Travolta. Da se stessa, dalla sua natura fintamente calma, da giapponese come la madre, e invece focosa come il padre, haitiano, e come il gioco “corri e tira” della sua palestra tennistica “made in Usa”. Nel primo big match degli Australian Open 2020, Naomi Osaka è travolta clamorosamente da se stessa, dai troppi pensieri che le affollano la testa nel giorno dell’ennesimo crac del suo idolo Serena Williams, dall’idea del tabellone aperto davanti a sé, dal suo gioco troppo rapido, dalla mancanza del piano-B, dalla pressione da super-favorita e da campionessa uscente, dall’incapacità di calmare le sue mille emozioni, dalla condanna del suo gioco-flipper, dalla necessità di vincere in forcing guardando più al cronometro che a quanto succede in campo. Così, è bocciata proprio nel giorno in cui dovrebbe essere lei la maestra, a 22 anni, forte di due titoli Slam e dell’esperienza di numero 1 del mondo di un anno fa (oggi è 4 della classifica) a dare lezione di tennis e di vita a Coco Gauff che di anni ne ha appena 15. E che, invece, al di là dei colpi e del fisico – già noti sin da quando ha fatto capolino sulla scena juniores -, dimostra di possedere già lo spirito giusto del tennis. Un po’ di natura, e quindi impossibile da insegnare, come la magica capacità di leggere la partita e i suoi delicatissimi momenti e la gestione delle emozioni nei momenti topici, un po’ per quell’indispensabile e decisivo tocco di semplicità e umanità che le danno la presenza dei passionali papà Corey, ex cestita universitario, e mamma Candi. Euforici sulla tribuna dello stadio di Melbourne intitolato a Rod Laver che Coco, tornata bambina al microfono nel post-match, ha chiesto di conoscere quanto prima (per farsi un selfie da mettere su Instagram…). Visto che finora pur passandogli accanto un paio di volte, non ha avuto il coraggio di avvicinare.
Timida nei rapporti, Coco non lo è di certo nel tennis. Anzi, nel giorno dell’esame, le parti si sono invertite: Osaka è tornata bambina e Gauff è sembrata la veterana. Come avrebbe scommesso Sascha Bajin, il coach-amico-stratega che Naomi aveva preso, intelligentemente, da Serena Williams, e che poi ha abbandonato da un giorno all’altro, di stizza -forse per avarizia forse per orgoglio -, senza più riuscire a sostituirlo nella sua indispensabile crescita psico-tecnico-tattica. Denunciando in questo incrocio di Melbourne col futuro prossimo del tennis ancora una volta i suoi limiti nel match appena le cose si complicano e non riesce a sfondare subito, in velocità. Coco invece ha potuto sciorinare al meglio la sua tesi. Che si può riassumere facilmente: la calma è la virtù dei forti, figurati in un gioco di testa, da scacchisti, com’è il tennis, che ha bisogno di gambe e forza, velocità e resistenza, ma si decide coi nervi, l’intuizione, l’analisi, l’intelligenza agonistica e non. Infatti, non si vince di soli muscoli, ma spesso di varietà, cambi di velocità, esperienza, furbizia.
Così si acquisisce l’eredità di Serena Williams, cui Osaka e Gauff sono destinate a tempo, proprio nel giorno del nuovo, clamoroso, crac della Signora del tennis. Che poi è stata l’idolo di entrambe. Senza la calma, senza la gestione del gioco, senza l’accorto dosaggio dell’acceleratore, senza l’illusione che il 6-3 6-0 di settembre a New York (Osaka aveva distrutto la piccola Coco) sia ancora infisso nella testa dell’afro-americana e quindi pesi nel secondo scontro fra le due, la Osaka ha visto solo rosso, ha picchiato furiosa e cieca la palla, senza muoverla davvero mai come e dove doveva, e non ha accentuato i problemi di mobilità e di tecnica di Gauff, tanto più giovane ed inesperta. Che gioca poco, per i limiti d’ingresso al professionismo imposti giustamente dalla WTA dopo i guasti umani dell’esperienza Jennifer Capriati. Che non ha di certo vinto due Slam ed è stata numero 1 del mondo. E che ha sicuramente molti più buchi neri, oggi, di quanto si sia visto in campo.
Ecco quindi che, mentre il giudizio su Osaka è nettamente negativo dopo questo match che avrebbe potuto spalancarle le porte di un’altra finale Slam, ed invece la spedisce a capo chino, in lacrime, dietro la lavagna, quello su Coco Gauff è sospeso. Certo, è impressionante la facilità con cui si è disfatta con leggerezza di un avversario, sulla carta tanto più forte di lei. Ma il 6-3 6-4 è stato troppo facile ed è stato troppo agevolato dal harakiri dell’avversaria. Che ha vissuto sulla propria pelle quanto era successo a Serena Wiliams nella finale di due anni fa agli Us Open, quando la favorita accusa tutta la pressione e, quasi paralizzata, ne viene tragicamente travolta. Coco ha tutti i numeri per sfondare e per comandare nel tennis di potenza che esalta così tanto il servizio avvicinando sempre più le donne agli uomini con la racchetta. Ma, a fronte di un importante potenziale, già così ben espresso ad appena 15 anni a livello più alto, deve lavorare moltissimo sui punti deboli: è lenta negli spostamenti, è molto più debole sul lato destro, sbaglia spesso posizione a rete, non ha grandi variazioni. Limiti che compensa con la grinta e la sensibilità, la potenza e la freschezza. Che poi è sinonimo di coraggio e di fiducia. Altre doti fondamentali nello sport come nella vita. Appuntamento quindi ai prossimi test, Coco che porti nel tennis questo profumo di vittoria più inebriante della tua omonima Coco, Chanel, da ubriacare Naomi Osaka. Il futuro è sicuramente tuo. Bisogna solo vedere quando lo concretizzerai.
*Articolo ripreso da supertennis.tv