Tra pallavolo e beach volley, i genitori di Donovan Džavoronok sono stati due fuoriclasse: naturale che il figlio seguisse le loro orme sotto rete. Nato nel 1997, il martello ceco si è guadagnato un posto in Nazionale a 18 anni e il suo talento cristallino gli ha spalancato le porte della Superlega: anche grazie a lui, la Vero Volley Monza ha conquistato i quarti di finale della Cev Challenge Cup e della Coppa Italia. “L’Italia è un Paese splendido e ormai mi sento a casa; non avrei potuto sognare di meglio, come prima esperienza all’estero” dice il numero 4 del team brianzolo.
Ti sei trasferito qui quando che eri ancora un teenager: com’è la vita lontano dagli affetti?
“Ormai sono abituato: dopo l’esordio con il Brno nella Serie A ceca, a 15 anni, ho cambiato città di continuo. Questa a Monza, però, è la terza stagione e spero di fermarmi a lungo. Chissà che un giorno non mi raggiunga il mio fratellino Matyáš. Fratellino, si fa per dire”.
In pratica siete cresciuti tutti e due a pane e pallone.
“Sì, abbiamo la pallavolo nel Dna; nostro nonno (Marek Pakosta, ndr) è anche presidente della Federazione ceca. Io ho cominciato a paleggiare a 4 anni e già da bambino non mi perdevo una partita di mio padre Milan, campione di volley e beach volley. Lavrei seguito ovunque, se avessi potuto, e sognavo di diventare come lui”.
Infatti ricopri il suo stesso ruolo: cos’hai ereditato da papà?
“Quasi tutto, anche nel carattere: siamo entrambi due teste calde. Peccato non abbia il suo bagher: lui era un ricevitore eccezionale, al contrario di me. Ancora oggi mi critica spesso e ha ragione: è un fondamentale in cui devo migliorare tanto”.
In cosa somigli a tua madre, invece?
“Nel salto: sono bravo quasi quanto lei. Per quanto riguarda l’indole, mamma (Kateřina Pakostová, vincitrice di una medaglia agli Europei Juniores, ndr) è molto tranquilla: quando sono sotto pressione, cerco di imitarla, ma purtroppo riesco di rado (sorride, ndr)”.
La prima lezione di pallavolo che i tuoi genitori ti hanno insegnato?
“Tecnica a parte, una che vale anche nella vita: ascoltare sempre me stesso. Non significa seguire l’istinto, che a volte sbaglia, ma ponderare ogni scelta e decidere di conseguenza, valutando pro e contro. Sono cocciuto e so quello che voglio, per questo ho accettato subito l’offerta di Monza con entusiasmo: sapevo che sarebbe stata un’avventura nuova che mi avrebbe fatto crescere come atleta e come uomo”.
Una cosa in particolare che ami dell’Italia?
“Se devo dirne una tra le tante, il cibo. Finalmente ho assaggiato le vere lasagne e ho imparato a cucinarle. Non sono eccezionali, ma nemmeno terribili come quelle che mangiavo in Repubblica Ceca”.
Un’ultima curiosità: Donovan è un nome inglese. Come mai ti chiami così?
“In onore di Donovan Bailey, lo sprinter che alle Olimpiadi di Atlanta vinse l’oro e stabilì il record mondiale nei 100 mt. L’estate prima che nascessi io”.
*Credito foto: Ufficio stampa Vero Volley