Dal prato verde alle corsie degli ospedali. Dal pullman della Nazionale all’ambulanza. Perché uno come lui alla lotta, alla “guerra”, ci è abituato eccome. Lui è Maxime Mbandà, rugbista professionista di 27 anni, nato a Roma da madre italiana e papà congolese e trasferitosi all’età di tre anni a Milano, dove è cresciuto e ha dato le prime “spinte” al pallone.
In questi giorni di emergenza Coronavirus, Maxime non ci ha pensato due volte: ha tolto la maglia degli Azzurri e ha indossato la divisa della croce gialla di Parma, città in cui vive perché tesserato per le “Zebre”.
“Un consiglio – ha scritto lui stesso sui social nei giorni scorsi raccontando la sua nuova esperienza -. Se sei giovane, non vivi con anziani o persone con malattie pregresse e proprio non riesci a stare in casa con le mani in mano, prova a fare una chiamata alla pubblica assistenza Anpas della tua città, potrebbero avere bisogno di te”.
Coronavirus, il rugbista diventato soccorritore
E di bisogno di Maxime, un ragazzone di 100 chili per 1 metro e 90 di altezza, ce n’era eccome. Perché dietro quel fisico da duro, si nasconde un grande cuore. Come testimoniano gli aggiornamenti social che lui stesso regala ai suoi follower. Nelle scorse ore è comparsa la foto della sua mano che tiene con delicatezza la mano di un’anziana, accompagnata da un pensiero: “La paura riesce ad azzerare ogni distinzione. La forza e la tenerezza nello stesso momento con le quali questa nonnina mi stringeva la mano mi ha fatto riflettere molto. Non siamo più bianchi, neri, gialli, cristiani, musulmani, ortodossi, gay, etero. Siamo tutti esseri umani e l’unica cosa alla quale pensiamo è mettere al riparo noi stessi, i nostri cari ed i nostri simili”, ha scritto Maxime.
E ancora: “È un periodo storico al quale molti di noi non sono abituati. Si è sempre parlato di guerre Mondiali, guerre in Siria, Iraq, Africa. Ma questa volta il nemico é invisibile. In questi giorni sto imparando tanto. In fondo è normale avere paura, ma è il come si reagisce che differenzia il risultato. Solo se tutti seguiremo le direttive del Governo – ha concluso – riusciremo a superare questo momento”.
Gli insulti razzisti a Maxime
E quando parla di “bianchi, neri, gialli, cristiani, musulmani, ortodossi, gay, etero”, Maxime sa di cosa parla. A dicembre scorso, infatti, anche lui aveva dovuto fare i conti con qualche razzista che aveva pensato bene di insultarlo soltanto per il suo colore della pelle.
“Va’ negro di m…, tornatene al tuo Paese”, gli aveva detto un automobilista dopo una semplice lite in strada a Milano.
“Sono fiero di essere il risultato dell’unione di due culture diverse”, aveva spiegato Maxime, raccontando che suo papà era arrivato in Italia a 19 anni con una borsa di studio per poi diventare chirurgo. “Sarò sempre quel negro che alcune persone ignoranti usano con quel tono dispregiativo e – aveva rivendicato Mbandà – sarò sempre italiano, che la gente lo voglia o no”.
*articolo ripreso da http://www.milanotoday.it/attualita/coronavirus/maxime-mbanda-rugby.html