Pete Sampras, appena diciottenne, vince a Philadelphia il primo torneo della carriera battendo 7-6 7-5 6-2 l’ecuadoriano Andres Gomez. È il primo acuto di un campione che marchierà a fuoco gli anni ’90 e più in generale la storia del tennis. Per lui, nato a Potomac nel Maryland il 12 agosto 1971, si sprecano i paragoni con il leggendario Rod Laver, suo idolo d’infanzia. Cresciuto in una famiglia di origine greche, Sampras si avvicina al tennis già a 3 anni quando in un ripostiglio di casa trova una vecchia racchetta con cui palleggia all’infinito contro un muro di cinta.
Talento e predisposizione naturale sconfiggono le avversità di una lieve forma di anemia mediterranea che Pete ha fin dalla nascita. Ma è l’incontro con il maestro Peter Fischer a trasformare Sampras da giocatore a campione. Fischer lo convince ad abbandonare il rovescio a due mani per quello a una mano e, soprattutto, a trasformare la sua tattica di gioco. Da regolarista da fondocampo, l’americano passa a una tattica più aggressiva basata tutto su un servizio devastante e un dritto potente. Se a questo aggiungiamo la predisposizione naturale per il gioco di volo, ecco trovato il Rod Laver di fine secolo.
Esempio indiscusso di correttezza e di educazione, Pete Sampras dà vita con Andre Agassi a una rivalità che segna quasi 15 anni di storia del tennis. Contro Agassi, Sampras vince il primo Slam della carriera, superandolo a Flushing Meadows nel 1990 e anche l’ultimo slam della carriera, ovvero l’Open degli Stati Uniti 2002.
Nella bacheca di Sampras ci sono tutti i tornei più importanti ad eccezione del Roland Garros (miglior risultato la semifinale del 1996): 7 Wimbledon, 5 US Open, 2 Australian Open, 5 Masters di fine anno e 6 stagioni filate chiuse da numero 1 del mondo (dal 1993 al 1998). Record che parevano imbattibili, ma che invece sono stati ritoccati in breve tempo da Roger Federer.