Il potere logora chi non ce l’ha. Capita, in questo pazzo pazzo tennis, dai valori sempre più livellati, come le superfici, le conoscenze, le condizioni fisiche, le racchette, le palle. Capita, in questo tourbillon di tornei che si susseguono e si inseguono di settimana in settimana, in queste occasioni continue. Capita, soprattutto a quelli con qualità, di indovinare il cocktail giusto, di trovare l’assetto perfetto e di battere i più forti. Capita, ma è un’eccezione, l’una tantum che esalta, che rilancia l’immagine allo specchio, che ridà energie nell’allenamento e restituisce coraggio ed ambizioni massime.
Poi, però, subito dopo, senza il tempo per festeggiare veramente, c’è un altro giorno, un altro sacrificio, un altro viaggio, un altro torneo, un’altra realtà, un’altra attesa che si somma e si somma ancora. Insieme alla pressione che sale, come le aspettative e il bisogno di conferme, verso se stessi e verso gli altri. E qui, in questo preciso, snodo, c’è la vera differenza fra i big, i mostruosi Fab Four, Federer, Nadal, Djokovic e Murray (finché ce l’ha fatta), e gli altri. Che sono così lontani dai primi da essere più terzi che secondi, per quanto sono imperfetti, vuoi atleticamente, vuoi tecnicamente, vuoi, soprattutto, mentalmente.
Risettare, azzerando tutto quanto è successo e ripartendo di slancio, adattandosi subito a qualsiasi nuova situazione, ritrovando le motivazioni più forti, e ripetendosi continuamente, senza cedimenti, è il vero asso nella manica dei protagonisti, lo spartiacque con i campioni forti, fortissimi, ma incompiuti, da Berdych a Monfils, da Gasquet a Verdasco, da Dimitrov a Fognini, a Dominik Thiem. Cioè l’ultimo dei bracci d’oro che è inciampato all’indomani di un acuto di primissima qualità, come quello di “Domi” a Indian Wells contro Federer, dopo anni di alti e bassi, spesso inspiegabili.
Potenzialmente, chi ha saputo battere con più continuità nientepopodimeno che Rafa Nadal sulla terra rossa, è superiore al più famoso avo di Austria, Thomas Muster, che però er un mostro di continuità. Potenzialmente, era più avanti rispetto a Sascha Zverev, che invece l’ha sopravanzato nella classifica mondiale, ma Thiem, il potente ragazzo dal fantastico rovescia a una mano, prima ha perso tempo per affinare la tecnica ed esprimersi alla pari anche sul cemento, quindi ha perso la testa dietro la aitante collega francese Kiki Mladenovic, e ora continua a perdere le occasioni. Perché un secondo bel risultato sul circuito nordamericano non solo ne avrebbe confermato i progressi di tenuta, ma gli avrebbe dato una spinta importantissima per l’imminente stagione sulla terra rossa europea.
Dove avrebbe le credenziali per essere il primo antagonista di Rafa al Roland Garros. Curiosamente, il 6-4 6-4 che il numero 4 del mondo ha subito all’esordio a Miami dal numero 54, il solido polacco Hubert Hurkacz, è lo stesso punteggio col quale il primo esempio di continuità, Roger Federer, ha appena rifilato, a Indian Wells, al 22enne che aveva fatto passerella a novembre alle Next Gen Final di Rho. Thiem, che sta cercando un aiutino agonistico in più dal nuovo coach accompagnatore, Nicolas Massu, deve ripartire da questo parallelo con il Magnifico – che lui pure ha battuto – per trovare la pietra filosofale della continuità.
*articolo ripreso da federtennis