e ho vinto tante partite con la forza mentale. Come anche nei tie-break dove io porto l’esperienza del set, so dove mi sento più a mio agio e dove no, e so quello che ha fatto l’avversario nelle varie situazioni”. E’ già pronto per la triplice Parigi-Bercy-ATP Finals-finali di Davis e per il prossim’anno non fa promesse specifiche: “Sarà molto diverso da questo che finisce perché so che posso vincere gli Slam e i tornei più grandi, cercherò di giocare di meno e vincere il più possibile. Gli Slam restano i tornei più importanti, non dico quali tornei vorrei vincere, li tengo per me”.