Chiamatelo GOAT (acronimo di Greatest Of All Time), o all’italiana , il più grande di tutti i tempi. La tentazione di definire il dio di uno sport o di un’arte rimane irresistibile. Figurarsi nel basket Nba che vive di spiccate individualità e, oggi, archiviato l’ultimo parallelo Jordan-Kobe Bryant, ripropone quello fra “Air” e LeBron James, sfruttando il volano dell’imminente sorpasso nei punti segnati in carriera su MJ – a quota 32.292, con il rivale a 32.082, nella hit parade dominata da Kareem Abdul-Jabbar, Karl Malone e Kobe – e il fatto che in realtà il super asso di oggi si autodefinisca più “playmaker” che tiratore, a dispetto dei 203 centimetri, contro i 198 di Jordan. Anche se non può negare di inseguire il mito sin dal 2003, quando pretese proprio la maglia numero 23 dell’eroe dei Bulls ’84-‘98.
Il giornalismo a stelle e strisce si fonda sui numeri, le statistiche, i grafici, anche se la vita e lo sport non sono scienze esatte. Ancor di più in una disciplina di squadra, con così tante variabili. Infatti, la media punti di Jordan di 30.1 punti a partita, la più alta della Nba, vale anche di più considerando che, ad inizio carriera, ha marcato spesso visita per infortunio, ha saltato quasi due stagioni per sfidare se stesso nella lega minore di baseball e altre tre perché s’era allontanato dai canestri.
LeBron ha avuto meno stop forzati, il più lungo recentemente, 18 mesi, per una pubalgia, dopo i due mesi fuorigioco nel 1977 per essersi rotto una mano da improvvisato pugile. A 34 anni è ancora competitivo, mentre a pari età, Kobe Bryant andava in pensione per colpa del tendine d’Achille. E i due cannonieri Nba, Jabbar e Malone, hanno salutato il basket, rispettivamente, a 42 e 40 anni.
Jordan o LeBron? Se parliamo proprio di numeri, il testa a testa, a parte la possibilità del sorpasso nei punti, proprio non c’è: da una parte, ci sono 6 anelli, 6 MVP nelle finali Nba, 5 Mvp in campionato, 14 Nba All-Star, 3 Nba All-Star Mvp, 10 anni miglior cannoniere Nba, dall’altra, i titoli Nba sono 3, come gli Mvp nelle finali, 4 gli Mvp nella stagione, 15 gli All-Star Nba, 3 gli Nba All-Star Mvp.
Michael ha sofferto in gioventù sicuramente meno di James, e questo è sicuramente un punto a favore dello sfidante. Ma il paragone fra i due assi si regge soprattutto sul fatto che entrambe sono campioni unici, capaci di cambiare da soli una partita e una squadra, risultando immarcabili. Air, però, ha cambiato il basket portandolo in un’altra dimensione, cioè al di là dei confini della Nba e dell’America, negli anni 80 e 90, semplificandolo così come solo i più grandi campioni sanno fare. Ha caratterizzato un’epoca con la sfida Chicago-Boston e Jordan-Larry Bird, è stato un simbolo di fedeltà alla maglia, al gruppo, al sogno, anche se i suoi Bulls sono stati sicuramente più forti delle squadre di LeBron, Michael ha sicramente avuto più fiducia nei compagni di quanto abbia fatto James.
È andato talmente oltre che le sue iniziali e il soprannome valgono da soli, mentre, per dirne una, LeBron non ha mai avuto nomignoli, non ha mai conquistato proseliti con un semplice sorriso, non ha stupito lasciando due volte il basket e tornando sempre da vincitore, non è stato grandissimo, letale attaccante – nel periodo in cui nell’Nba si arrivava a malapena ai 100 punti -, e grande difensore insieme, non è rimasto sospeso in aria dando il nome alle scarpe tuttora più vendute, non ha messo insieme alcuni dei più forti cestitisi di sempre nel Dream Team olimpico di Barcellona 1992, non è il primo miliardario del basket Nba e nemmeno il terzo personaggio di colore più ricco di sempre (dopo l’uomo d’affari Robert. F. Smith e Oprah). Merita rispetto ed applausi, rimarrà fra i grandissimi ma non è fra gli immortali come Jordan. Che, non dimentichiamolo, è l’unico ad avere vinto sei finali su sei Nba, mentre LeBron è a 6 perse su 9.
Come la vedono i grandi del basket? Jabbar nicchia, forse per non dare soddisfazione al grande rivale Jordan: “Sono due concezioni diverse di gioco, due ruoli completamente differenti anche in età diverse del gioco, con un unico fattore in comune: hanno sempre dato tutto alle squadre in cui hanno militato. Non soltanto per sé stessi, ma anche per migliorare in maniera esponenziale l’apporto dei propri compagni”.
Isiah Thomas si schiera per LeBron: “Oggi lo metto davanti a Michael”. L’amico del cuore di Air, Scottie Pippen, ci va giù duro: “Il paragone non esiste, LeBron non ha il gene della frizione, del cambiar passo, sempre. Isiah è pieno di odio. Non l’ho mai visto ringraziare o nemmeno riconoscere tutto quello che Michael ha fatto per il nostro sport, per la lega, per tutti i ragazzini che amano la pallacanestro: è il più forte giocatore di basket che si sia mai allacciato un paio di scarpe. Gli veniva chiesto di segnare. Ed era il migliore a farlo. Non c’è una singola partitella in cui, se mi venisse chiesto di scegliere di giocare con Jordan o James, sceglierei LeBron prima di MJ. Mai”.
Che cosa dice Michael sull’argomento? “Io non metterei LeBron sopra Kobe? Il ragionamento è molto semplice, cinque è maggiore di tre. Kobe ha vinto cinque titoli, LeBron tre. I migliori di sempre? Kobe è come se fosse il mio fratello minore. Di solito si considera sempre il fratello maggiore come migliore. Quindi si, penso di essere stato più forte di lui”.
Che cosa dice LeBron di Michael? “La prima volta mi sembrò di incontrare dio, è stato il mio supereroe, non sono migliore di lui, non ho mai pensato di diventare più forte”. Anche se ha appena confessato che, quando ha vinto il titolo con Cleveland dopo 52 anni di buio, si è sentito “il più forte di tutti i tempi”.
*articolo ripreso da agi.it