Se William Shakespeare avesse trascorso qualche ora negli spogliatoi del Leicester City Stadium avrebbe raccolto, con occhio esperto, segnali di tradimenti, gelosie, invidie, ammutinamenti, insofferenze e alla lista della sua lunga drammaturgia avrebbe potuto aggiungere anche una nuova opera: King Claudio.
Avrebbe potuto rappresentare con i toni giusti l’incredibile storia di Claudio Ranieri, nel giugno scorso osannato tecnico dell’impresa più incredibile della storia della Premiere League: il titolo di campione d’Inghilterra da outsider assoluto. Ma per l’uomo che ha portato la città capoluogo delle Midlands orientali sul trono del calcio inglese, non c’è stata riconoscenza, come se aver tolto il Leicester dall’armadio polveroso della storia fosse più una colpa che un merito.
L’ubriacatura per un’impresa che il mondo ha applaudito, la pioggia di entusiasmi nei confronti di Claudio Ranieri, la convinzione che l’impresa sia stata soprattutto opera della sua sagacia, mista a tempra inglese e fantasia italiana, lo hanno condotto sulla graticola, complici i risultati non all’altezza del nuovo ruolo, ma nella norma in un passato recente. Nessuno potrà mai provare che i giocatori abbiano tramato contro Ranieri, ma un altro Shakespeare, di nome Craig, di professione vice allenatore assurto al soglio di manager del Leicester, una volta prese tra le mani le redini della squadra, ha visto sbocciare un gruppo che sembrava tramortito, rassegnato, confuso. I giocatori hanno ricominciato a correre (e se non fossero stati ben preparati non avrebbero potuto farlo) e a vincere, non solo in campionato, ma anche in Champions League. Pure qui ottenendo un risultato storico, con la qualificazione tra le prime otto d’Europa, unica squadra inglese. Strano, ma vero.
Ciò che è accaduto dopo l’esonero di Claudio Ranieri è più che un indizio di come proprio il condottiero sia stato divorato dai suoi soldati che non sopportavano più il bastone del comando, lo stesso usato con intelligenza pochi mesi prima. Da Jamie Vardy (che per altro assurdamente è stato minacciato di morte da folli tifosi) a Marc Albrighton, che all’improvviso hanno rivestito i panni di eroi dei Foxes, nessuno sembra alieno, a vari gradi, dalla cospirazione che ha portato alla detronizzazione del tecnico romano. Senza giri di parole Eric Cantona e Gary Lineker e molti altri parlano di tradimento, indirizzando il loro messaggio proprio a quei giocatori che soltanto qualche mese fa festeggiavano l’emozionato allenatore italiano mostrandogli bagagli di riconoscenza. Evaporata in un amen.
Possiamo anche indignarci, ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Anzi è tutto antico. La scorsa stagione Rafa Benitez (per altro recidivo e protagonista di una situazione simile all’Inter del dopo Mourinho all’Inter), fu costretto a lasciare il Real Madrid a causa di un poco idilliaco rapporto con Cristiano Ronaldo e Sergio Ramos, i “padroni” delle Merengues. O noi o lui. Più o meno, quello che disse Marco Van Basten a Silvio Berlusconi (1991) quando mal sopportava il potere di Arrigo Sacchi, maniacale allenatore di un Milan miracoloso e inarrivabile. Per il tecnico di Fusignano fu la fine di un sogno e anche qui la riconoscenza fu infilata, come la polvere, sotto il tappeto.
I campioni, si sa, fanno la differenza perché accendono le folle, illuminano i sogni, ingrossano i portafogli della società. E non si pensi che questa sia un’antipatica moda solo calcistica. Succede anche nel super professionale mondo della Nba. Fatevi raccontare la storia dal mitico David Blatt, uno dei migliori allenatori in circolazione, cacciato pochi mesi fa dai Cleveland Cavaliers quando era al comando dell’Eastern Conference. Merito di LeBron James, stella del canestro statunitense che, dopo un’estenuante guerra di nervi, ha centrato il suo obiettivo: portare in panchina Tyronn Lue, semisconosciuto coach, ma soprattutto allenatore personale del campionissimo della Nba.
E per tornare da noi, proprio per raccontare le stranezze del mondo dello sport, siamo stati spettatori di un esonero di un tecnico da parte dei giocatori: in diretta Tv. Caro, Davide Ballardini, annunciò coram populi lo scorso anno il portiere del Palermo Stefano Sorrentino, non ti vogliamo più, non ci piaci proprio e se abbiamo vinto è solo merito nostro, non tuo. Fuori dalle scatole. Non è parso vero al mangia-allenatori Maurizio Zamparini trovare inaspettati alleati nel suo sport preferito: il salta panchine.
E’ comprensibile che il presidente di una società possa decidere di esonerare un allenatore perché i risultati sono stati fallimentari, fa parte di un gioco, giusto o sbagliato, che tutti hanno accettato, ma in questo caso, come in quello di Ranieri si è andati ben oltre i propri ruoli. Potrebbe diventare un precedente pericoloso lasciare che all’interno di uno spogliatoio prevalgano invidie e insoddisfazioni. Qui c’è un solo metodo: la serietà di una società, capace, a oltranza, di imporre il proprio insindacabile giudizio contro quello dei giocatori che, fino a prova contraria, sono e restano dipendenti lautamente remunerati.
Il Leicester si salverà, potrebbe correre anche verso le semifinali della Champions, ma una proprietà seria a fine stagione dovrebbe chiamare i traditori e dare loro il benservito. Non possono rappresentare moralmente il patrimonio di una società e il gesto sarebbe un risarcimento anche per King Claudio. Già, ma questa è un finale di favola ben più impossibile del titolo di campione d’Inghilterra conquistato lo scorso anno dalle Foxes.
Sergio Gavardi
- Ex caporedattore centrale della Gazzetta dello Sport.