Franco Cortese è un pilota poco noto del secolo scorso, nonostante la lunga militanza – trentadue stagioni di gare, dal 1926 al 1958, costellate di partecipazioni alla Mille Miglia (ben ventun presenze su ventiquattro edizioni) – ma è passato alla storia degli sport motoristici come primo pilota che abbia condotto al successo una vettura costruita da Enzo Ferrari. Il fatto risale a settant’anni fa, al 25 maggio 1947, quando Cortese si afferma nel Gran Premio di Roma, sul circuito di Caracalla, al volante di una Ferrari 125S. Già due settimane prima, all’esordio, la Ferrari aveva mostrato il suo potenziale nel Gran Premio di Piacenza, dove aveva ottenuto la pole position e dominato la gara sino a due giri dal termine quando un guasto alla pompa di benzina aveva decretato lo stop. Ritiro a un passo da un meritato successo. Alla seconda uscita la Ferrari 125S, equipaggiata con un 12 cilindri a V di 60°, era già la macchina da battere. Fenomenale.
Enzo Ferrari, uomo che difettava di riconoscenza e mai era tenero nei giudizi, nel suo libro di memorie Piloti che gente, bollò Cortese come persona di scarso d’ingegno (“un uomo al quale conveniva ripetere i discorsi un paio di volte”) e inutilmente eccentrico, visti “gli incredibili colori delle calze che indossava”. Poi, forse per limitare la portata dei suo giudizi, lo definì un “livornese (dato non vero, Cortese era un piemontese di Oggebbio, provincia di Verbania; ndr) che mai sarebbe diventato un asso del volante ma che aveva doti di fondo per stile e capacità tecnica”. Come a dire un damerino capace di cavarsela con un’auto da corsa. Del resto le immagini dell’epoca ritraggono Cortese longilineo, smilzo, in sahariana, con il caschetto di pelle, accanto alla 125S del debutto.
Di certo Cortese non sapeva accendere l’entusiasmo delle folle, era incapace di gesti ad effetto e soprattutto non frequentava le polemiche, che l’innervosivano. Era una persona schiva, discreta, sincera e gentile, signore nei modi e nell’animo, di fatto franco e cortese, come imponeva l’anagrafe.
A chi s’interrogasse sui motivi della scelta di Enzo Ferrari che lo ingaggiò come collaudatore e pilota delle sue vetture, la risposta è intuitiva: il Drake scelse nel 1947 un pilota esperto, con già 19 stagioni di corse alle spalle, che mai avrebbe potuto oscurare i meriti della sua monoposto, dato quest’ultimo non trascurabile, visto l’ego ipertrofico di Enzo Ferrari.
Era decisamente ben collaudato – e collaudatore di vaglia – Franco Cortese, capace al debutto su Itala nella Sorrento-Sant’Agata del 1926 di essere ottimo terzo di categoria nella gara che vide il successo, su Diatto, del marchese De Sterlich. Anni di crescita progressiva poi il salto di qualità nel 1938, il suo anno d’oro, quando Cortese trionfa nel VI Circuito di Modena su Maserati, dopo aver vinto tutte le gare della categoria sport (meno lo Stelvio), al volante dell’Alfa Romeo 2300 B. In carriera Cortese inanella comunque un bella serie di titoli: campione italiano categoria Sport Nazionale (1937-1938), della Montagna (1951), di F2 (1951), da ultimo nella categoria Sport fino a 2000 cmc (1956), quando di anni ne ha cinquantatré abbondantemente compiuti.
Lui e Ferrari si conoscevano dagli anni Trenta, quando Ferrari lavorava in Alfa Romeo e Cortese era un venditore tra i migliori di quelle auto. Quando si rincontrarono a guerra finita il caso volle che Ferrari si occupasse di macchine utensili per cui le doti di venditore di Cortese vennero buone anche in quel settore, salvo imporgli, a fine 1946, di seguirlo nell’avventura automobilistica che riprendeva vigore. Ferrari lo apostrofò asciutto, senza fronzoli, com’era sua abitudine: “Basta con le macchine utensili, ora produciamo automobili sportive”. Enzo Ferrari era così, un istintivo di successo.
Sergio Meda
(foto Roma ieri ed oggi)