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Lo sci di fondo sta vivendo uno dei periodi meno brillanti della sua decennale storia. I continui tentativi di rilancio da parte della Federazione Internazionale di “invertire la rotta” hanno per ora sortito l’effetto contrario costringendo gli atleti a osservare il lungo declino di questo sport.
La rinascita parte però dai giovani come dimostrato da Fabio Maj che, dopo aver vissuto una carriera ad alti livelli contraddistinta da due argenti olimpici, due bronzi mondiali e sette vittorie in Coppa del Mondo, ha deciso di mettersi a disposizione dello Sci Club Schilpario per restituire all’Italia quel posto che gli spetta nel mondo degli sci stretti.
Una missione tutt’altro che facile per chi ha potuto correre al fianco di Marco Albarello, Fabio Valbusa, Silvio Fauner, Giorgio Di Centa, Pietro Piller Cottrer e Cristian Zorzi, ma che al tempo stesso potrebbe al 53enne di Schilpario di trasmettere quella passione che ancora riunisce centinaia di ragazzi.
Fabio, lo sci di fondo sta perdendo progressivamente appeal, non solo in Italia. Come si spiega questa situazione?
Da ex fondista me lo sono chiesto più volte. In questi anni ci sarà stato anche un calo generazionale, ma non credo molto in questa giustificazione. Penso piuttosto che i ragazzi non siano gestiti bene con scelte sbagliate sia a livello italiano che internazionale. Per cercar di arginare questa “perdita di visibilità” si cerca di inventarsi nuove gare e tagliarne altre, come la cancellazione della 50 chilometri di Oslo che in passato attirava moltissimo pubblico.
Reinserendo le gare a inseguimento e riducendo il numero di sprint si potrebbe ritrovare lo splendore di un tempo?
Assolutamente sì perché l’inseguimento era la gara più bella sia da vedere per gli spettatori che da svolgere per gli atleti. Hanno preferito eliminarlo e inserire lo skiathlon che, personalmente, non comprendo, così come la mass start che si risolvono puntualmente negli ultimi chilometri. Ciò spinge lo spettatore a collegarsi nel caso solo nel finale perché prima puntualmente non accadrà nulla.
Una delle ere più brillanti è coincisa con la sua carriera in cui ha disputato tre Olimpiadi. Ci racconta il suo rapporto con i Cinque Cerchi?
Penso che sia stata l’esperienza più bella che abbia vissuto durante la carriera da atleta. Nel 1994 a Lillehammer ho osservato da vicino la vittoria dell’Italia in staffetta, percependo quanto girava attorno a quel favoloso oro. Nel 1998 a Nagano e nel 2002 a Salt Lake City mi sono ritrovato poi in squadra ottenendo due argenti e il momento più importante è stato l’Olimpiade giapponese. Trattandosi della mia prima medaglia, ho percepito il calore del pubblico presente, soprattutto durante le premiazioni. Non ho mai visto così tante persone a un evento di questo tipo.
Da atleta è passato “dietro la scrivania” occupandosi da vicino della Pista degli Abeti di Schilpario. A che punto siamo in vista della tappa di Fesa Cup?
Siamo a buon punto. Viste le temperature basse di questi giorni stiamo sparando con i cannoni, anche perché è meglio non fidarsi del meteo in quest’ultimo periodo e vogliamo evitare di finire per non avere neve. Stiamo cercando di completare gli ultimi tratti, poi per quanto riguarda il percorso siamo apposto. Per altre piccolezze come ski-room e zona adibita al riscaldamento sono cose che si vedono all’ultimo momento. Lo Sci Club Schilpario non è la prima volta che organizza gare di questo genere e per questo sa come muoversi, quindi siamo tranquilli.
Come si è arrivati a riportare la Fesa Cup in Val di Scalve, ma soprattutto ad aggiudicarsi l’organizzazione dei Mondiali Under 23 e Juniores 2025?
L’idea di riportare la Fesa Cup girava nella nostra testa da alcuni anni ed eravamo già stati selezionati alcune stagioni fa, poi, per questioni politiche, si è deciso di spostarsi verso altre località. Siccome avevamo già effettuato gare di questo livello, la Fis non ha avuto alcun problema ad accettare la nostra candidatura. Per il Mondiale invece è stato un po’ una sorpresa: essendo stata Bergamo Capitale della Cultura 2023, il comitato locale insieme alla Provincia hanno deciso di organizzare un grande evento sul nostro territorio. L’unica stazione in grado di ospitare questa tipologia di gare è la nostra per cui ci siamo ritrovati a organizzare questo appuntamento. I lavori da svolgere sono un po’ diversi rispetto a quelli per la Fesa Cup motivo per cui già in primavera sarà necessario che l’amministrazione comunale si attivi per darci una mano.
Guardando a Milano-Cortina 2026, come vede lo sci di fondo italiano? Qual è il consiglio che darebbe ai ragazzi che affronteranno questo palcoscenico per la prima volta?
“È difficile dare consigli perché ognuno ha un approccio a queste gare. L’unica cosa che posso dire è di mantenere il sangue freddo e rimanere sempre tranquilli. A livello italiano spero che in questi due anni ci sia un’inversione di tendenza perché stiamo facendo fatica. Ci auguriamo che qualcuno possa rilanciare le nostre chance di vittoria”.